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La coppia cristiana bruciata viva per una falsa accusa di blasfemia

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Arif Ali | AFP

Vivere il cristianesimo per le donne in Pakistan è sempre più drammatico

Aleteia - pubblicato il 20/02/19

La donna era al quarto mese di gravidanza

Nel corso degli ultimi 30 anni, la cosiddetta “legge antiblasfemia” ha portato almeno 1.549 persone ad essere accusate di offese contro il Corano, il libro sacro dei musulmani, o contro Maometto, il suo profeta, secondo il Centro Pakistano di Giustizia Sociale, entità che monitora i tanti casi aberranti in cui la legge è manipolata come semplice strumento di vendetta personale.

La legge impone la prigione a vita o perfino la pena di morte, anche per impiccagione, alle persone condannate per blasfemia. In gran parte dei casi, i giudici di prima istanza si vedono costretti a condannare i rei anche senza prove reali, sotto la pressione di moltitudini fanatiche e manipolate da chierici islamici estremisti.

Tra i 1.549 casi registrati, 75 persone sono state assassinate ancor prima di essere giudicate, sia sotto custodia della Polizia che linciate dalla folla impazzita.

Uno degli episodi di linciaggio più aberranti è avvenuto nel 2014 vicino alla città di Lahore.

Nella regione del Kot Radha Kishan, tra i campi verdi, proliferano decine e decine di alti camini di forni di mattoni, accanto a ciascuno dei quali si possono vedere centinaia di blocchi impilati.

Uno di quei forni è stato trasformato in camera di tortura e di brutale assassinio quando la coppia cristiana formata da Shahzad e Shama Maseeh è stata accusata di blasfemia e arsa viva dalla folla incitata da un chierico islamico.

In una deposizione alla rete britannica BBC, il giornalista pakistano Rana Khalid ricorda la barbarie mostrando una piccola costruzione accanto a uno dei forni:

“La coppia era chiusa lì dentro per proteggersi dalla folla”.

Vari dei fanatici assassini sono saliti sul tetto e hanno praticato un foro per tirar fuori la coppia.

“Sono stati picchiati brutalmente, con bastoni e mattoni, trascinati dagli uomini furiosi del villaggio fino al forno dei mattoni e gettati dentro”.

La folla era stata indotta a credere, senza alcuna prova, che Shahzad e Shama avessero bruciato varie pagine del Corano insieme alla spazzatura.

Cinque persone del villaggio, incluso il chierico responsabile per l’induzione al linciaggio, sono state condannate a morte dalla Giustizia pakistana dopo essere state processate per l’assassinio della coppia cristiana. Otto abitanti sono stati condannati a due anni di prigione per aver incitato la popolazione alla violenza.

Molti di quegli assassini sono considerati eroi e martiri da buona parte della popolazione ignorante.

Non sono solo i cristiani a subire la furia del fanatismo islamico manipolato da leader religiosi squilibrati e omicidi. Perfino gli stessi musulmani ne sono infatti spesso vittime, visto che la legge antiblasfemia è tanto generica, soggettiva e manipolabile che molte accuse sono dovute solo a crudeli tentativi di distruggere nemici che non hanno commesso alcuna blasfemia.

Il caso con la maggiore ripercussione in Occidente è stato quello della cattolica Asia Bibi, sposata e madre di cinque figli, condannata a morte per impiccagione per presunta blasfemia contro Maometto. Dopo quasi dieci anni nel braccio della morte, è stata assolta per mancanza di prove – grazie all’enorme pressione internazionale e alla mobilitazione di gruppi della società civile in Pakistan, formati da cristiani e musulmani inorriditi per l’ingiustizia di quella legge arbitraria imposta dalle fazioni.

Pur dovendo abbandonare il proprio Paese con la famiglia per non essere vittima delle orde fanatiche disposte a farsi “giustizia” con le proprie mani, Asia Bibi ce l’ha fatta, e alla fine di gennaio è stata definitivamente assoslta.

Non si può dire purtroppo lo stesso di decine di altre vittime, che attendono ancora l’impiccagione.

Quando è stata arsa viva con il marito Shahzad, Shama era al quarto mese di gravidanza.

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