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Senza mani e senza braccia, ma realizza il suo sogno: allenare una squadra di football

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 18/02/19

Rob Mendez ha grinta da vendere. Ha sconfitto i pregiudizi sulla sua disabilità ed è diventato il coach della Prospect High School, California. Una storia unica al mondo!

Rob Mendez, 30 anni, coach della squadra di football della Prospect High School, California, pesa meno di venticinque chili, è privo di braccia e gambe, il torso è allacciato a una sedia elettronica a rotelle.

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Mendez sta diventando un’icona dello sport americano: nato senza arti per una rara malattia genetica, ha sempre sognato di allenare. Dopo dodici anni di sforzi, è arrivato il suo momento: nella scorsa stagione ha guidato con successo la squadra junior, seduto sulla poltrona elettronica mobile che Mendez controlla con il movimento della testa. Nella prossima stagione vuole portare la squadra a vincere il Super Bowl giovanile.


MASSIMILIANO SECCHI

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La scoperta in gravidanza

La madre scoprì la sindrome all’ottavo mese di gravidanza, troppo tardi per pensare all’aborto. Una volta nato, Rob ha portato in famiglia un’energia nuova. Ha cominciato a studiare da coach fin da bambino, giocando con la playstation con la sorella, pigiando i pulsanti con il mento. A scuola, organizzarono un torneo di football virtuale con trentadue squadre: lui arrivò secondo. Quando gli amici entrarono nella squadra dell’high school, lui venne preso come team manager.

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Scrive con il mento e gioca a hockey

Con l’aiuto della tecnologia, scia, nuota, gioca a hockey come portiere, disegna e scrive usando il mento. Gli hanno offerto 25 mila dollari per parlare a uno di quegli incontri motivazionali che in America vanno molto, ma ha detto no. “Voglio fare il coach di football“. Ha lavorato come assistente in cinque scuole, in attesa che qualcuno gli affidasse il ruolo di capo allenatore. La chiamata è arrivata ad aprile dell’anno scorso (Agi, 17 febbraio).




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La selezione come allenatore

La Prospect High School cercava qualcuno che aiutasse a fare un cambio culturale. Su Internet avevano trovato il nome di Mendez e l’avevano contattato. Quando i giocatori lo vedono per la prima volta, rimangono in silenzio. Uno va via, gli altri pero’, con il passare del tempo, cominciano a seguire le sue indicazioni. Dopo la prima sconfitta, arrivano sette vittorie consecutive. Adesso, quando detta le istruzioni, lo ascoltano tutti convinti.

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“Spingi i tuoi limiti”

«C’è una parola che mio padre non ha mai amato – racconta Mendez – la parola è speciale. Siamo tutti speciali, gli altri ragazzi sono speciali. Mio padre mi direbbe, tu non sei speciale, sei diverso. Ed essere differente non è così male, perché spingi i tuoi limiti» (The Huffington Post, 17 febbraio).


SIMON CLARK, BULGARIA, DOWN

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