Chiesa e abusi, la linea di Francesco viene continuamente confrontata a quella di Benedetto XVI. Un aneddoto sul Papa Emerito rivelato dal Santo Padre aiuta a gettare luce sulla continuità e sulla sinergia fra i due.
Avvicinandosi in Vaticano il meeting del presidenti delle Conferenze episcopali mondiali – un fatto che meriterebbe in sé di attrarre l’attenzione degli ecclesiologi, l’argomento pruriginoso (e doloroso) non monopolizzasse il dibattito –, Aci Stampa ha lanciato sul proprio profilo Instagram un passaggio dell’ultima conferenza stampa di Papa Francesco, quella sul volo di ritorno da Abu Dhabi, lo scorso 5 febbraio.
Il Santo Padre rispondeva a una domanda sugli abusi di religiose in contesti ecclesiastici (triste fenomeno risultante dal mix di due frustrazioni sessuali in una relazione dove il potere e il prestigio siano distribuiti in modo evidentemente asimmetrico):
È vero, dentro la Chiesa ci sono stati anche dei chierici che hanno fatto questo; in alcune culture è un po’ più forte che in altre; non è una cosa che tutti fanno, ma ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che lo hanno fatto. E io credo che si faccia ancora, perché non è una cosa che, dal momento in cui te ne accorgi, finisce. La cosa va avanti così. È da tempo che stiamo lavorando su questo. Abbiamo sospeso qualche chierico, mandato via, per questo. E anche – non so se è finito il processo – abbiamo dovuto sciogliere qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata a questo, una forma di corruzione. Non posso dire: “A casa mia questo non c’è…”. È vero. Si deve fare qualcosa di più? Sì. Abbiamo la volontà di farlo? Sì. Ma è un cammino che viene da lontano. Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione di un certo livello, perché vi era entrata una forma di manipolazione delle donne, persino una manipolazione sessuale [come spiegato dal direttore ad interim della Sala Stampa, il Santo Padre, usando il termine schiavitù, intendeva “manipolazione”, una forma di abuso di potere che si riflette anche in un abuso sessuale] da parte dei chierici o del fondatore. A volte il fondatore toglie la libertà, svuota di libertà le suore, e può arrivare a questo. Su Papa Benedetto vorrei sottolineare che è un uomo che ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo. C’è un aneddoto: lui aveva tutte le carte, tutti i documenti, su una organizzazione religiosa che aveva corruzione al suo interno, sessuale ed economica. Lui [da Cardinale] andava e c’erano dei filtri, e non poteva arrivare. Alla fine il Papa [S. Giovanni Paolo II], con l’intento di capire la verità, ha fatto una riunione, e Joseph Ratzinger è andato lì con la cartella e tutte le sue carte. E quando è tornato ha detto al suo segretario: “Mettila nell’archivio, ha vinto l’altra parte”. Noi non dobbiamo scandalizzarci per questo, sono passi di un processo. Ma poi, diventato Papa, la prima cosa che ha detto è stata: “Portami dall’archivio quelle carte”, e ha incominciato… Il folklore su Papa Benedetto lo fa vedere come tanto buono, sì, perché è buono, buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, è buono! Ma lo fa vedere anche come debole, e invece di debole non ha niente! È stato un uomo forte, un uomo conseguente nelle cose. Lui ha incominciato… E lì, in quella congregazione, c’era questo problema che Lei dice. Preghi perché possiamo andare avanti. Io voglio andare avanti… Ci sono dei casi, in alcune congregazioni, specialmente nuove, e in alcune regioni più che in altre. Sì, è questa la cosa. Stiamo lavorando.
Un aneddoto utile non solo a mostrare la tempra mite ma inflessibile di Benedetto XVI, bensì anche la “pazienza strutturale” che occorre adottare nel pilotare i processi di riforma: ogni corruzione implica resistenze, più o meno forti, a un processo di riforma (benché non sia vero il contrario). L’uomo ecclesiastico è quello che incessantemente opera per vincerle, pazientemente sopporta i ritardi che esse comportano, fiduciosamente prega e offre quelle proprie mortificazioni per l’edificazione del corpo mistico di Cristo.