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Notizie dal mondo: lunedì 11 febbraio 2019

Khomeini

Mansoreh / Shutterstock

Paul De Maeyer - pubblicato il 12/02/19

Iran: 40 anni di rivoluzione islamica

Centinaia di migliaia di cittadini iraniani si sono riversati lunedì 11 febbraio nelle strade della capitale Teheran per partecipare ad una grande manifestazione per commemorare il 40esimo anniversario della Rivoluzione Islamica. Come ricorda la Deutsche Welle, la marcia è stata l’atto conclusivo delle celebrazioni ufficiali chiamate «dieci giorni dell’alba», cioè i dieci giorni trascorsi tra il ritorno in Iran dal suo esilio in Francia dell’ayatollah Khomeiny (1° febbraio del 1979) e la successiva caduta del governo dell’ultimo primo ministro sotto lo scià Mohammad Reza Pahlavi, Shapur Bakhtiar (11 febbraio 1979). Anche questa volta, le masse hanno urlato lo slogan «morte all’America», mirato ai leader statunitensi e non al popolo, così ha dichiarato l’8 febbraio scorso la Guida Suprema Ali Khamenei.

Secondo Le Monde, che dedica l’editoriale al 40esimo della Rivoluzione iraniana, le festività si sono svolte «in toni cupi». «La teocrazia portata al potere da questa rivolta popolare, che aveva rovesciato una monarchia modernizzatrice, filo-occidentale e repressiva, non ha mantenuto le sue promesse», ricorda il quotidiano. Mentre una «modernità iraniana si è imposta nel tempo in questa società giovane, ricca e plurale, desiderosa di apertura», il Paese «si è arrugginito» e la sua economia è «in profonda crisi». Per il responsabile del servizio in lingua farsi della Deutsche Welle, Jamshid Barzegar, la Rivoluzione in Iran si è trasformata in «un incubo», e la situazione nel Paese è simile a quella di 40 anni fa, nel senso che è di nuovo diviso in due campi. Da un lato ci sono questa volta «i difensori dello status quo e della Repubblica Islamica», e dall’altro «i sostenitori di cambiamenti a lunga portata, che significherebbe far cadere l’attuale regime».

Algeria: Bouteflika mira ad un quinto mandato presidenziale

Il presidente dell’Algeria, Abdelaziz Bouteflika, cercherà un quinto mandato nelle elezioni presidenziali, che si svolgeranno il 18 aprile prossimo nel Paese nordafricano. Con «un messaggio alla Nazione» diffuso domenica 10 febbraio dall’agenzia ufficiale Algérie Presse Service (APS), l’anziano presidente, che il 2 marzo compirà 82 anni, «ha messo fine a mesi di speculazione», e questo «nonostante i problemi di salute lo abbiano considerevolmente indebolito», osserva L’Express. Nel 2013, Bouteflika è stato infatti colpito da un ictus e si sposta ormai in una sedia a rotelle. L’ultima volta che è stato visto in pubblico risale al 1° novembre scorso, spiega L’Express, e non si esprime più in pubblico.

Al potere dal 1999, Bouteflika, del FLN (Fronte di Liberazione Nazionale), è stato «sistematicamente rieletto al primo turno con oltre l’80% dei voti», osserva il sito del settimanale francese, il quale aggiunge che il 2 febbraio scorso il primo ministro algerino, Ahmed Ouyahia, leader del principale alleato del FLN, il Raduno Nazionale Democratico (RND), aveva già suggerito che lo stato di salute di Bouteflika non avrebbe impedito la «sua candidatura».

Mentre molti algerini attribuiscono a Bouteflika il merito di aver riportato la pace nel Paese dopo un decennio di guerra civile tra militari e integralisti islamici — che ha provocato la morte di circa 200.000 persone, come ricorda il Financial Times — le sfide che affronta l’Algeria oggi sono grandi. Il calo del prezzo del greggio e del gas naturale ha fatto diminuire le riserve in valuta estera dell’Algeria da 174 miliardi di dollari nel 2014 a 88 miliardi di dollari nel giugno scorso, e la disoccupazione giovanile è del 28%.

Turchia: Ankara denuncia la stretta della Cina sugli uiguri

La Turchia ha denunciato sabato 9 febbraio il trattamento della Cina nei confronti degli uiguri, una minoranza etnica turcofona e di religione islamica, che abita nel nord-ovest del Paese, in particolare nella regione autonoma dello Xinjiang. «La politica di assimilazione sistematica delle autorità cinesi verso i turchi uiguri è una vergogna per l’umanità», così ha dichiarato in una nota il portavoce del ministero degli Esteri di Ankara, Hami Aksoy, citato da varie testate, fra cui Le Monde e il Guardian.

«Non è più un segreto che più di un milione di turchi uiguri, che sono esposti ad arresti arbitrari, sono sottoposti a torture e al lavaggio del cervello politico in centri di concentrazione e prigioni», continua il diplomatico turco, che reagisce anche alla notizia della presunta morte in custodia del poeta e musicista uiguro Abdurehim Heyit, smentita da Pechino con un video. Mentre alcuni uiguri questionano l’autenticità della registrazione, che dura appena 25 secondi ed è stata diffusa domenica 10 febbraio, nel video Heyit dichiara di essere «in buona salute» e di essere «sotto inchiesta per presunta violazione delle leggi nazionali», rivela il sito della BBC.

Il comunicato di Ankara è arrivato solo pochi giorni dopo un appello lanciato da un gruppo di 16 ONG e movimenti per i diritti umani, fra cui Amnesty International e Human Rights Watch, in cui esortano il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (HRC) ad adottare una risoluzione per istituire una commissione d’inchiesta o «fact-finding mission». Secondo il segretario-generale di Amnesty International, Kumi Naidoo, citato da UCA News, «la Cina dovrebbe riconoscere che solo una missione di accertamento dei fatti può separarli dalla finzione e mettere le cose in chiaro».

Brasile: 14 sospetti spacciatori uccisi dalle forze di sicurezza

In uno scontro a fuoco tra sospetti narcotrafficanti e forze dell’ordine sono stati uccisi venerdì 8 febbraio a Rio de Janeiro, in Brasile, 14 presunti spacciatori. Nella sparatoria, avvenuta nei quartieri o «bairros» di Catumbi e di Santa Tereza, erano coinvolti agenti d’élite della Polizia Militare, del gruppo di intervento BOPE (Battaglione per le Operazioni Speciali di Polizia) e del Battaglione d’Urto, riporta Agência Brasil. Gli agenti inviati sul luogo dopo una segnalazione attraverso il numero telefonico speciale «Disque-Denúncia» hanno risposto al fuoco aperto dai trafficanti al loro arrivo. Le forze speciali hanno sequestrato anche 3 fucili, 12 pistole, 6 granate e vari caricatori per armi automatiche, rivela l’agenzia stampa.

Come ricorda il Daily Mail, la metropoli nota per le spiagge di Copacabana e Ipanema, e visitata da papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù del 2013, ha un tasso di omicidi annuale di circa 50 ogni 100.000 abitanti. Secondo un rapporto di Human Rights Watch (HRW), citato dal quotidiano britannico, «le operazioni di sicurezza in stile militare che lasciano una scia di morte nei quartieri poveri non migliorano la sicurezza pubblica», al contrario «fanno sì che le comunità temano la polizia e siano molto meno inclini a collaborare con questa nella lotta alla criminalità».

Molte uccisioni da parte della polizia «sono, in realtà, esecuzioni extragiudiziali», così continua HRW, mentre ricorda che nei primi undici mesi del 2018, da gennaio a novembre, la polizia ha ucciso nel solo Stato di Rio de Janeiro 1.444 people persone, il numero più alto dal 1998, l’anno cioè in cui le autorità statali hanno iniziato a raccogliere questi dati.

Mondo: mortalità per suicidio in calo

La mortalità per suicidio ha conosciuto negli ultimi decenni un calo netto. Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista British Medical Journal (BMJ), i cui risultati sono stati ripresi da varie testate, fra cui Spiegel Online e La Repubblica, e guidata da Mohsen Naghavi, della University of Washington a Seattle. Anche se nel periodo che va dal 1990 al 2016 il numero delle persone che si sono tolte la vita è aumentato del 6,7% per raggiungere quota 817.000 unità, tenendo conto della crescita della popolazione globale il tasso di suicidio aggiustato secondo età e popolazione è calato di un terzo, ovvero del 32,7%, da 16,6 a 11,2 decessi ogni 100.000 persone. Le diminuzioni più significative della mortalità standardizzata per età sono state registrate in Cina (-64,1%), Danimarca (-60%), Filippine (-58,1%), Singapore (-50,6%) e Svizzera (-50,3%).

In quasi tutte le regioni e Paesi del globo e in quasi tutte le fasce d’età i maschi sono in modo significativo più inclini a togliersi la vita rispetto alle femmine, spiega lo studio. Mentre tra gli uomini sono stati registrati nel 2016 quasi 16 (15,6) decessi per suicidio ogni 100.000 persone, tra le donne la proporzione è stata molto più bassa: 7 decessi ogni 100.000. In una sola fascia d’età il tasso di suicidio tra maschi e femmine è stato quasi uguale nel corso del  2016: tra gli adolescenti della fascia 15-19 anni. Per quanto riguarda il periodo 1990-2016, il tasso di suicidio tra le donne è calato di quasi la metà (-49%), mentre tra gli uomini di poco meno di un quarto (-23,8%).

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