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L’uomo senza più speranza si attacca a tutto, anche all’ibernazione

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 11/02/19

In crescita il business del congelamento dei morti per malattie terminali nella speranza - illusoria - di una vita futura

Che la morte faccia paura non è una notizia, che essa diventi sempre più un business invece è la cifra dei tempi che stiamo vivendo, dove tutto l’essere umano viene “porzionato” nelle sue fasi di vita e nelle sue parti per essere trasformato in prodotto economico. Da un po’ tocca alle donne e alla loro imprescindibile capacità generativa – e via di mercato con fior di cliniche che vendono bambini per prezzi che vanno dagli 80 ai 120 mila euro – adesso tocca alla morte essere al centro dei nuovi business grazie alla ibernazione.




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Che cos’è l’ibernazione?

Il termine più corretto è “crioconservazione” (crio viene dal greco freddo), ed è un metodo di trattamento del corpo immediatamente dopo la morte

 Nel momento in cui avviene l’arresto cardiaco e i medici dichiarano la morte legale, intervengono i tecnici che, attraverso un apparecchiatura, ripristinano meccanicamente la ventilazione ai polmoni e l’afflusso di sangue al cervello. Nei minuti successivi vengono somministrate particolari sostanze che serviranno a ridurre nel tempo danni quali ischemie e ulcere gastriche. Il corpo viene poi immerso in vasche di acqua gelida per essere trasportato.

 Il cadavere viene quindi trasferito nella sede della società scelta, dove viene sottoposto ad altri passaggi. Due piccoli fori vengono creati nel cranio per introdurre delle sonde attraverso cui gli esperti valutano la risposta del cervello ai vari trattamenti. A questo punto viene iniettata in endovena la soluzione ‘crioprotettiva’ indispensabile ad evitare che congelino tutti i tessuti.

Dopo la somministrazione della soluzione, il corpo immerso nell’azoto liquido viene portato a una temperatura di -125 gradi centigradi e, dopo tre ore, alla temperatura definitiva di -196 gradi. Il corpo è ora pronto per la conservazione a lungo termine. Lo staff della società è incaricato di cambiare frequentemente l’azoto liquido.




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Numeri piccoli ma in crescita

Quella della crioconservazione una pratica che è sempre più in voga come racconta l’AGI:

Una procedura che congela i corpi subito dopo il decesso e li conserva fino a quando tra 50, 100, 200 anni (forse) si troverà una cura alla malattia che li ha uccisi. La crioconservazione sta prendendo piede soprattutto nel Stati Uniti e in Russia dove dal 2015 già 66 persone sono state ibernate dalla società KryoRus che ha anche stipulato 200 contratti con persone che vogliono essere sottoposte a crioconservazione dopo la morte.

Dice il russo Anton alla BBC

“Ho davanti a me due scenari” racconta “Il primo è rappresentato dalla morte certa, l’altro da una possibilità di incontrare di nuovo mia moglie. È una chance minima, ma è la cosa più logica da fare”.

E’ proprio il contrario della scommessa di Pascal che optava – ottimisticamente ma anche razionalmente – sulla fede in Dio e la resurrezione dei corpi. Per chi si sottopone a questa procedura l’idea è quella di “tornare a vivere”, ma non sarà che un passaggio transitorio, sconfitta la malattia (ammesso e non concesso che sia possibile davvero invertire la procedura dopo morti) il tempo a disposizione sarebbe quanto? La scelta di Anton è la scelta di chi non ha o ha smarrito la fede, la certezza di ritrovare i propri cari per sempre (e non solo per un po’) la dà da sempre il cristianesimo e ricorda – per certi versi – il culto per la morte che veniva tributato ai faraoni i cui corpi venivano trattati secondo la conoscenza dell’epoca e tumulati in tombe di mattoni. Oggi le tombe sono di ghiaccio, ma l’ossessione è la stessa…

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ibernazionevita e morte
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