Ha fatto sorridere tutta la Francia, col suo lama Sabachtani. Padre Ronan Graziana, parroco in Bretagna, ha qualcosa come 200 animali. «Gli animali sono per noi un mezzo di accedere alla trascendenza», dice ad Aleteia.
La sua storia fa il giro del web in qualche ora. Un ottico di Hennebont, nel Morbihan, ha avuto la sorpresa di scoprire la presenza di un lama nel suo negozio il 18 gennaio scorso. Mezz’ora più tardi, il lama è stato recuperato dal legittimo proprietario… il quale non è altri che padre Ronan Graziana, parroco del decanato di Hennebont, che raggruppa otto parrocchie.
Tra 150 e 200 animali
Prima avevo delle capre, che sono molto buone per tenere in ordine l’erba ma che fanno un baccano infernale! Il lama ha il vantaggio di essere una buona tosatrice che non fa chiasso.
Così ad Aleteia padre Ronan Graziana: «E poi è una bestia simpatica e affettuosa».
Soprannominato “Sabachtani” – per il gioco di parole su “lama sabachtani” [“perché mi hai abbandonato?”, verso del salmo 22 in ebraico, N.d.R.] – il lama è lungi dall’essere il solo animale di padre Ronan. Il quale spiega nel dettaglio:
In totale ho tra 150 e 200 animali, essenzialmente degli uccelli, ma anche gatti e cani.
Membro di due club di ornitologia, padre Ronan è appassionato di animali. Ogni anno, all’inizio di ottobre, propone una benedizione degli animali da compagnia nella basilica di Hennebont in occasione della memoria di san Francesco d’Assisi:
La benedizione ha luogo all’interno della basilica dopo la lettura della Parola, e ognuno è invitato a venire col proprio animale da compagnia. Ci sono anche cavalli e capre! Certamente ci sono anche parrocchiani, ma vengono pure alcuni che sentono la Parola di Dio solo una volta all’anno, e in quella occasione.
«Penso che gli animali siano per noi dei mezzi di accesso alla trascendenza», ricorda padre Ronan:
È il caso degli animali ma anche dell’arte: questa contemplazione della creazione, di qualcosa di più grande dell’uomo, ci aiuta a percepire una trascendenza. Quando vedo i miei animali, rendo grazie a Dio.
«Vedo la mia passione per gli animali come un’occasione di incontro con le persone», spiega il parroco.
Ma quando ho visto che la storia del mio lama aveva fatto il giro del mondo mi sono un po’ preoccupato: in che mondo si vive, per attaccarsi a una cosa di questo tipo? Ad esempio, il Time ci ha fatto un articolo… e sì che sono in piena Brexit!
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]
Il serpente: «Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche che il Signore aveva fatto» (Gen 3, 1). Animale cattivo, associato alla tentazione, il serpente è maledetto fin dalla Genesi, condannato a «camminare sul proprio ventre e a mangiare polvere» (Gen 3, 14). Il serpente compare di nuovo nel libro dell’Esodo con la trasformazione del bastone di Mosè e nel libro dei Numeri con l’episodio del serpente di bronzo. Nel Nuovo Testamento, Cristo si paragona al serpente di Mosè innalzato nel deserto: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3, 14).
Alla fine del diluvio la colomba, simbolo di pace e di speranza, riporta a Noè un ramoscello d’olivo (Gen 8, 8-12). La colomba è pure la manifestazione dello Spirito Santo in occasione del battesimo di Cristo (Lc 3, 21-22): «Tutto il popolo si faceva battezzare, e anche Gesù fu battezzato; mentre pregava si aprì il cielo e lo Spirito Santo discese su di lui sotto una forma corporea, come una colomba».
Dolce e innocente, l’agnello è sovente associato al sacrificio, nell’Antico Testamento. Nel libro dell’Esodo il suo sangue, apposto sulle porte delle case degli ebrei, protegge i primogeniti dall’angelo sterminatore: «Parlerete così a tutta la comunità di Israele: il dieci di questo mese, prenderete un agnello per famiglia, un agnello per casa» (Ex 12, 3). Nel Nuovo Testamento, «l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» è certamente Cristo, che diventa il nuovo agnello pasquale, l’agnello vincitore del male.
Dopo la trasformazione delle acque del Nilo in sangue, l’invasione delle rane che «caddero e ricoprirono l’Egitto» (Ex 8, 1-25) è la seconda piaga d’Egitto. Seguiranno altri animali: le zanzare, i tafani, le cavallette… le rane sono un flagello, un animale impuro. Appaiono di nuovo nel racconto dell’Apocalisse (Apoc 16, 13): «E vidi uscire dalla bocca del drago, dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta tre spiriti impuri, simili a rane».
Mentre i grandi del mondo si spostano a cavallo, Cristo sceglie di entrare a Gerusalemme a dorso d’un’asina per la festa delle Palme. La modestia della cavalcatura ricorda che la sua regalità non è di questo mondo. Se l’asino è collocato tradizionalmente di fianco al bue nel presepe, lo si deve invece a Is 1, 3. In ultimo, un asino – o più precisamente un’asina – appare nell’Antico Testamento. Balaam, incaricato dal suo re di maledire gli israeliti è fermato da un angelo. Il profeta non lo vede ma la sua asina si: questa si ferma e quando il profeta la batte si mette a parlare rimproverandogli la sua durezza e la sua cecità.
Animale conosciuto per la sua forza, il leone è figura ambivalente. È combattuto da Sansone o da Davide, ed è associato ai nemici nell’episodio di Daniele nella fossa dei leoni, che simbolizza «il giudeo liberato dai pagani per opera di Dio». Però può anche essere comparato a Dio: «Sarò come un leone per Efraim, come un leoncello per la casa di Giuda» (Os 5, 14). Oppure: «Il leone ruggisce: chi non avrà paura? Il Signore parla: chi non profetizzerà?» (Am 3, 8). È uno dei quattro Viventi della visione di Ezechiele, simbolizza l’evangelista Marco.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]