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Andare a Messa con i figli? Un’impresa ardua ma necessaria

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Paola Belletti - pubblicato il 17/01/19

La partecipazione alla celebrazione eucaristica con i propri figli, soprattutto quando sono piccolissimi e fino ad una certa età, è fonte di stress per i genitori e, a volte, anche per gli altri fedeli. Ma concentriamoci sull'essenziale e non priviamoli di un dono così grande!
Un genitore serio lo sa: il cuore dei propri figli cammina già verso la malizia. Anche loro hanno bisogno di essere “curati”. Per questo li portiamo a messa, e non sarà mai una passeggiata, sarà sempre un po’ noiosa per loro, come lo è spesso anche per noi perché è come stare in ospedale… ci possono essere dei tempi morti, prima che il cardiologo passi e ti dia la cura. I letti possono essere scassati e fatiscenti e i vetri sporchi, e la musichetta per i corridoi un vero schifo, ma non c’è altro posto dove il nostro cuore possa essere ri-attivato. (cit.)

Ci siamo interrogate in redazione Aleteia For Her su un tema che in effetti coinvolge e mette alla prova molte famiglie cristiane. Quello della partecipazione con i propri figli alla celebrazione eucaristica con un bilancio di zero feriti gravi.

Come gestire il binomio bambini- Santa Messa? Intanto portiamoceli…

Dobbiamo partire da una considerazione onesta: la domenica noi ce la siamo trovata così e la diamo un po’ per scontata, anche se la scristianizzazione delle nostre comunità procede a passo spedito. Da quando esistiamo per noi la domenica è giorno in cui non si lavora e si va a messa. Ora che questi due aspetti sono ugualmente erosi da ben altro stile di vita forse siamo invitati a chiederci che senso abbia la domenica la messa e perché ha senso non solo difenderla ma anche imporla, sì, è il termine giusto, ai nostri figli.


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Come imponiamo loro di vestirsi e di mangiare o di lavarsi, per esempio; e lo facciamo soprattutto con il comando dell’esempio e con l’invito, attraverso il gusto delle pietanze per quanto riguarda il cibo o con lo stigma sociale-familiare quando l’igiene personale è troppo scadente; ma anche con un secco “si fa così”, senza tanti fronzoli.

Lo stesso vale per la Messa perché come e più del cibo e dei vestiti è essenziale per la vita, e nemmeno solo questa ma quella eterna che già iniziamo a nutrire qui e ora.

La domenica è dono di Dio e un “lusso” pagato col sangue dei martiri

Se ci ricordassimo più spesso che il banchetto eucaristico è l’antipasto del pranzo nuziale, che la messa è il prequel del film sui cieli e la terra nuovi che non finiranno mai, dove la domenica non avrà mai più un lunedì, allora forse anche noi diremmo con più convinzione che “senza la domenica non possiamo vivere”.

Lo dissero all’imperatore i 49 martiri tunisini nel 304. E prima di essere il tema del congresso eucaristico del 2005 è stata l’espressione e anche il capo d’accusa che si è tradotto per quei fratelli lontani in una sentenza di morte. A loro è costata la vita. Ma erano certi che rinunciare all’assemblea dei fedeli sarebbe stato ben più che morire.

Il contrasto con quello che viviamo noi in Occidente, martirizzati per ora a suon di post dispregiativi sui social e altre più acute punture di spillo, fa davvero impressione; eppure ogni fenomeno mostra nel suo sorgere i tratti che lo rendono tale, le fattezze che ne disegnano il volto e lo rendono riconoscibile.

Quei 49 sono morti prima che la domenica venisse riconosciuta ufficialmente e civilmente, con l’Editto di Tessalonica del 380.

E così anche grazie a loro e al loro sacrificio noi ci troviamo il dono del Dies dominicus come l’abbraccio del Creatore ai suoi figli messo in calendario. Noi, il popolo di Dio: noi che siamo suoi perché Cristo è risorto e il giorno del Signore lo celebra e ci invita a farne parte. Ci si può riposare, la domenica, perché il lavoro grosso lo ha già fatto Dio col sacrificio perfetto di Cristo. E anche perché ci serve il tempo dilatato della contemplazione, della compagnia reciproca e gratuita, della riflessione e degli occhi alzati al cielo e non solo chini su tastiere, macchine, telefoni.




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Anche alcuni grandi santi forse da bambini si sono annoiati a Messa

“Senza la domenica non possiamo vivere” ha avuto come conseguenza per quei fratelli la morte e la vita eterna, dunque.

Per le mie figlie e per molti altri temo, spesso coincide con un’ora piuttosto noiosa, preceduta da un rituale di vestizione non più tanto apprezzato; e poi “sembra più di un’ora”, “mamma, non finisce mai!”. Eppure siamo certi che lunghe schiere di bimbi sbuffanti tra i banchi delle chiese si siano susseguiti nei secoli (salvo il fatto che i banchi sono stati inventati praticamente l’altro ieri), sopravvivendo al tedio che forse anche loro sentivano insopportabile per passare ad un’adesione piena ed entusiastica alla vita di fede.

Al netto di tutti gli accorgimenti di buon senso che si possono e si devono prendere è ragionevole ritenere che preoccuparsi troppo di come far digerire la Messa ai bambini, di come “intrattenerli”, di come fargliela sembrare bella, tradisca una posizione tutt’altro che innocua.

Significa che non sappiamo più come sono fatti i bambini, come siamo fatti noi e soprattutto di cosa sia capace Dio.

La Messa non va resa piacevole, perché è benefica.

Non va mostrata bella, è la Bellezza stessa che irrompe, ci salva e ci trasforma. San Paolo VI che ha traghettato la Chiesa a riva dopo la difficile traversata del Concilio Vaticano II parla di ars celebrandi; ed è giusto che il culmine della Comunicazione, l’espressione dell’unità del popolo di Dio e il rinnovarsi del gesto salvifico del Figlio sia anche reso comprensibile. Ma non dobbiamo dimenticare che c’è un movimento inverso a questo, ben più potente.

È guardando a Cristo e nutrendoci di Lui che diventiamo capaci di vederlo e comprenderLo. I sacerdoti sono tenuti a curarla al meglio e a non deturparla, la liturgia. Ma anche noi, come ceteri fideles, abbiamo il dovere di comportarci in modo degno, di ripetere i gesti con cura, solennità e senza enfasi. La cosa fondamentale è credere che Cristo sia realmente presente a ripetere nell’intera comunità celebrante, presieduta dal sacerdote, il sacrificio incruento della croce. In altre parole: la messa è vera!

Allora occorre che ci andiamo, anche se non capiamo un tubo, anche se la mente continuamente vaga e si perde in pensieri sciocchi.

Che compito abbiamo come genitori?

Ecco dunque il nostro compito di genitori ridimensionato ma anche ricondotto a tutta la sua gravità.

Dobbiamo collaborare, senza sostituirci a Lui, all’azione di Dio sui nostri bambini. Dobbiamo fare di tutto per nutrire i nostri figli col cibo che non si deteriora, ma che nutre in noi la vita eterna.

E questo accade soprattutto se noi stessi mostriamo senza pudore tutta la nostra fame e ci sforziamo davvero di saziarla. Si inginocchieranno, i nostri figli, se noi ci inginocchieremo; poi dai 13 anni in su faranno esattamente il contrario ma staranno ancora giocando un gioco e forse non sanno ancora che Dio, anche Lui, sta facendo la sua partita e non ha intenzione di perdere.

Proprio alla messa di domenica scorsa ho sentito riportare queste parole da un sacerdote missionario da anni in Siberia. Le autorità civili che prima avevano vessato lui e le suore che gestivano un orfanotrofio, tirato su con mille sacrifici e superando innumerevoli ostacoli, dopo anni riconoscevano loro un enorme merito proprio come educatori.

Come fate, qual è il vostro segreto?, – chiede un funzionario civile. Cerchiamo di ostacolare il meno possibile l’azione di Dio su questi bambini.

Per questo possiamo esprimere tutta la nostra perplessità circa le salette dedicate quando tralignano e si trasformano in un playgarden con urla, scarpe maleodoranti (anche i piedini santi dei bimbi puzzano, sì!) in giro e pennarelli buttati “a Shangai” pronti a tendere agguati a chi osi uscire dai banchi per andare a fare la comunione. In certe situazioni si rivelano utilissime per permettere di allontanare i bimbi troppo agitati senza uscire all’addiaccio per esempio; o per allattare con più tranquillità. Ma i bambini non vanno messi al centro, vanno portati a Gesù. Ci chiede di portarli a Lui non di metterli al centro, in alto, idolatrandoli magari.




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I bambini non sono angioletti

E soprattutto dobbiamo ricordarci del motivo essenziale per cui i bambini vanno portati a messa ed è questo:

i bambini, tutti anche i più meravigliosi, nascono bacati, non lo diventano crescendo.

Lo dico male ma mi riferisco al dogma, tra i più evidenti e imbarazzanti per chi abbia almeno un paio di figli (oltre che capacità di sincera autoaccusa), del peccato originale. Sono inclini al male, al desiderio di possesso, di potere, di primato, di prevaricazione e anche di altre cose che non iniziano con la p. Ma che si sintetizzano tutte con il peccato. (Certo sono anche più prossimi al bene, alla bellezza e hanno una serietà che spesso da adulti perdiamo). Allora portiamoli, e in fretta, dal Pediatra più bravo che è anche gratis.

Alcuni consigli pratici:

  • Non lasciarsi schiacciare dagli scrupoli. Saltare la messa domenicale è peccato grave ma le mamme che allattano o che hanno doveri di accudimento importanti possono chiedere e ottenere la dispensa (Codice di Diritto Canonico 1245)
  • Spezzare la partecipazione in due momenti (così fa qualche sacerdote e con buoni riscontri). Fino all’offertorio restare nella saletta dedicata, se esiste, oppure in una zona appartata e poi unirsi all’assemblea. All’inizio sarà per alleggerirli poi crescendo sentiranno che poter partecipare a tutta la Messa è una cosa da grandi, dalla quale non accetteranno più di essere esclusi
  • Coinvolgerli nei servizi, in modo proporzionale all’età: letture, preghiere dei fedeli, raccolta offerte, ministranti
  • Promettere un piccolo premio dopo la messa. Sottolinea la eccezionalità dell’evento e tiene conto della loro e nostra natura che ha bisogno di segni tangibili e di gratificazione. (Così faceva anche la mamma di Franco Nembrini quando portava a turno un figlio con sé alla messa del mattino. Dopo gli prendeva una bella cioccolata calda)
  • Fino a che sono piccoli, sotto i 5 anni, permettere che si portino un piccolo gioco e un libriccino.



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