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Essere compresi, un bisogno insopprimibile. Ma che cos’è davvero l’empatia?

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BenEssere - pubblicato il 16/01/19

Significa sì fare nostre le emozioni altrui ma nel rispetto dell'altro. Quell'esperienza è sua e soltanto sua. L'altro è altro da me: empatia non è invadenza, non è simbiosi.

di Elena Marta e Sara Alfieri

Non riuscirai mai a capire una persona se non cerchi di metterti nei suoi panni, se non cerchi di vedere le cose dal suo punto di vista. Ebbene, io quella notte capii quello che voleva dire. Adesso che il buio non ci faceva più paura, avremmo potuto  oltrepassare la siepe che ci divideva dalla casa dei Redley e guardare la città e le cose dalla loro veranda.

Uno spunto da Il buio oltre la siepe

Con queste parole si conclude la versione italiana del bellissimo film Il buio oltre la siepe, in cui Scout, la piccola protagonista, rimugina sulle parole del padre Atticus.

Scout scopre che il misterioso vicino di casa, che tutti in città dipingono come un mostro pazzo e crudele, altri non è che un ragazzo timido, che vive nascosto dentro la propria abitazione, desideroso di fare amicizia con lei e il suo fratellino e pronto all’aiuto in caso di bisogno.

Le parole di Scout non solo ci consentono di addentrarci nell’animo umano (vedi box del libro da cui sono tratte queste pagine), ma danno una splendida definizione del primo concetto che approfondiremo: quello di empatia. Con questo termine, come bene ha raccontato Scout, intendiamo oggi la capacità di vedere e provare una situazione con le emozioni che sta vivendo un’altra persona, di assumerne il punto di vista, nella consapevolezza tuttavia che tale esperienza non è la nostra, ma quella appunto di un altro.

Il termine “empatia” è ormai ampiamente utilizzato tanto da professionisti quanto nel linguaggio comune, con sfaccettature a volte differenti che variano dal saper comprendere al saper aiutare; il suo significato ha radici antiche e ha subito alcune modifiche nel corso del tempo, come vedremo. Ma perché l’empatia è tanto importante e se ne parla così diffusamente?




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La faccia sconosciuta e miracolosa dell’empatia

Il bisogno insopprimibile di essere compresi

La risposta è semplice: tutti noi abbiamo un bisogno innato di sentirci capiti, sia nei momenti di dolore sia in quelli di gioia. Sentire che una persona – un genitore, il partner, un amico, il capo, il medico di base o anche semplicemente il negoziante – ci sta comprendendo davvero in qualche modo ci fa stare bene e ci aiuta anche a creare o migliorare il legame con quella persona. In altre parole, l’empatia è necessaria per il nostro benessere e per quello altrui; ma se estendiamo il concetto al contesto relazionale più ampio, rappresenta anche una straordinaria competenza che consente di sentirsi bene in una comunità e di essere riconosciuti in quanto suoi membri.

Un sentimento non facile

Comprendere realmente gli altri tuttavia non è per nulla semplice. Richiede numerose abilità cognitive e affettive, e spesso anche se crediamo di capire appieno una persona, stiamo inserendo in questo processo una grande parte di noi. È opportuno infatti ricordare che l’empatia è un’esperienza emotiva, in quanto richiede una condivisione di affetti, ma che gli aspetti cognitivi sono fondamentali perché ciò avvenga. Due in particolare sono i processi cognitivi coinvolti: il riconoscimento delle emozioni e l’assunzione della prospettiva altrui.

Immedesimarsi senza invadenza: il vissuto altrui, appartiene irriducibilmente ad un altro

A questi processi segue la capacità di rispondere in maniera adeguata alle emozioni esperite “mettendosi nei panni” dell’altro. Una caratteristica fondamentale della persona empatica è il saper riconoscere le emozioni altrui come non appartenenti a sé, ma a un altro: questo implica che la persona riconosca che chi è intorno a lei sia “altro da sé” e possa pertanto non solo
provare emozioni, ma che queste possano essere differenti dalle proprie. Insomma, un processo non facile.




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Per riflettere

Vi e mai capitato di vedere un senza dimora, in una fredda notte d’inverno, preparare il suo giaciglio sulle grate di una stazione
della metropolitana nel tentativo di catturare il calore che sale dal basso? Cosa avete pensato e provato? O ancora, cosa pensate
e provate nel vedere una giovane madre che stringe al seno il suo bambino mentre sbarca da un gommone, con un viso stanco?

Glossario EMPATIA

Il termine pathos in greco significa “sofferenza”, “ciò che si prova”. Il prefisso en significa invece “dentro”, “all’interno”. L’empatia è dunque letteralmente il provare dentro di sé la sofferenza altrui. Il termine inglese (empathy) con un significato vicino all’utilizzo odierno fu coniato dallo psicologo e filosofo britannico Edward Titchener nel 1909, che lo traduce dal tedesco Einfühlung.

Il libro

Empatia e altruismo. Come e perché aiutiamo gli altri entrando nei loro panni di Elena Marta e Sara Alfieri (Edizioni San Paolo, 144, pagine, 14 euro). Siamo davvero così individualisti come la società ci spinge a credere? Davvero pensiamo solo a noi stessi e ai nostri interessi infischiandocene degli altri? La psicologia sociale non è affatto d’accordo. Leggendo questo volume scopriremo perché.

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