Il caro non si “estingue” più, ma fertilizza. Una volta che siamo morti perché continuare ad inquinare? Già abbiamo dato un bel fastidio al pianeta nascendo e vivendo qualche decina d’anni, vediamo di toglierci d’impiccio una volta per tutte e in buon ordine.
Ora voglio fare la difficile: non dobbiamo nemmeno chiamare così la nostra Terra: “il pianeta”. Fosse anche scritto e pensato in maiuscolo, non contribuisce, il riferirsi così alla nostra terrena dimora, a farci sentire piccolissimi, soli, desolati nell’immensità dello spazio astrale pieno zeppo di pianeti?
Per questo, per contrastare le conseguenze estreme – forse non ancora del tutto- ma altamente logiche dell’idea che va oggi per la maggiore circa il significato dell’uomo (nullo) e del suo esistere nel mondo (una molestia a tutti gli altri esseri, degnissimi, loro invece, di stare qua) proporrei di insistere anche noi sull’uso delle parole.
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La terra è per noi sorella madre, e la morte corporale anche lei, consanguinea, sorella e gemella di un’altra, la secunda, che non ci farà male se saremo vissuti nella Sua volontà. Tornerei, sul serio però, al Santo d’Assisi.
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Un metodo ecologico: trasformare il cadavere in fertilizzante. Ma è biodegradabile o “biodegradante” questa pratica?
Ma veniamo alla notizia: sul corriere della sera online la redazione tecnologica ci fa sapere che tal Katrina Spade, di Seattle,
mentre lavorava all’università del Massachusetts, ha iniziato a promuovere un sistema che potesse creare una connessione tra la morte e il successivo stadio del nostro corpo.
L’idea di introdurre la «recomposition» nasce nel 2013 (…). Un momento in parte reciso dall’industria funeraria. Dopo aver parlato con un’amica della pratica agricola del compostaggio del bestiame, ha avuto l’idea. Poi nel 2017 ha fondato un’associazione benefica per continuare la ricerca e lo sviluppo del progetto e recentemente ha sponsorizzato un programma pilota di 75mila dollari alla Washington State University. La ricerca si è conclusa in agosto, con risultati positivi, che verranno pubblicati nel 2019. (Corriere.it)
E così, se il progetto da pilota dovesse diventare stabile, potremmo un giorno non lontano portarci o essere portati a casa come un vaso di terra fertilizzata e sostenere la crescita che so di un tronchetto della felicità.
La persona scomparsa viene quindi trasformata in un fertilizzante. Nello specifico, i resti umani vengono imbalsamati, avvolti in un sudario, e posizionati in un lungo vaso cilindrico contenente un letto di materiale organico come trucioli di legno, erba medica e paglia. L’aria viene poi periodicamente aspirata all’interno del vaso, fornendo ossigeno per accelerare l’attività microbica. Nel giro di circa un mese, i resti vengono ridotti a compost che può essere utilizzato per la coltivazione di nuove piante. L’impatto sull’ambiente è positiva: non ci sarebbero più tracce di resti umani che percolano sostanze chimiche nel terreno nel caso della tradizionale sepoltura, né di rilascio di anidride carbonica in aria nel caso della cremazione.
Lo stato di Washington quindi vanta questo primato: sarà forse il primo in assoluto a consentire questo metodo di smaltimento rifiuti speciali, ingombranti, tossici. Non più le amate spoglie, non più sepolcri bianchi ornati di fiori. Al massimo concime per bulbi di tulipano.
Memento mori semper? Sì ce lo ricorda da un pezzo nostra Madre, la Chiesa
Non manca poi la stizzita notifica del bastone tra le ruote infilato dalla solita opposizione della Chiesa cattolica. Sempre quella a rallentare il precipitarsi a rotta di collo verso il progresso. Come se non fosse Lei a ricordare sempre a tutti che bisogna pur morire e che polvere siamo e polvere ritorneremo. Ma non prima, finché siamo in tempo, di esserci convertiti al Vangelo.
E’ solo quello che ci preserva dal ridurci in concime. Cioè, non lo impedisce, sia chiaro ma non lascia a quel passaggio di stato del nostro corpo l’ultima parola.
Venendo a mancare del tutto dall’orizzonte umano qualsiasi punto di accesso al trascendente, al soprannaturale, nessuno spazio occupa più la dignità umana assoluta. Non c’è nessuno assoluto (oltre il profitto?) per cui tutto è soluto, sciolto, disperso nella natura quella sì sovrana. Ma per chi, per cosa, a giovamento di chi?
E’ solo così che si spiega l’entusiasmo dei tanti che hanno accolto l’idea come positiva. Perché offre loro un’alternativa. Sono felici di diventare un albero, perché non sanno più che possono diventare figli di Dio e che il loro corpo è tempio dello spirito santo. Pensano sia bello essere concime per un fiore e non ricordano che, col Battesimo, diventiamo delle sequoie perenni dello Spirito.
Secondo uno dei promotori dell’introduzione del procedimento, il senatore democratico Jamie Pedersen, l’idea è stata accolta in modo positivo dai cittadini «entusiasti di diventare un albero o di avere una differente alternativa per se stessi», ha raccontato a Nbc News. (Ibidem)
Cosa preferite diventare: concime o diamante? Ma non è decisamente più cool la risurrezione della carne?
Mi ha ricordato una delle mie carissime colleghe l’altra opportunità post mortem very chic: quella di essere trasformati in diamanti. Sì, prima si viene cremati poi viene estratto il carbonio e poi la trasformazione in grafite e da quella al diamante, forzando le tappe che di solito in natura durano millenni.
Il mondo di oggi propone queste alternative, i secoli della cristianità diffusa in tutta Europa e oltre invece si litigavano le reliquie (con eccessi spiacevoli certo ma quanta dignità ad ogni piccolo scampolo di quel povero corpo ospite di cotanto Ospite!)
In Italia la pratica ha attecchito pochissimo e scandalizzato parecchio. Si vede che resiste ancora il senso di sacralità delle spoglie umane.
A conclusione possiamo affermare con certezza che le opere di misericordia spirituali sembrano sempre più urgenti come e più di quelle corporali. Prima di seppellire i morti occorre che ci dedichiamo a Insegnare agli ignoranti e pregare per i vivi e per i morti.
Anche un ripasso dei capitoli del credo, in particolare quello sulla resurrezione della carne (per la quale Dio non si farà certo impressionare da qualsivoglia processo chimico) e la memoria della grande dignità del nostro corpo non ci farà male.
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