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Per tutte le donne: ecco un libro che ci legge davvero

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Paola Belletti - pubblicato il 07/01/19

Questo è il modo di porre sul serio la questione femminile: chi siamo, come ci ha pensate Dio, a cosa ci chiama? La risposta a queste domande ha il volto della gioia per noi stesse e della salvezza dell'umanità intera, niente di meno.

A me è successo così: Il mistero della donna, di Jo Croissant, sono 180 pagine che ho lasciato scorrere davanti agli occhi perché mi leggessero e mi lasciassero come un mistero quasi svelato a me stessa. Quasi, sì; perché fino a che la vita passerà attraverso di noi resterà la tensione. Come di un processo sempre in atto, come l’azione di un verbo incoativo, come una creatura che ancora deve essere partorita. Se mistero è, mistero resta.

Ma queste pagine e lo spirito forte e dolce che si sente vibrare sotto di esse sono davvero capaci di introdurci a noi stesse, alla profondità dell’essere femminile, alla bellezza che siamo agli occhi di Dio. Pare non solo di essere guardate e decifrate da un occhio esperto e acuto, ma ci si ritrova come accompagnate, condotte per mano nella nostra interiorità e con tutto il peso del nostro corpo. Non è un astrarsi ma un inoltrarsi verso il cuore passando per il corpo e tutta la sua potenza. E una volta introdotte in questi comignoli di vulcani che credevamo spenti ci ritroviamo a maneggiare lava incandescente. La donna, figlia, sposa, madre tutta davanti a Dio, che ci ama. Che mistero!


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E così risale fino alla crosta della nostra esistenza spesso indecifrabile e confusa un fiotto caldo di nostalgia. Ah, saperci guardate e attese da Dio stesso, che commozione! Che privilegio essere donne, vorremmo dire, cantare, addirittura gridare. E ci accorgiamo forse solo con questo fuoco per le mani che il mondo non ci vuole più così; non ce lo lascia cantare questo canto, non senza pagarne il prezzo. Parla anche di questo, Jo Croissant; riconosce il dramma contemporaneo nel quale la donna è tristamente protagonista; un dramma che non diventa tragedia solo perché c’è la grazia.

Nel travaglio dell’umanità la donna può essere l’aiuto decisivo perché nutre, alleva, eleva

Credendo di doversi affrancare dalla dominazione dell’uomo, la donna ha ripreso degli schemi maschili a detrimento della propria femminilità, amputandosi così della sua natura profonda. Ella si ritrova quindi ancora più sola e vulnerabile in quelle situazioni inestricabili che la gettano il più delle volte in un grande sconforto. E’ cosa certa che il mondo attuale sia completamente destabilizzato perché a donna non sa più chi è: oggi più che mai si pone in modo cruciale il problema della sua identità e della sua missione. (Il mistero della donna, p. 23)

Subito dopo, lungo le stesse pagine, è il Vicario di Cristo che in Paolo VI chiama a raccolta le donne e il loro potere grande. Siamo nell’ora del compimento della nostra vocazione perché senza di essa tutto va in rovina. Le donne imbevute di Spirito Santo possono spanderlo tutto attorno a loro. E così aiutare l’umanità, salvarla dal decadimento, addirittura.

La maternità che, come un compendio sublime ci raccontava a noi stesse e al mondo e ci rendeva senza merito socie di Dio nell’Azione più alta di generare figli per l’eternità, è ora vissuta come un grande handicap, un fardello del quale occorre liberarsi.

La sofferenza? Un impiccio da schivare. L’obbedienza, il servizio e la sottomissione tutte uno stupido autolesionismo dal quale essere guarite anche contro la nostra stessa volontà. Il silenzio? L’espressione colpevole di un asservimento.

Invece in Cristo tutte queste parole e le realtà carnali che ad esse corrispondono sono rigenerate, riproposte salvate in tutta la loro potenza. Al punto che possiamo, anzi dobbiamo essere madri anche se sterili.

Nella donna più che nell’uomo si può compiere fino alla perfezione la paradossale e necessaria unione tra gioia e dolore; la donna la croce la vive fino nelle fibre più segrete, è il cuore ad essere trapassato più ancora di pelle, muscoli, nervi. Maria è il generale di questo insolito spesso invisibile esercito e ci offre esempi edificanti ad ogni passo: pensiamola al Tempio quando lei e il Suo sposo vanno a presentare il figlio.




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Mentre però gioiva nel vedere confermata la missione di Gesù, Maria riceveva l’annuncio della spada che avrebbe trafitto la sua anima. La gioia e il dolore sono così intimamente connessi, nelle nostre vite, e non si può separarli senza amputarsi di qualcosa di essenziale. I nostri contemporanei si sono abituati all’anestesia, hanno perduto il senso del valore inestimabile della sofferenza accolta e offerta nell’amore. (Ib. p. 143)

Compiere la nostra vocazione femminile è più urgente di qualsiasi protocollo per la salvaguardia del pianeta

La femme sacerdotale ou le sacerdoce du coeur di Jo Croissant divenuto in italiano Il mistero della donna grazie alla traduzione di Giovanni Marcotullio per i tipi di Berica editrice è un tesoro che, scoprendolo, ci svela. E quanto è necessario ora che sembra in atto una congiura “a tacere di noi”.

Quello che vorrei donarvi sarebbe alla fine l’intero libro e tutto il cammino che con esso possiamo compiere ma, mi rendo conto, non sarebbe il caso e non avrebbe alcuna utilità. Occorre che vi lasci cadere solo qualche petalo; con la certezza serena che da ognuno di essi si spanda lo stesso intenso profumo.

E quello del lasciar dilatare intorno a noi il profumo, di inondarne un intero ambiente è proprio uno dei nostri compiti più caratterizzanti. Avete presente i diffusori per ambiente? Quelli con quei lunghi e sottili bastoncini immersi nel liquido oleoso odoroso che una volta intrisi vengono girati e lasciati a contatto con l’aria della casa per spandere l’essenza? Ecco, siamo noi. Dovremmo essere noi. Per questo occorre che lasciamo che ogni nostra fibra sia intrisa del profumo di Dio. Se non ci imbeviamo di Lui ci inzupperemo di ogni umore e liquame che ammorbano il mondo e quelli ci troveremo a spandere.

Se dovessi scegliere l’immagine che più di tutte raccoglie il messaggio di questo libro non sceglierei un fotogramma ma un frame, un breve video ecco. Perché ciò che di più ci mostra chi siamo come donne davanti a Dio e al mondo è proprio un movimento: di spoliazione e di riempimento. Di svuotamento e di fecondità. Di sofferenza per la gioia. Svuotate per le pienezza di Dio, offerte per la nascita degli uomini, quella definitiva.

Nella cronaca asciutta della Natività, dalla partenza da Nazaret fino alla fuga in Egitto, lo sguardo dell’autrice ci fa scoprire una ricchezza che  altrimenti siamo portati ad appesantire con inutili sentimentalismi.

(…)Le più grandi grazie sono precedute dalle più grandi spoliazioni. Per ricevere Dio stesso, bisognava essere poveri di tutto (…). Così nelle nostre vite il Signore ci spoglia di tante cose superflue perché abbiamo le mani libere di ricevere l’essenziale. Ma quando Egli vuole farci un regalo regale, allora ci spoglia anche del necessario, del legittimo. E Dio sa quanto i desideri della donna siano legittimi, quanto sia pienamente normale che ella desideri più attenzioni, più tenerezza più libertà d’azione. Eppure capita che il Signore le domandi di rinunciare anche a quanto è legittimo, non per opprimerla bensì per farle un dono più eccellente, per donarle sé stesso (…).  Io non penso che Maria si sia volta indietro anche solo una volta, quando il suo bambino è nato, e che abbia desiderato essere altrove che nella grotta di Betlemme. (…) Egli si diverte a scombinare i nostri piani per farci comprendere che è lui il signore delle nostre vite, e che provvederà egli stesso a tutti i dettagli. (Ib. p 144)

E prima ancora che Gesù nascesse quando ancora la Notizia era stata data a Lei solo Maria, la donna meno retorica che abbia mai calpestato il suolo terrestre, ci insegna un’altra cosa meravigliosa, semplicemente andando a trovare la cugina Elisabetta. Che è donandosi che si genera davvero. E’ madre ed è subito serva degli uomini. In fretta va da sua cugina.

Andando verso Elisabetta nel modo più disinteressato, Maria non sospettava di star per ricevere la più bella conferma di quanto aveva appena vissuto nel segreto col suo Dio. E lo stesso accade per noi. Attraverso il dono di noi stessi Dio si dona a noi, noi riceviamo le risposte alle nostre domande, veniamo istruiti, formati, trasformati. (Ib. p142)



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Il carattere di questo testo è una penetrante semplicità, una chiarezza conquistata alla presenza della Parola di Dio, con l’esercizio fedele preghiera e nel confronto con la vita vera di donne vere, immerse nei nostri tempi, terribili per molti versi.

Lo sto sfogliando tutto daccapo questo libretto che grazie a Costanza Miriano e alla madre spirituale che allora in qualche modo glielo prescrisse sta arrivando a tanti. Sono sicura che io per prima lo rileggerò molte volte e lo regalerò a donne giovani e anziane alle quali vorrò bene (da mia nipote ventenne – anima in formazione, capace di un amore forte come l’acciaio per il Suo Signore; alla mia mamma che, come quasi sempre fa, mi risponde: “cosa vuoi che cambi io, ormai ho 70 anni!” – lo diceva anche a 40, a 50, e via di decina in decina. Ma poi so che ci pensa ed è molto più felicemente inquieta e aperta di quanto voglia farci credere).

Il cuore della donna, diffusore di pace

Non vedo niente di più squisitamente ecologico del processo che una lettura come questa può innescare: se lasciamo entrare la Grazia di Cristo nel cuore di una sola donna, questa si riconoscerà per quello che è e da lei, da quel cuore in lotta contro il male ma abbandonato in Dio, si diffonderanno pace, armonia, salute fisica e spirituale per molti.

(…) Ci scandalizziamo della guerra e preghiamo per la pace, ma non la coltiviamo nei nostri cuori, mentre Dio ce la dona proprio nel bel mezzo delle tribolazioni, delle sofferenze, delle contraddizioni. (…) Preghiamo per la pace e accogliamo senza ritegno tutte le fonti della discordia: pensieri negativi, maldicenze, calunnie, giudizi, sospetti. (…) E’ attraverso i cuori pacificati che il Signore può stabilire il regno della pace, nelle nostre famiglie anzitutto e poi sul mondo. (…) Il cuore pacificato non lascia che il male si amplifichi e si diffonda. (…) Tali cuori diventano diffusori di pace, come i diffusori di lavanda che si trovano in Provenza, che spandono sottilmente il profumo in tutta la casa. Allo stesso modo, l’irraggiamento del cuore della donna trasforma gli esseri e le situazioni con la sua sola presenza: non mediante ciò che compie ma per l’intensità del suo essere. (Ib. p 156-157)

Quel che serve è l’attitudine giusta: la genialità della croce, senza masochismi

La sofferenza è una certezza universale: ce n’è sempre per tutti. Eppure mai come ora si è diffusa l’idea che basti ignorarla, schivarla o darsela a gambe per evitarne lo scotto. Invece, di fronte alla vita, e non solo alle prove ché qui nessuno è fesso né tanto meno affezionato al dolore in sé stesso,

l’attitudine giusta, la più positiva, è quella di accogliere docilmente tutto quanto ci accade, ricordandoci sempre che siamo i figli di Dio: “Egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 99,3); tutto quel che ci tocca lo tocca; Egli ci ama tanto che tutto fa concorrere al nostro bene (cf. Rom 8, 28). Codesta attitudine elimina già un bel pacco di sofferenze, poiché per la maggior parte esse vengono dal nostro egoismo e dal nostro amor proprio: essa ci rende adatti ad abbracciare la vera croce, quella che ci salva, che ci libera da noi stessi permettendoci di superarci e di consegnarci totalmente a Cristo. (Ib. p 108)

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Allora non ci resta che orientarci tutte intere a Lui, in ogni nostra fibra, durante ogni periodo del ciclo e della vita, con tutte le nostre ombre e tristezze e con tutta la potenza che sentiamo fremere in noi. E’ la stessa potenza che preme dietro la pietra del Sepolcro, è la stessa forza che si sprigiona proprio quando la morte se ne sta per andare in giro a cantare la sua inconsistente vittoria. Siamo donne per davvero proprio quando tutto sembra perduto. Ed è un imperativo, non un indicativo!

Quando l’amore sembra morto, è il momento di credere nella potenza della Risurrezione, di proclamare che il Signore è onnipotente e può ridonare la vita quando tutto sembra perduto. (Ib.)

E questo vale nella fatica delle relazioni con la famiglia di origine, nella solitudine che si sperimenta persino col migliore dei mariti, della desolazione che a volte spazza il nostro cuore materno di ogni speranza. E vale per la società intera, per tutto il popolo.

Vi avverto, alcune pagine saranno come schiaffi: come quando leggerete “è la donna che deve cambiare per prima” e un moto di naturale ripulsa vi scuoterà. Ma come, allora hanno ragione le femministe dure e pure! Invece no, ha ragione lei, ha ragione Dio, che ci ha fatte e ci conosce. E le doglie nelle quali dobbiamo partorire noi stesse e gli altri non sono solo castigo ma garanzia che qualcuno di importante sta per venire al mondo e noi ne siamo degne.

Perdonatemi l’immagine ma forse la storia che stiamo vivendo, quella che comincia proprio sotto la Croce dopo che Cristo ci ha affidati a Maria e alla sua maternità è una specie di lungo puerperio, un dopo parto nel quale, stanchi del travaglio e affamati di calore e latte ci stringiamo al seno della donna e in lei plachiamo fame e freddo e paura. Fino a che saremo pronti ad entrare, gattonando o già di corsa, nella vita eterna definitiva.

E allora Maria, e con lei la corte infinita di donne entro le quali è la Benedetta, si potrà finalmente riposare.




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