Ma il patrono della città lombarda non voleva copiare la tradizione romano. La festa aveva un altro scopo
Il primo documento che registra la celebrazione della festa del Santo Natale il 25 dicembre del 336 è il Cronografo del 354 (Chronographus anni 354), primo Calendario della Chiesa di Roma.
Il calendario di Filocalo
Si tratta di un Calendario illustrato, accompagnato da testi, realizzato dal calligrafo Furio Dionisio Filocalo. Il codice venne offerto ad un aristocratico romano di fede cristiana di nome Valentino.
Sant’Ambrogio (339/340 – 397) visse i suoi anni giovanili a Roma e fu qui che conobbe la festa del Santo Natale, quando sua sorella Marcellina fece professione religiosa nel Natale dell’anno 352 o 354 nella basilica di San Pietro e la cerimonia venne presieduta da Papa Liberio.
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L’ “arrivo” a Milano
Proprio a Sant’Ambrogio si deve l’introduzione della festa del Natale a Milano, tra il 380 e il 386, quando ne divenne vescovo.
Non fu soltanto il ricopiare un uso romano, ma la ricorrenza della natività del Salvatore divenne l’occasione propizia e sempre ricercata per combattere l’eresia ariana (che umanizzava Cristo, spogliandolo della sua divinità.
Ciò che accade nuovamente oggi nel contemporaneo neoarianesimo della cristianità): glorificare il Mistero dell’Incarnazione compiutasi in Maria Santissima, fu la perfetta occasione per dichiarare e diffondere, fra i potenti e gli umili, la Verità sul Cristo Dio (Corrispondenza Romana, 23 dicembre 2015).
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Quella che segue è la celebre: “Nella notte della Natività” scritta dal patrono della città lombarda (23 dicembre 2018):
Volgiti a noi, tu che guidi Israele
assiso sui Cherubini,
mostrati in faccia a Efraim, ridesta
la tua potenza e vieni.
O Redentore delle genti, vieni,
rivela al mondo il parto della Vergine;
ogni età della storia stupisca:
è questo un parto che si addice a Dio.
Non da seme virile
ma per l’azione arcana dello Spirito
il Verbo di Dio si è fatto carne,
fiorito a noi come frutto di un grembo.
Il verginale corpo s’inturgida
senza che il puro chiostro si disserri,
brillano le virtù come vessilli:
Dio nel suo tempio ha fissato dimora.
Esca da questo talamo nuziale,
aula regia di santo pudore,
il Forte che sussiste in due nature
e sollecito compia il suo cammino.
A noi viene dal Padre
e al Padre fa ritorno,
si slancia fino agli inferi
e riguadagna la sede di Dio.
Consostanziale e coeterno al Padre,
dell’umiltà della carne rivèstiti:
con il tuo indefettibile vigore
rinsalda in noi la corporea fiacchezza.
Già il tuo presepe rifulge
e la notte spira una luce nuova;
nessuna tenebra più la contamini
e la rischiari perenne la fede.