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Cosa ho capito quando ho deciso di lasciare tutto per seguire Cristo

SUPERMAN

© DC Entertainment - Legendary Pictures - Syncopy - Warner Bros. Pictures

Catholic Link - pubblicato il 14/12/18

di Myriam Ponce

Sono nata in una famiglia cattolica, in cui mi è stato sempre insegnato a seguire la cattedra di Cristo, riflessa nella sua amata Chiesa. Tutte le domeniche andavo a Messa, pregavo di quando in quando e facevo visita al Santissimo in caso di necessità. La mia esperienza di fede è stata così per 21 anni, forte in lealtà e speranza, ma vaga a livello di convinzione. Ero una seguace di Cristo, ma in definitiva non avevo lasciato tutto per Lui.

Ho capito che avevo lasciato pendente un invito dal valore incommensurabile: essere discepola di Cristo. Non era una cosa recente, perché l’invito era presente fin dall’inizio della mia esistenza, come per gli altri. È stato solo quando sono uscita dalla mia zona di comfort, però, che ho capito la chiamata.

La parola “discepolo” descrive in origine una persona che impara da un grande maestro. Deriva dal latino “discipulus”, che significa studente o pupillo, ovvero una persona che cerca di imparare. Nei Vangeli accade qualcosa di peculiare: Gesù, di propria iniziativa, è colui che chiama i suoi discepoli. L’aspetto curioso è che duemila anni dopo lo standard continua a ripetersi.

È Gesù che ci cerca

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Egli ha chiamato me e chiama te. È una cosa che ci differenzia da molti altri credo, perché noi siamo convinti di aver ricevuto la chiamata di Dio, che nella sua grandezza ci ha lasciato il messaggio di salvezza. Una vera benedizione!

Ho capito, però, che raggiungere la salvezza promessa implica il fatto di essere un vero cristiano. Non vi angosciate – può essere un compito semplice, basta seguire il passo successivo.

Lasciare tutto per Lui

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Non significa diventare un eremita, né andare in esilio. Rappresenta un impegno serio e a lungo termine nella vita.

Seguendo Cristo lascerete indietro molte cose, e ne metterete altrettante da parte, perché il cammino verso la santità è una sfida. Essere discepoli di Cristo implica il fatto di essere missionari della Sua Parola e di dare testimonianza con la propria vita. Implica quindi il fatto di anteporre l’umiltà alla vanagloria, il servizio al prestigio, e di riconoscere l’amore come strumento chiave di tutto ciò che facciamo. Tutto questo richiede una profonda conversione, che ci permetta di riconoscere che solo insieme a Dio riusciremo a raggiungere la meta.

È vero che viviamo in una società che cerca di opacizzare la fede, nascondere la nostra dimensione spirituale, eliminare ogni impegno dal vocabolario e porre il benessere materiale come nostra massima aspirazione. L’ho vissuto. Il messaggio di Dio, però, è chiaro, ed estremamente prezioso. Egli ci invita alla trascendenza.

“Siete nel mondo, ma non del mondo”

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Gesù lo ha detto ai suoi apostoli, e si applica anche a noi. Quando comprenderemo veramente che il nostro obiettivo non è terreno ma eterno tutto sarà più facile, e le decisioni saranno chiare.

Mi ci sono voluti 21 anni per dire “Sì” all’invito più bello che mi sia stato rivolto nella vita, ma è stato un “Sì” senza misura. Riconosco che devo ancora percorrere un lungo cammino, ma essere disposti a percorrerlo è il primo passo. È stato difficile, forse, ma visto che il Signore è il mio pastore so che non mi mancherà nulla (Salmo 22).

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link

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