Attraverso i loro diari personali, le loro omelie, le loro meditazioni e le corrispondenze coi loro cari, scopriamo la magnifica eredità spirituale dei sette monaci martiri di Tibhirine. Saranno beatificati con 12 altri martiri di Algeria a Oran il prossimo 8 dicembre 2018, giorno della festa dell’Immacolata Concezione.Condividevano una vita comunitaria reale, una vita ordinaria. Ne hanno fatto una cosa straordinaria. Formavano una vera comunità monastica pur avendo ciascuno un itinerario spirituale individuale: tra Paul, artigiano dalla fede molto incarnata, Luc, la cui umiltà ha trasformato il suo servizio ai malati nella più bella delle preghiere, o ancora Christophe, che ha saputo trovare nella poesia le parole per tradurre l’esperienza di Cristo…
Il loro messaggio è insieme quello di ogni fratello in un cammino di spiritualità e quello della fraternità che hanno portato insieme grazie ai doni di Cristo. Scoprite (con l’aiuto di Marie-Dominique Minassian, co-autrice del libro Heureux Ceux qui espèrent [Beati quelli che sperano, N.d.T.]) i sette itinerari spirituali dei monaci: tanto differenti quanto indissociabili.
Avviate la galleria:
Fratel Christian aveva un’intelligenza duplicata da una mistica della relazione. Ha saputo maturare mediante lo studio – al ritmo dei suoi fratelli coi quali s’era impegnato a vivere da monaco – e mediante l’Algeria per la quale aveva scelto di dare la sua vita. La sua vita di preghiera, nutrita alla mensa della tradizione cristiana e di quella musulmana, ha ispirato una teologia dell’incontro profetico per la vita della Chiesa.
La sua discrezione potrebbe lasciarlo passare inavvertito nel gruppo. Eppure la sua profondità non è sfuggita a fratel Christian, che ne ha fatto il guardiano della preghiera dei suoi fratelli istituendolo lettore. Egli si è lasciato formare dall’attenzione a ciascuno, conservando nel cuore l’umiltà e la gioia.
Fratel Paul è un artigiano: semplice e senza orpelli. La sua spiritualità è molto incarnata nel servizio che ha sempre vissuto, anche prima del suo impegno nella vita monastica – nella vita civile era al servizio degli altri come consigliere municipale o come pompiere volontario. Lascia pochi scritti al di là della corrispondenza, ma la sua presenza agli altri, il suo affetto e il suo humour lasciano scorgere un’interiorità segnata da una fede molto forte nella risurrezione.
La perseveranza segna il suo cammino, le cui tappe non sono state sempre semplici da vivere. Di fronte alle sue fragilità – senza cedere allo scoramento, né al dubbio, ma fondandosi sull’adorazione eucaristica – fratel Bruno si è lasciato condurre dall’amore che gli ha fatto credere ai traguardi da superare nel suo itinerario di vita e di dono.
Il suo carattere un po’ scorbutico ha talvolta potuto mascherare una spiritualità molto concreta nella quale il dono della vita è iscritto nella cura del prossimo, come medico o anche come cuoco della comunità. La discrezione e l’umiltà hanno fatto del servizio agli altri la sua preghiera più bella fino in età avanzata. Tutto ciò l’ha guidato a vivere nell’abbandono e ad avere uno sguardo sereno verso la morte.
Fratel Christophe ha trovato, nella poesia, le parole per tradurre l’esperienza di Cristo e del suo soffio. Il dono sta al cuore della sua spiritualità come slancio profondo di tutta la sua vita: lo ha portato a passare da «figlio molto amato a uomo tutto donato». La sua gioia traccia la verticale e l’orizzontale della croce come segno indelebile dell’amore per tutti.
Fratel Célestin era tutto pieno dei più poveri e degli emarginati che incontrava nel suo ministero di lavoro sociale a Nantes; è “con loro” che è entrato nella vita monastica. Attraverso la preghiera ha domato la sua interiorità esplosiva, che rifioriva in musica: sono innumerevoli le antifone che traducono la sua gioia di credere e di amare.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]