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Gli umili, i semplici, i dimenticati comprendono il cuore del Vangelo!

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 04/12/18

Sanno, come un dono, cose che nessuno di noi in anni di teologia, di letture e di studi è riuscito a conoscere. E questo perché il cuore della fede non è un’idea geniale, ma un’esperienza.

In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono». (Lc 10,21-24)

“Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli! Sì, Padre, perché così ti è piaciuto!”. Le parole che Gesù pronuncia nel Vangelo di oggi mosso dallo Spirito Santo sono parole non solo belle, ma straordinariamente vere. E io posso testimoniare come tantissime volte nei miei anni di sacerdozio ho potuto vedere che è esattamente così. La gente più semplice, la più umile, la più sconosciuta, la più dimenticata, è anche quella che più autenticamente ha compreso il cuore del Vangelo, e sa, come un dono, cose che nessuno di noi in anni di teologia, di letture e di studi è riuscito a conoscere. E questo perché il cuore della fede non è un’idea geniale, ma un’esperienza. E solo chi fa esperienza sa. Non ci si può impossessare di questa esperienza, né la si può comprare, o conquistare, ma la si può solo accogliere. E l’accoglienza è una delicatezza solo di chi conosce il valore del cuore e del suo modo semplice e autentico di apprendere ciò che conta. Allo stesso tempo Gesù prosegue nel Vangelo: “E, rivolgendosi ai discepoli, disse loro privatamente: «Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete! Perché vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere quello che voi vedete, e non l’hanno visto; e udire quello che voi udite, e non l’hanno udito»”. Privatamente non significa esclusivamente, ma personalmente, quasi a voler dire una verità guardando negli occhi ciascuno. In quel “privatamente”, dovremmo sentirci interpellati tutti personalmente, perché ogni volta che leggiamo il Vangelo quel racconto è messo lì innanzitutto per me. Ognuno dovrebbe sentirsi in prima persona davanti alla Parola. Non è un modo per essere egocentrici, ma un modo per capire il dono e la responsabilità che ci viene dato nell’aver ascoltato ciò che abbiamo ascoltato. Tantissime persone nel mondo non hanno nessuno che gli rivolga il “vangelo”, la “buona notizia”, e vivono a tentoni, e noi che ne abbiamo fatto di questo dono invece? (Lc 10,21-24)

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