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Il presente è un alleato per sconfiggere l’ansia, abbraccialo

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Cristina Buonaugurio - pubblicato il 27/11/18

La pressione ansiogena del mondo ci spinge a rimuginare sul passato o a proiettarci sul futuro, perdendo la presa sulla vita vera che accade ora.

Seguo M. in terapia da due mesi. È un ragazzo giovane, in gamba, economicamente indipendente, ma che a un certo punto ha cominciato a provare ansia, in particolare ad aver paura di potersi sentire male mentre è da solo. Quando lo incontro le prime volte mi accorgo che, pur essendo fisicamente davanti a me, la sua mente non è con me. Mi parla di quello che gli è successo e, quando gli parlo io, non mi ascolta veramente: pensa a quello che ancora non mi ha detto (ripescandolo da un discorso che evidentemente a casa si era preparato) e tira fuori tutto d’un fiato non appena io mi fermo. Oppure durante la seduta comincia a riflettere su quello che di negativo potrebbe succedergli in futuro e mi chiede cosa potrebbe e dovrebbe fare in simili casi. Mi è da subito chiaro come in terapia riviva quello che gli succede anche fuori: ripensa a quando è stato male in passato e teme che possa succedergli nuovamente in futuro, ma non vive il presente.




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Questo è quello che succede alle persone ansiose: non sanno stare nel qui e ora.

Spesso rivivono quello che in passato li ha spaventati o traumatizzati e immaginano che nel futuro potrebbe accadere nuovamente. In altri casi, invece, non ci sono ricordi di situazioni di malessere o di pericolo realmente avvenute nella loro esistenza, ma solo la paura di qualcosa che potrebbe accadere in futuro, magari perché si sa che ad altri è successo o perché si crede che sia probabile. In entrambi i casi si tratta di persone che fuggono dal presente: non riescono a stare nella situazione attuale. Appena scatta la paura irrazionale perdono il contatto con chi è attorno a loro e con quello che stanno facendo.

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E le paure all’origine dell’ansia sono davvero infinite: dal non riuscire a rispettare dei tempi lavorativi al credersi incapaci di mantenere una relazione, dalle molteplici attività da gestire al traffico delle grandi città, dai risultati da mostrare per fare carriera alla fatica di volersi mostrare sempre al top… Tutte sono accomunate dall’idea sbagliata che una “tragedia” può accadere da un momento all’altro se non si riesce in quello che ci si è prefissati e tutte portano a perdere di vista la realtà oggettiva dei fatti perché la propria visione personale distorta prende il sopravvento (anche in persone che al di fuori di questi episodi sono lucide e razionali).

I motivi che stanno alla base di questo stato d’animo sono diversi da persona a persona, ma di certo non aiuta il fatto che la nostra società sia fortemente ansiogena: siamo spinti a fare mille cose e tutte al top, abbiamo scadenze sempre più ravvicinate da rispettare e risultati sempre più elevati da raggiungere.


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Già ai bambini piccoli insegniamo ad andare di fretta, ad anticipare i tempi dello sviluppo, ad avere mille impegni e a dover dare il massimo in ogni attività, senza rispettare le loro preferenze. Con il risultato di avere figli ansiosi già a 7/8 anni, perché incapaci di fare l’unica attività che a quell’età sarebbe adeguata: giocare (e farlo con mamma e papà almeno ogni tanto)!

Non solo ansiosi

La mancanza di contatto con il presente non è un problema di esclusivo appannaggio delle persone ansiose. Ci sono ad esempio persone che vivono perse nel passato, desiderose di rivivere situazioni che non possono tornare, ad esempio una relazione sentimentale ormai terminata. E ci sono poi persone che aspettano il futuro per vivere.

Come E., un signore di una certa età che seguo in terapia da qualche tempo. Un paio di anni fa ha subito un importante intervento, che ha determinato degli inconvenienti spiacevoli, ma con con cui è tutto sommato possibile convivere facilmente. E. ha rinunciato a lavorare con i ritmi che sosteneva prima dell’intervento, sperando che in futuro questi disturbi cessino; solo che è improbabile che ciò accada. Si trova pertanto di fronte ad una scelta: decidere di accettare quello che gli è capitato, trovando il modo a lui più congeniale per convivere con il problema in essere, oppure decidere di rinunciare al suo amato lavoro, facendo però i conti con il senso di inutilità che ciò comporterebbe (e che già sperimenta).

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Se passato e futuro diventano chimere

Nel caso di E. come nel caso di chi si rifugia nel passato uno è l’obiettivo da raggiungere: cominciare a guardare in faccia il presente.

Condurre la propria esistenza rimuginando sul passato che è ormai svanito proprio come trascorrere le giornate sognando che nel futuro cambi magicamente qualcosa, significa di fatto rinunciare a vivere.




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Anche quando sembra difficile, il passo da fare è guardare ciò che il presente ci offre, cogliendone sia gli aspetti negativi sia quelli positivi, e in base a questo decidere quale forma dare alla propria vita. Conoscere le mancanze, è utile per capire o quello che si desidera raggiungere oppure quello a cui bisogna trovare un’alternativa; al tempo stesso conoscere le proprie risorse e le possibilità a disposizione è lo stimolo per mettersi in gioco.

Chi aspetta un cambiamento futuro per cominciare a vivere in un certo modo o per adottare un determinato comportamento, rischia di rimanere per sempre in attesa di qualcosa che non succederà. O quantomeno di perdere tempo prezioso, senza vivere pienamente, nell’attesa del cambiamento. D’altra parte chi resta ancorato al passato, incapace di guardare alle novità emerse nella propria vita, rischia di compiere dei passi falsi, di non fare le scelte più adeguate e di perdere delle buone opportunità .

A.A.A. contatto col presente cercasi!

Cosa fare allora per restare ancorati al presente?

Ci sono alcuni accorgimenti che si possono adottare quando ci si rende conto di essere a rischio di perdere il contatto con il presente (logicamente se questo accade frequentemente, a causa dell’ansia o per altri motivi, è preferibile chiedere un sostegno psicologico).


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Il primo è respirare. Solo questo?  Sì e no. Bisogna sì respirare, ma farlo profondamente, cioè andando a gonfiare l’addome con l’aria inspirata. Si può immaginare di avere un palloncino nella pancia che deve essere gonfiato. Questo tipo di respirazione, detta diaframmatica, ha un duplice vantaggio: rilassa tutti i muscoli del corpo in maniera automatica e, poiché non ci viene naturale, ci costringe a dedicare tutta la nostra attenzione al respiro, togliendola da altri pensieri “pericolosi”. (Tra l’altro questa è una delle tecniche che si apprendono nel corso di Training Autogeno, che è molto utile per chi soffre di ansia)

Il secondo trucchetto è guardarsi attorno. In senso fisico: guardare tutto quello che mi circonda, osservarlo attentamente, quasi come se si dovesse poi riprodurlo in un quadro. Contenere con lo sguardo tutto quello che è attorno a sé, con calma, senza alcuna fretta, magari abbinando una buona respirazione diaframmatica. Ma anche in senso figurato: pensare a quello che in questo momento c’è nella propria vita: persone reali, situazioni concrete, possibilità da vagliare, impegni da portare a termine… tornare al presente quando la mente tende a fuggire nel passato o nel futuro.

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La terza possibilità è “ancorarsi” a quello che abbiamo attorno. Che significa? Ad esempio mettere entrambi i piedi per terra e fermarsi a sentire il contatto dei piedi con la strada/il pavimento/il tappeto… Oppure sentire il contatto del proprio corpo con la sedia/il divano/la poltrona su cui si è seduti. Nel letto sentire il materasso sotto di sé e le coperte sopra il corpo. Sono sensazioni sempre presenti, ma cui non si presta attenzione se non in casi particolari, perché di solito sono informazioni “superflue”. Coglierle e fermarsi ad “assaporarle” è un modo per fermare i soliti pensieri “pericolosi”.

L’ultimo consiglio, utile soprattutto in caso di ansia più accentuata, è quello di cercare il contattato con altre persone, non “farsi soli”. Chi vive un momento di ansia non sempre si rivolge agli altri, invece per placare questo stato d’animo può essere utile parlare con qualcuno proprio mentre lo si sta provando, perché allontana i pensieri catastrofici e dà la certezza di una presenza amica. Se non si ha qualcuno vicino fisicamente, può andar bene anche fare una telefonata: l’importante è non sentirsi soli.

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