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Restare fuori ti provoca angoscia?

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Dragana Gordic I Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 21/11/18

Siamo sicuri che sono responsabile di tante cose, di tante missioni, di tante persone?

Mi piace sapere cosa succede intorno a me, nel mondo, vicino e lontano. Voglio essere aggiornato e non perdermi niente di importante.

Forse soffro di quella malattia di cui mi parlavano giorni fa, una malattia molto attuale. Viene chiamata “Fomo”, dalle iniziali in inglese.

È la paura di rimanere fuori da qualcosa di importante. La paura di non sapere, di non essere tenuto in considerazione, di perdere le cose che valgono la pena, di non essere invitato nel luogo in cui accadono le cose più importanti. La paura di passare inosservato, di essere invisibile.

Non c’è niente di peggio che dirmi: “La parte divertente è iniziata proprio quando te ne sei andato”. Sarà vero o lo dicono per ferirmi?

Quanta gente va a una festa, a un incontro, con l’unica intenzione di non rimanere fuori! Anche se si annoia, anche se non vorrebbe andarci.

La paura di non essere di moda, di non aver visto l’ultimo film o l’ultima serie o di non aver letto l’ultimo libro. Quella paura che la corrente passi accanto a me e io non mi renda conto di nulla.

La paura di restare fuori, al margine del cammino, e che tutti proseguano felici per la propria strada. Come se dovessi essere sempre aggiornato su tutto e dovessi sapere tutto.

La paura, forse, di rimanere solo, che nessuno tenga conto di me. Quella paura incosapevole di rimanere fuori dal mondo sociale che mi richiede di essere attivo ogni giorno, ogni ora.

Forse mi pesa il desiderio di apparire. Figurare. Essere visto. Come se fosse decisivo per avere una vita piena.

L’apparenza conta quasi più di quello che non si vede. Quello che gli altri vedono e valorizzano è ciò che esiste. Il giudizio che hanno di me. L’opinione degli altri. La parola finisce per creare la realtà.

È questo che mi inquieta di più? È così importante quello che gli altri possono dire di me? Mi sento costretto ad essere all’altezza dei migliori, di quello che si aspettano gli altri.

Può essere che mi pesi troppo l’affanno di essere responsabile. Credo di essere responsabile di tante cose, di tante missioni, di tante persone… Non posso fallire. Devo essere all’altezza.

La responsabilità, quello che devo fare, che gli altri si aspettano da me. Non mi pesa forse troppo? È come un fardello che mi porto ogni giorno. Sono responsabile.

Ma a volte ho paura di non sapere bene cosa fare.

Giorni fa leggevo: “Ora resto solo io, e a quanto pare non so nulla, neanche quale sia il mio dovere. Come posso compiere il mio dovere se non so in cosa consiste?”

Mi ossessiona il fatto che mi approvino, mi riconoscano e mi lodino. Ho bisogno del “Sì” di chi mi circonda per poter continuare a lottare.

Non mi basta il “Sì” di Dio nelle mie lotte? Non è sufficiente il suo sguardo misericordioso sulla mia vita quando sono debole e vacillo?

Gesù mi vede sempre. Egli sa che sto nel luogo migliore. Anche se non sono informato di tutto. Anche se non so tutto.

Compio le mie scelte e Gesù mi guarda e mi sostiene. E come uomo, le mie opzioni presuppongono sempre delle rinunce.

Il cammino che seguo esclude altri cammini possibili, altre vite, altre scelte. Il luogo in cui vivo mi fa assentare da un altro luogo in cui accadono altre cose, un luogo nel quale potrei essere.

Può darsi che mi perda molte cose facendone altre. Non è questo l’aspetto decisivo. Non ho il dono della bilocazione.

Sono in un posto solo e torno a sceglierlo. Con alcune persone che scelgo di nuovo. Non voglio sapere più di quello che so, né essere al corrente di tutto ciò che succede.

Voglio solo sapere qual è la mia responsabilità ora, in questo momento presente. Ciò che Dio vuole da me. E voglio essere felice facendolo senza paura, anche se nessuno mi vede e non so tutto di tutti. Ho bisogno solo dell’abbraccio di Dio per andare avanti nella mia lotta.

La Bibbia mi esorta ad avere fiducia. “Proteggimi, o Dio, in te mi rifugio”. So cosa devo fare. Mi rifugio in Dio e confido in quell’amore che mi sostiene.

Voglio saper vivere e insegnare a vivere agli altri. È la mia unica responsabilità: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre” (Daniele 12, 3).

Voglio essere saggio. Voglio essere giusto. Voglio insegnare la giustizia a chi è sulla mia strada. La mia vita può cambiare la realtà che mi circonda.

Non mi sto perdendo nulla di importante perché costruisco la mia vita mano nella mano con Dio. È l’unica cosa che so, e mi basta per essere felice.

Sono nel posto migliore. Con le persone migliori. Facendo quello che so fare meglio. Perché dovrei aver bisogno di qualcosa di più?

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