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Depressione o burnout? Svelata la differenza

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Calah Alexander - pubblicato il 20/11/18

Il burnout è reale. Ecco come riconoscerlo e gettarselo alle spalle

Non mi sono resa conto di essere una perfezionista finché non ho iniziato a lavorare fuori casa. Quando ero a casa, quest’ultima non era mai immacolata o perfettamente organizzata, e i miei figli non erano vestiti in modo impeccabile, quindi non mi ritenevo una perfezionista. E non lo ero – almeno a casa.

Al lavoro, però, è stato del tutto diverso. Ho dovuto affrontare non solo le mie tendenze al perfezionismo, ma anche il fatto che queste sono innescate dalle cose più sciocche e finiscono per rendere tutto peggiore anziché migliore.

Ad esempio, domenica ho trascorso una quantità di tempo davvero assurda per capire come usare un form di mail merge per rendere le mie comunicazioni e-mail più efficienti. Stavamo per lanciare la nostra promozione principale dell’anno, e mentre pensavo a quanto mi avrebbe salvato a lungo termine il fatto di padroneggiare questa tecnica, nel breve periodo ho sprecato un’intera giornata per poi ritrovarmi con una montagna di e-mail ancora da spedire.

Quella sera sono andata a letto ben oltre l’orario in cui avrei dovuto farlo, e ho iniziato una settimana importante con solo due ore di sonno alle spalle. Il mercoledì ero talmente a pezzi che sono scoppiata in lacrime non appena entrata in macchina. Non riuscivo a spiegare quella situazione – non ero triste, ma i miei occhi continuavano a versare lacrime mentre mi recavo al lavoro. Fino a quel momento la mia attività lavorativa mi aveva entusiasmato, e quindi quel nuovo sviluppo mi ha allarmata, per non dire terrorizzata.

Ho iniziato a preoccuparmi chiedendomi se non stessi scivolando nella depressione o nell’esaurimento nervoso, finché non sono arrivata a un meeting in cui un collega mi ha guardata e mi ha detto: “Ragazza, hai un bel burnout”. Ed era vero. È una cosa che non avevo mai capito davvero in un contesto lavorativo prima di quel momento, ma è un fenomeno reale studiato da psicologi come Ellen Hendriksen, che ha spiegato la differenza tra burnout e depressione a Medium:

Per molti aspetti, il burnout sembra simile alla depressione, ma se condividono molti aspetti, il burnout tende ad essere più situazionale rispetto al vedere tutto grigio della depressione. “Se la gente si sente come se le sia caduta sopra un’incudine al lavoro ma si rianima quando gioca a calcio o va a lezione di cucina, allora probabilmente non si tratta di depressione”, dice la Hendriksen. “La depressione coinvolge ogni settore della vita, mentre il burnout può essere più legato al lavoro. Fa sanguinare, ma c’è qualche contrasto…” Robert Taibbi, operatore sociale clinico e autore di vari libri sulla salute mentale, afferma che è importante scoprire come le specifiche abitudini sul posto di lavoro potrebbero influenzare la propria felicità. “Riguarda il fatto di fare attenzione alla propria personalità”, dice Taibbi. “Cosa richiede il vostro lavoro? Quanto controllo avete? Vi risulta difficile delegare ed essere aiutati? Vi ossessionate perché tendete ad essere perfezionisti?” Se tendete a procrastinare, ad esempio, le infinite scadenze potrebbero essere il motivo del vostro burnout. Se sentite di esservi assunti troppi impegni ma non volete passare dei compiti agli altri, forse il problema è questo”.

Non potevo permettermi di essere seriamente affetta da burnout perché non potevo allontanarmi dal lavoro, e quindi ho fatto la seconda cosa migliore in questi casi. Alla fine di quella giornata sono andata a letto il prima possibile e ci sono tornata subito dopo aver portato i bambini a scuola la mattina dopo. Il martedì e il giovedì ho sempre del tempo libero, e quindi uso quei giorni per avvantaggiarmi nelle altre cose. Quel giovedì, però, me lo sono preso per riposare e riorganizzarmi, e il giorno successivo ho trascorso un po’ di tempo chiedendo ai miei colleghi come semplificano le loro comunicazioni.

E poi ho fatto qualcosa davvero straordinario. Anziché scegliere l’idea che mi sembrava più perfetta, ho optato per quella apparentemente più semplice. Questo è andato contro ogni fibra del mio essere, ma sapevo di dover stabilire delle priorità. E una delle mie priorità è diventata rapidamente quella di evitare compiti in cui avrei potuto perdermi nei dettagli, come avevo fatto con il form del mail merge.

Non riesco a spiegare quanto sia diventato più facile il lavoro – e la vita! – da quando ho abbandonato l’ossessione di trovare il modo più perfetto di fare qualsiasi cosa e abbia deciso di trovare semplicemente il modo migliore per farla. In questo modo sono riuscita a fare cose che da mesi pensavo di non riuscire a fare, e sto iniziando a perdere il senso che deriva dal fatto di sentirmi sempre indietro.

Quello che non sono ancora riuscita a fare, però, è capire come far sì che quella vena di perfezionismo mi aiuti quando si tratta di cose come fare il bucato o assicurarmi che i pranzi dei bambini siano ben impacchettati. A differenza del form di mail merge, è un settore in cui potrei davvero usare una piccola spinta di perfezionismo.

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