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L’affetto di santa Francesca Cabrini per le anime del Purgatorio

ŚWIĘTA FRANCISZKA CABRINI
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don Marcello Stanzione - pubblicato il 18/11/18
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Non solamente la storia della Chiesa, ma pure la storia recente d’Italia e dell’Occidente non possono non riconoscere in Francesca Cabrini una figura centrale. E se la storia della Chiesa sa apprezzarne la santità e la modestia, la storiografia e la sociologia commentano l’immensità della sua impresa umana, davvero impressionante. Ella nacque a Sant’Angelo Lodigiano, in Piemonte, il 17 settembre del 1850, ultima dei tredici figli di una famiglia povera. Divenuta presto orfana di entrambi i genitori, avrebbe desiderato entrare in un convento , ma non fu accetta a causa della fragilità della sua salute fisica. Accettò quindi l’incarico, affidatole dal parroco di Codogno, vicino Sant’Angelo, di dedicarsi alla cura dei bambini presso un orfanotrofio. Diplomatasi maestra, costituì assieme ad alcune compagne che accettarono di seguirla, il primo nucleo delle Suore Missionarie del Sacro Cuore, un istituto laico posto sotto la protezione dell’intrepido missionario gesuita San Francesco Saverio. Seguendo l’esempio del Santo missionario gesuita, Madre Francesca Saverio Cabrini avrebbe inizialmente voluto recarsi in Cina. Ma quando, consigliata dal Vescovo di Lodi, venne a conoscenza delle disperate condizioni in cui vivano migliaia di italiani emigrati negli Stati Uniti, abbruttiti dai malanni, dalla miseria e dall’ignoranza, non ebbe esitazioni e partì per New York, intenzionata a condividere, consolare, e soprattutto emancipare la loro penosa esistenza.

Compì il primo dei suoi ventiquattro viaggi transatlantici nel 1889, aggiungendosi alle centinaia di speranzose e miseri compatrioti, vivendo in nave gli stessi insopportabili disagi. A New York, oltre ad occuparsi della direzione di una scuola, si prese cura di orfani ed ammalati. Promosse la fondazione dell’ospedale Colombo a New York, aprì una scuola a Buenos Aires, più di sessanta istituti per le figlie degli emigrati, altri ospedali a Chicago e in California, ospizi in altre città dell’America. E, a chi si meravigliava di tanta operosità, era solita rispondere modestamente: “Non siamo noi a far questo: è Gesù”. La cagionevole maestrina lodigiana divenne così la donna forte che gli emigrati solevano chiamare Madre, ammirata dai più potenti uomini del mondo, rispettata dai più temibili gangster. Assistita dal Signore, riusciva a svolgere un’attività prodigiosa, a rendere possibili imponenti e utopiche realizzazioni. Gli Stati Uniti le conferirono la cittadinanza, e il Comitato americano dell’emigrazione italiana lo nominò “la più illustre emigrata del secolo”. Resa incrollabile dalla fede, minimizzava sulla cagionevolezza della sua salute, ripetendo spesso: “Ci sentiamo male? Sorridiamo lo stesso”. Morì a Chicago il 22 dicembre del 1917 nel Columbus Hospital, da lei stessa fondato, stremata nel fisico dall’ultimo dei suoi numerosi ed estenuanti viaggi. Lo stresso giorno il suo corpo venne traslato a New York alla “Mother Cabrini High School”. Dicevano di lei gli emigranti italiani, con affetto: “L’italiano Colombo aveva scoperto l’America, ma solo lei, Madre Francesca Saverio Cabrini, aveva scoperto gli italiani in America”.

La santa suora aveva un affetto particolare per le anime dei fedeli in Purgatorio. Nelle apparizioni delle anime purganti si ebbero pure attestazioni di riconoscenza e di ricambio di carità da parte delle persone suffragate. Con le anime del Purgatorio Santa Francesca Saverio Cabrini se la intendeva molto bene. Trovandosi in bisogno di avere certi documenti che non poteva rintracciare, pregò con suffragi una sua figlia defunta, la quale le apparve e le indicò dove poteva rinvenire i documenti richiesti. Morto Mons. Bersano, ed accostandosi ella un giorno alla S. Comunione in suo suffragio, se lo vide innanzi che le diceva: “Questa santa Comunione la farai per me”. Per un mese si ripeté alle sue orecchie la stessa domanda, ed al termine del mese lo rivide sorridente, e sentì dirsi: “Adesso basta, ti ringrazio; finora hai aiutato me, d’ora innanzi io aiuterò te”.