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7 atteggiamenti che possono rubare al Natale il suo vero significato (e come combatterli)

BABBO NATALE CORNA DIVERTENTE
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Catholic Link - pubblicato il 17/11/18
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di Silvana Ramos

Siamo alle porte dell’Avvento, un periodo che dovrebbe riempire tutti noi cristiani di speranza e di cui dovremmo approfittare come tempo liturgico speciale per crescere nello spirito. Coincidendo con la fine dell’anno, celebrazioni e feste abbondano.

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Lungi dal poter dedicare il tempo sufficiente al nostro spirito, sembrerebbe che il mese di dicembre si trasformi in un uragano di disordine e caos a cui sembra impossibile sfuggire. Alcuni cercano di fare le cose nel miglior modo possibile adattandosi alla situazione, altri pianificano, ma al momento della verità non si rispettano gli impegni e si viene travolti da dicembre e dal Natale. Ciò fa sì che spesso una festa che dovrebbe essere caratterizzata da grande gioia diventi un pretesto per malumore, tristezza e critiche.

A Catholic Link abbiamo scoperto alcuni atteggiamenti che si presentano anno dopo anno e si accentuano col passare dell’età che ci allontanano dal vero senso del Natale: la gioia e la celebrazione perché “è nato il Salvatore: il Messia, il Signore”. Ve li presentiamo in questa sede insieme ad alcuni suggerimenti per poterli combattere. Quest’anno l’Avvento non vi colga alla sprovvista!

1. Darsi agli acquisti sfrenati

Tra le decorazioni che sembrano essere sempre più elaborate ed esotiche e le migliaia di regali che si “devono” fare, andare a fare shopping è l’attività più frequente e irrinunciabile del mese di dicembre. Non contenti di questo, astutamente i geni del marketing hanno elaborato una serie di eventi in cui sconti e offerte inondano non solo i centri commerciali, ma anche il cyberspazio. Comprare diventa un obbligo, e guai a chi non lo rispetta. In fondo Natale riguarda i regali, giusto?

È vero che il Natale merita una celebrazione speciale e che un regalo simboleggia in qualche modo l’affetto e la considerazione che abbiamo l’uno per l’altro, soprattutto in famiglia, ma nello shopping sfrenato dimentichiamo il dono più grande, quello che non si compra, e anche che questo dono, il nostro Salvatore, è venuto al mondo nel modo più semplice e povero possibile. È nato in una mangiatoia, tra animali, erba secca e sporcizia. Il tesoro più grande che ha avuto (e che ha donato) è stato l’amore. Prima che inizi tutta questa follia, quindi, fermiamoci un momento a pensare a questo. È vero che si tratta di un periodo liturgico che merita un’attenzione e una celebrazione speciali, ma bisogna ricordare chi non ha nulla ed esercitarsi nell’amore. Non abbiamo bisogno di comprare tante cose! Vediamo se questo Natale diventeremo creativi e regaleremo qualcosa che il denaro non può comprare.

2. Eventi, eventi e ancora eventi

Inizia dicembre, e il calendario sembra sul punto di esplodere da un momento all’altro. Dalle riunioni di fine anno al lavoro o a scuola allo scambio di regali con gli amici, le cene di solidarietà, le campagne natalizie, l’accensione delle candele dell’Avvento e magari anche qualche compleanno… Avremmo bisogno di giornate di 48 ore! La pianificazione della cena, le eterne discussioni sul fatto che quest’anno tocchi alla tua famiglia o alla mia…

La liturgia ci ricorda che l’Avvento è un periodo di attesa. Arriva qualcuno. Quando aspettiamo una persona, dobbiamo prepararci in modo adeguato, ancor di più se stiamo parlando di Cristo. Come posso prepararmi in questo periodo e fare un po’ di pausa, di preghiera, se non ho neanche tempo per me stesso? Fare un esercizio di temperanza e imparare a dire di no saranno i nostri migliori alleati. Non dobbiamo partecipare per forza a tutti gli eventi, né saltare da una parte all’altra. E se invitassimo i nostri amici ad accendere una candela d’Avvento e ci concentrassimo su questo momento? E se lasciassimo del tempo per la famiglia e contagiassimo tutti con quell’amore? Non succede niente se perdiamo qualche riunione e usiamo invece quel tempo per prepararci per Dio.

3. Più grande è il regalo, meglio è?

Un’altra fonte di angoscia per molti sono le dimensioni dei regali, e mi riferisco non solo all’aspetto fisico, ma anche alla quantità di zeri del loro prezzo. Sembrerebbe che più è grande il regalo meglio è, come se la misura del mio amore fosse la quantità di denaro che spendo per la persona amata.

È vero che quando amiamo, quando qualcuno è importante per noi, vogliamo dargli il meglio che possiamo, e in questo senso si può intendere la questione del regalo costoso, ma non di rado ci concentriamo solo sulle dimensioni del regalo e sul fare bella figura, e non sulla persona a cui lo offriamo. Arriviamo a indebitarci e a crearci grandi problemi che alla fine influiscono su tutti. Sembrerebbe che valorizziamo più come appariamo agli occhi dell’altro che il bene e la bontà che il regalo contiene, e iniziamo a valorizzare l’amore che ci viene dato in base alle dimensioni del regalo, finendo per esigere anziché accettare quello che l’altro può darci.

E se anziché cose materiali regalassimo esperienze d’amore? Cose che abbiamo fatto noi stessi pensando all’altro? E se donassimo il nostro tempo, parole gentili, quell’aiuto concreto che ci è stato chiesto tempo fa? E se non avessimo aspettative e fossimo disposti ad accettare sinceramente l’amore dell’altro? A volte svuotiamo non solo il portafogli, ma anche un cuore, che desidera soprattutto affetto. Il regalo più bello siete voi stessi.

4. Lo spirito antinatalizio

C’è anche l’altra faccia della moneta. Come risposta a tutta questa frenesia, che molti considerano quasi priva di senso cristiano, non manca chi oppone resistenza a qualsiasi tipo di celebrazione, influendo su di essa con il suo atteggiamento e il suo malumore minacciando di non partecipare alla cena familiare, di passare la sera da solo a casa o di partire per qualche posto remoto per non essere disturbato. Si può comprendere il fastidio per le celebrazioni esagerate e la perdita di senso, ma bisogna capire che questo atteggiamento di rabbia e amarezza racchiude in qualche modo dell’egoismo, perché ci si concentra solo su ciò che si vuole e si spera.

Con la sua nascita, Gesù ci offre il regalo più grande, la vita stessa. Come possiamo rifiutarci di celebrarla con la nostra presenza insieme alle persone che ci amano di più? Se le feste natalizie sono diventate un vero tormento, aiutate a trovarne il senso. Non contribuite con un atteggiamento di solitudine e divisione. Piuttosto parlate e ricordate con affetto e rispetto quello che dobbiamo celebrare in queste feste, e contribuite a realizzarlo. Imparate a gestire le vostre emozioni e contribuite a costruire un ambiente di unione nella vostra famiglia.

5. La nostalgia che ci coglie di sorpresa

Un altro atteggiamento frequente e spesso incontrollabile è la nostalgia costante durante le feste. Il Natale è diventato il simbolo dell’unione familiare. Ricordiamo la nostra infanzia, quei bei tempi in cui condividevamo tutto con persone che non ci sono più. Ricordiamo l’affetto dei nostri genitori, la speranza per i regali, i bambini che giocavano con noi, la fantasia di quel periodo e tante altre cose che non torneranno più. Ricordiamo chi se n’è andato, e compaiono nostalgia e tristezza. Sembrerebbe una cosa incontrollabile. Chi si trova in situazioni difficili di povertà e abbandono sembra sentirsi ancor più povero e abbandonato. Cosa possiamo fare di fronte a questo?

Papa Francesco ci ha detto che la gioia del cristiano è fondamentale, e credo che sia giusto che quando appare la nostalgia si debba usare urgentemente la gioia. Se siamo tristi e nostalgici, guardiamo quel bambino nella mangiatoia che ci ha portato la gioia della vita eterna, della promessa di riunirci con tutti coloro che se ne sono già andati. Impariamo a vivere il presente e ad affrontarlo con chi è al nostro fianco. Portiamo la buona novella a chi soffre, consoliamo e accompagniamo chi è solo. A volte l’antidoto migliore per vincere la tristezza è uscire da se stessi e prendersi cura degli altri.

6. Nulla sarà abbastanza buono

Il perfezionismo a Natale cresce a una velocità incredibile. Le decorazioni devono essere impeccabili, le più ammirate, la cena la più deliziosa e impressionante, gli abiti, la musica… dev’essere tutto di prima categoria, e quando ci accorgiamo del minimo dettaglio che non va, tutto lo sforzo e l’amore che abbiamo messo in ciò che facciamo viene gettato alle ortiche. Guai a chi tocca la cioccolata prima che sia stato dato il permesso di servirsi, o se il bambino ha sporcato il vestito che si è ottenuto con tanto sforzo, per non parlare del caso in cui il vicino abbia decorazioni più belle…

Ricordiamo che la semplicità e l’umiltà sono state le caratteristiche della nascita di Cristo, e che l’amore, la tenerezza e il calore sono stati i suoi primi ornamenti. La natura intera si è commossa di fronte a un evento di questo tipo. Non esisterà mai una celebrazione sulla Terra che sia all’atezza del nostro Salvatore, e tuttavia Dio si commuove per quei dettagli che nascono dal cuore che ama. Dio non cerca la perfezione, ma che amiamo in modo sincero.

7. Alla fin fine, ciò che conta è che la foto venga bene

Tra gli ornamenti, la decorazione perfetta, la bella tavola, gli abiti adeguati e le foto perfette, alla fine sembra che valga più come si appare che ciò che si prova. E quale luogo migliore per esporre tanta bellezza delle reti sociali? Il Natale diventa uno spettacolo, e dimentichiamo il bambino nella mangiatoia, e se appare sarà sicuramente come sfondo di un selfie

Le reti sociali non sono negative in sé, ma comportano un grande rischio, che è quello di vivere di apparenze, di creare false immagini e fingere di essere ciò che non si è. In questa bella celebrazione, spesso si passa più tempo aggrappati al cellulare scattando mille fotografie che condividendo in famiglia, guardandosi negli occhi e festeggiando il più bel regalo che si possa ricevere. Ricordate che il Natale non riguarda le apparenze, né chi viene meglio in foto, ma riguarda l’amore più autentico che possa esistere. Mettete da parte il cellulare e condividete l’amore con chi apprezzate di più. Siate voi stessi, e la vostra vita non sia uno stato di Facebook.

Qu l’articolo originale di Catholic Link

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