Tutti si commuovono per il trailer del nuovo live action della Disney; sì, nel regno della fantasia stiamo tutti col più debole e deforme e non lo toglieremmo mai all'abbraccio della mamma
Benvenuto, piccolo Dumbo, siamo una famiglia qui anche per i più piccoli.
Sono queste le prime parole del trailer che annuncia l’uscita, a marzo 2019, del live action diretto da Tim Burton e dedicato all’elefantino con le orecchie enormi. Il cartone originale del 1941 rimane un pilastro dell’immaginario collettivo, io stessa non so dipanare bene le emozioni che riaffiorano pensando a quando vidi la sua storia sul grande schermo. So che pescava a fondo, parlandomi della mia unicità imperfetta e anche faceva tremare, mettendo nell’orizzonte delle possibilità la paura di essere strappati alla propria madre.
Solo ieri scrivevo dei gongolamenti della scienza, perché si riescono a creare in laboratorio bambini perfettamente sani, e degli entusiasmi per famiglie sempre più liquide composte da solo mamme o solo papà; e poi oggi leggo che il mondo intero si commuove per le immagini in anteprima di Dumbo: che parla di esseri viventi nati difettosi, dei soprusi dei grandi sui piccoli, del valore della famiglia, dell’avventura di riportare un cucciolo alla sua mamma. Forse, allora, queste verità possiamo dirle solo nelle favole.
Dai due minuti e poco più di anteprima si intuisce che – come c’era da aspettarsi – il centro della storia del piccolo elefantino è il circo di cui fa parte. Ma l’occhio di Tim Burton inquadra la scena dal punto di vista che preferisce, quello dei bambini, cioè quello dei piccoli e dei meno visibili.
Il film torna a raccontare la storia di Holt (Colin Farrell), un tempo artista del circo che, dopo aver combattuto in guerra, torna a casa profondamente cambiato. Il proprietario del circo, Max Medici (Danny DeVito) lo ingaggia per prendersi cura di Dumbo, un cucciolo di elefante con due orecchie enormi che lo rendono lo zimbello dello staff del circo. Ma quando i figli di Holt scoprono che Dumbo è in grado di volare, l’imprenditore dalla lingua biforcuta V.A. Vandevere (Michael Keaton) e l’acrobata Colette Marchant (Eva Green) faranno dell’elefantino indifeso una star. (da MyMovies)
Nonostante Tim Burton sia dichiarato maestro del surreale e anche dell’horror, ho sempre pensato che il suo tarlo sia la grande bugia che può essere la realtà. Edward Mani di Forbice è senz’altro un personaggio fantastico, ma quanto è reale l’emarginazione e lo sfruttamento che si riserva a chi nasce con una malformazione? Cresciuto nella periferia americana normale e tranquilla, Burton ha intuito che proprio dietro le maschere del quieto vivere si possono nascondere i mostri più tremendi. Molto indifferente al divino, ha mostrato il lato surreale e macabro di una società fondata sull’illusione, sul perbenismo di facciata, sull’inconsistenza dei rapporti umani.