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I segreti (svelati) del Sagrestano

Ekumeniczna Liturgia Męczenników

Wspólnota Sant'Egidio Warszawa/Facebook

Miguel Cuartero Samperi - pubblicato il 12/11/18

Un imperdibile manualetto dedicato ai custodi delle “cose sacre”

Ogni sagrestano (o sacrista) ha i suoi segreti. Custode dei luoghi e degli oggetti più sacri di ogni parrocchia, il sagrestano si aggira per la chiesa con la sicurezza e l’autorità di chi si sposta da una stanza all’altra della sua casa, tenendo sotto controllo ogni cosa, vigilando su chi va e su chi viene, su ciò che entra e ciò che esce, consapevole del suo ruolo di “guardiano” delle cose sacre, come buon servitore del parroco, ma prima di tutto, di Dio padrone di casa, sempre presente e degno del maggiore onore e rispetto. Dietro ogni celebrazione ben riuscita (dal punto di vista liturgico) c’è la mano del sagrestano che provvede all’allestimento della sacrestia, della credenza, dell’ambone e dell’altare. Un servizio prezioso, antico com’è antica la liturgia della Chiesa che da sempre si è servita di uomini dedicati a questo servizio essenziale, discreto, spesso faticoso e poco riconosciuto. Il buon sagrestano, infatti, lavora nell’ombra, si adopera prima e dopo le funzioni liturgiche, durante le liturgie scompare solo apparentemente, perché la sua presenza dietro le quinte è essenziale durante la celebrazione non solo per intervenire in determinati momenti (accendere/spegnere microfoni o luci al tempo opportuno) ma anche in caso di emergenze o intoppi di ogni sorta (se qualcosa non funziona o non si trova…). Spesso considerato secondario rispetto ai carismi o ministeri più blasonati ed di ruolo liturgico (basti pensare ai canto, ai lettori o agli accoliti), il sagrestano ricopre un ruolo prezioso, per questo un buon sagrestano, rispettoso, discreto, attento e preciso, ricco di spirito di servizio, è un fiore all’occhiello per una parrocchia e il suo parroco.

Il sagrestano sa bene cosa fa!

Ma se è vero che ogni mestiere, ogni categoria ha il suo punto debole (nel senso di debolezza, tendenza a un certo vizio o peccato di… categoria), si può ben pensare che i sacrestani corrano il rischio di diventare, da “custodi”, “padroni” delle “proprie” sacrestie. In questo senso un sagrestano indomito, incapace di riconoscere i propri errori o di correggere storpiature di mestiere sedimentate negli anni per incuria o per provenienza da tradizioni diverse (in questo senso ogni parrocchia ha una sua tradizione), può diventare causa di forti mal di testa per un parroco. In fondo ogni sagrestano sa bene cosa fa, e difficilmente darà retta a chi, venendo da fuori – a meno che non si tratti del Prefetto della Casa Pontificia o del Maestro delle Celebrazioni Liturgiche di Sua Santità –, le dica cosa fare o non fare nella “sua” Sagrestia. D’altronde, nessuno di noi ascolterebbe di buon grado chi venisse a dettar legge a casa nostra. Ma se di custodi stiamo parlando (e non di padroni di beni acquisiti) sarà cosa buona (e giusta) apprendere l’arte di correggersi e migliorarsi, anche a costo di vedersi costretti a modificare alcune cose che… “si è sempre fatto così”.

Per questo crediamo che pubblicare un “Manuale” per Sacrestani sia, sì un servizio alle parrocchie, ma anche un atto di coraggio nel voler insegnare l’arte del sagrestano e di offrire a chi svolge questo servizio una guida precisa per non sbagliarsi (più).

Il manuale del sacrista per la dignità del culto cattolico

Sta trovando un discreto successo una delle ultime pubblicazioni dell’editore francescano TAU. Si tratta di un libretto tascabile (formato 11 x 16,5 cm) di 62 pagine intitolato “Manuale del Sacrista. Come rendere vivo e dignitoso il culto cattolico” scritto da don Alessandro Fortunati, sacerdote della diocesi di Orvieto-Todi dove svolge mansioni di parroco e Vicario Episcopale per la Cultura e la Liturgia oltre che assistente dell’Azione Cattolica diocesana.

A dire il vero il Manuale non è nuovo, ma è la seconda edizione di un libro uscito 5 anni fa e riproposto ora – rivisto e corretto – con una nuova veste grafica «improntata a nobile semplicità»: una copertina elegante ed estremamente sobria che le conferisce un aspetto di guida liturgica o rituale, un particolare che lo rende ancora più prezioso e appetibile per coloro che per la prima volta vi si imbattono. Inoltre la nuova edizione del Manuale diventa ora il primo volume di una collana (intitolata “Celebrare e/è vivere”) dedicata ai gesti e ai simboli della liturgia romana. Una progetto editoriale che si preannuncia molto interessante e utile a tutti i fedeli per approfondire un argomento troppo spesso considerato esclusivo appannaggio degli “addetti ai lavori” (i chierici e, appunto, i sacrestani). La liturgia romana, infatti (e di questo la Chiesa è stata da sempre consapevole) con le sue immagini, i tempi, i gesti, i simboli, i riti e le preghiere è una catechesi vivente che parla direttamente al cuore dei fedeli, spesso in maniera più eloquente ed efficace di tanti lunghi sermoni e dotte catechesi.

Ma torniamo al nostro Manuale del Sacrista che viene presentato così: «Uno strumento pratico ed agile ad uso dei ministri di culto, dei sacristi e di quanti si occupano della cura dei luoghi di culto e del decoro delle azioni liturgiche. Il testo, che nasce più da una pratica pastorale che da elevate disquisizioni teologiche, è a servizio della Liturgia Latina di Rito Romano». Il linguaggio utilizzato è volutamente semplice e «privo di qualsiasi pretesa teologica». Il fine è pratico e non catechetico, basato sull’esperienza, dalla pratica pastorale di un «esercito di sagrestani» ai quali si vuole rivolgere un invito, quello di riprendere «la coscienza di essere custodi della “cose sacre”». L’opuscolo è a sua volta dedicato a tutti «i laici che hanno a cuore il bene della Chiesa e il decoro della casa del Signore».

Allestire una Messa? Mai stato così facile!

L’autore stesso avvisa i lettori che «non è un libretto da leggere, ma da consultare». I brevi capitoli elencano con estrema precisione ed in maniera didascalica ciò che il sagrestano deve preparare per lo svolgimento di ogni celebrazione, a seconda delle esigenze particolari dei ogni rito: Messa (feriale, festiva o solenne), Adorazione Eucaristia, Battesimo, Cresima, Matrimonio, Unzione degli Infermi, Funerale… Ad ogni celebrazione corrispondono appositi oggetti liturgici, libri e rituali così come determinati paramenti del colore liturgico adatto al tempo o alla specifica celebrazione. Un capitolo a parte è dedicato all’elenco dei libri liturgici che non devono mancare in ogni sacrestia, dal Messale Romano ai diversi rituali fino alla collezione di Lezionari contenenti le letture per l’Eucaristia.

Ai lettori – specialmente a coloro di una certa età ed esperienza – sembrerà di fare un tuffo nel passato ritrovando nomi di oggetti o paramenti che i fedeli più giovani confonderebbero facilmente con pezzi d’antiquariato degni di una collezione speciale dei Musei Vaticani: galloni, pianete, piviali o veli omerali, dalmatiche, amitti, cingoli, cotte e rocchetti, talari, palle e manutergi…

Ordine, cura e pulizia!

Un aspetto particolarmente importante del Manuale è quello della cura e della pulizia dei luoghi e degli oggetti sacri. Questo non per manie di perfezionismo o perché soffriamo della sindrome dell’ottima massaia, sempre desiderosa di dimostrare la sua capacità di far splendere la casa, ma per l’onore dovuto ai luoghi e agli oggetti (paramenti, vasi e arredi sacri) di cui ci si sta occupando. Se tanto desideriamo tenere in ordine le nostre case, pulite e decorose, tanto più la casa di Dio dovrà essere splendente, accogliente, ripulita da ogni tipo di sozzura e trasandatezza. Sta ai sacrestani vigilare su questo aspetto, e l’autore del Manuale chiede una particolare attenzione ai dettagli (cfr. cap. 13: Cura e pulizia degli ambienti) perché «L’igiene nei luoghi di culto sia il primo segno di attenzione nei confronti dei misteri che vi si celebrano e delle persone che vi si riuniscono». Si può affermare con certezza che mentre il sagrestano pulisce e spolvera la Sacrestia o la Chiesa, sta onorando i due comandamenti più grandi, trasmessi da Gesù e contenuti nella preghiera dello Shemá Israel: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza […]. Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mc 12,30-31). Il pavimento della Chiesa «si lavi e si spazzi ogni settimana»; la sacrestia «sia sempre in perfetto ordine»; gli armadi e i cassetti «si svuotino una volta l’anno». Così i libri liturgici «siano integri in tutte le loro parti»; le vesti lavate, stirate, conservate «con somma cura»; le tovaglie «si cambino spesso e non quando risultino sporche», i vasi sacri «lavati almeno una volta al mese», gli addobbi floreali adeguati e sobri. Basti, per il tutto, ciò che si dice per la tovaglia dell’altare: «Un altare con la tovaglia sordida è una cosa indecente dal punto di vista igienico e segno di grave mancanza di rispetto verso l’Eucaristia che vi si celebra».

Ma non staremo esagerando un tantino?

La lettura (sconsigliata) tutta d’un fiato del Manuale del sacrista può lasciare una brutta impressione. Non solo sulla durezza del vivere del sagrestano (Tra l’altro non si dimentichi che è di servizio ogni domenica, anche – e soprattutto – a Pasqua e a Natale!), ma si può aver facilmente l’impressione di essere di fronte a un delirio di perfezionismo, non solo inarrivabile, ma anche inutile e fine a se stesso. A prima vista, curare nei minimi dettagli la pulizia e l’ordine della Chiesa può sembrare roba da narcisisti, un’ossessione nevrotica o una deformazione spirituale. Qui risponde l’autore offrendo ai lettori le radici bibliche della cura che merita il culto liturgico, lo fa citando due passaggi dei Vangeli. La donna che, prostratasi ai piedi di Gesù, ruppe il prezioso vaso di alabastro per ungere il Maestro, causò l’immediata indignazione dei presenti che infuriati contro di lei pensarono ai soldi che avrebbero potuto guadagnare risparmiando quel profumo, soldi da spendere per i poveri, una causa più che giusta. Gesù diede ragione alla donna assicurando – addirittura – che si sarebbe parlato per sempre di lei in tutto il mondo! Il secondo brano evangelico è quello in cui Gesù invia i discepoli a “preparare la Pasqua”, inviando i discepoli da un uomo che mostrerà loro una sala già pronta ed allestita per la celebrazione, dove preparare la cena. Queste pericopi sono i fondamenti evangelici del ministero del sagrestano. Non si tratta di «mera attenzione museale» ma di un «segno di venerazione verso Dio e di accoglienza verso l’uomo che, nella divina liturgia, diventa partecipe e conforme ai gesti e alle parole di Cristo stesso». In un’epoca in cui «tutto è relativo» la cura dei luoghi sacri e della liturgia «fa rinascere la cultura della presenza di Dio» in mezzo agli uomini.

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