Attenzione a come vestite, al modo in cui scandite il discorso e ai "segnali" che vi lancia il pubblico. Che sia una omelia o una conferenza, evitate errori grossolani!
Una serie di utili suggerimenti per essere buoni oratori in parrocchia. Che siate un sacerdote o un laico, l’importante è evitare errori banali e stimolare alcuni metodi anti-noia.
In“Poche chiacchiere! (Collana I PRATICI ELLEDICI)”Giorgio Agagliati ci dispensa questi consigli. La premessa è incoraggiante: non è necessario frequentare corsi di dizione per tenere una conferenza o un’omelia. Il criterio-guida è il realismo: «Non siamo e non diventeremo attori, siamo operatori della pastorale che puntano all’efficacia della propria comunicazione sapendo che non è un accessorio, ma parte integrante del nostro servizio».
1) Il look

Il modo di presentarsi di fronte a un pubblico dice molto di noi, e lo dice a prescindere dalle nostre intenzioni. Siamo liberi di scegliere il look che più sentiamo adeguato, ma ricordando che in qualche modo influenzerà la pre- disposizione dell’uditorio prima ancora che apriamo bocca.
Capelli: come voglio, ma puliti e ordinati. Se un uomo porta la barba, che non sia incolta.
Abbigliamento: ci sono canoni non scritti che consigliano di orientarsi o verso un modo di vestire coerente con la situazione e l’ambiente sociale che incontreremo, o di essere decisamente alternativi ad esso.
Chi porta un abito religioso e chi sale all’altare, quindi indossa le vesti liturgiche, non ha il problema della scelta dei capi da indossare, ma deve badare che tutto sia a posto: il diavolo si annida nei dettagli, non è un caso e non è per vanità se nelle sacrestie c’è quasi sempre uno specchio a grandezza naturale.
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2) La voce

La voce non si può cambiare, ma si può usare al meglio delle sue caratteristiche. Per farlo bisogna conoscere bene la propria voce, e questa conoscenza non si può basare sul fatto che mentre parliamo ci sentiamo, perché la nostra voce ci arriva «dall’interno» e la percezione è diversa da quella che ne hanno gli altri. Meglio registrarsi e riascoltarsi: pur tenendo conto delle sia pur piccole variazioni di timbro e frequenza che uno strumento introduce, il feed-back sonoro sarà molto più vicino a ciò che ricevono i nostri ascoltatori.
Se abbiamo una voce grave non tentiamo gli acuti, se è una voce di testa non proviamo a fare i bassi profondi.
La maggior parte di noi ha una cadenza regionale più o meno accentuata. La si può almeno in parte controllare, e nei limiti del possibile è bene farlo quando siamo in un ambiente fonetico diverso dal nostro, ma non ce ne dobbiamo preoccupare particolarmente.
3) I gesti
La gestualità è importantissima, è un vero e proprio linguaggio parallelo al parlato e c’è tra i due una reciproca influenza. La gestualità non può quindi contraddire la locuzione né essere forzata rispetto alla nostra indole. È impossibile proporre un efficace crescendo di voce mantenendo le braccia quasi immobili, ma non è necessario arrivare ai “mulini a vento”.
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