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Un mondo sempre più ricco

American dollars bank note in hand , Businesswoman hands counting money , Copy space , Business and Income concept.

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Paul De Maeyer - pubblicato il 29/10/18

Lo suggerisce il “Global Wealth Report 2018” pubblicato dal gruppo Crédit Suisse

La nota società di servizi finanziari Crédit Suisse (o anche Credit Suisse Group AG) ha pubblicato il 18 ottobre scorso il Global Wealth Report 2018, giunto ormai alla sua nona edizione.

Il rapporto elaborato dal Research Institute del gruppo con sede a Zurigo, Svizzera, evidenzia che il mondo diventa sempre più ricco (e questo nonostante la persistente povertà, anche estrema, in alcune parti del globo).

Dal documento emerge infatti che nell’arco del periodo dei dodici mesi che si sono conclusi nel giugno scorso, la ricchezza globale aggregata è cresciuta di 14 trilioni di dollari (vale a dire 14mila miliardi di dollari) o del 4,6%, per raggiungere poi quota 317 trilioni di dollari (ossia 317mila miliardi di dollari).   

Questo tasso di crescita, che è stato inferiore a quello registrato nel corso dell’anno civile 2017 ma comunque superiore al tasso di crescita medio nel periodo post-2008 (cioè gli anni successivi alla crisi finanziaria scoppiata nell’estate 2007 negli USA), ha superato la crescita della popolazione e ha spinto inoltre del 3,2% la ricchezza media per adulto, fino al livello record di 63.100 dollari.

Vincitori e perdenti

Negli sviluppi soprammenzionati ci sono stati “vincitori e perdenti”, scrive il rapporto di Crédit Suisse. Tra i vincitori spiccano soprattutto gli Stati Uniti, che hanno saputo continuare la loro fase di crescita post-crisi finanziaria – gli autori parlano persino di unbroken spell, cioè “ininterrotto incantesimo” -, contribuendo in totale con 6,3 trilioni di dollari alla ricchezza globale. Al secondo posto si colloca poi la Cina, che con un aumento di 2,3 trilioni di dollari ha spiazzato un altro colosso asiatico, cioè il Giappone.

La ricchezza complessiva degli USA ha raggiunto a metà 2018 quota 98 trilioni di dollari, vale a dire 98mila miliardi di dollari. Il patrimonio aggregato della Cina invece viene stimato a 52 trilioni di dollari. Secondo le proiezioni, la ricchezza della Cina è destinata a crescere di altri 23 trilioni di dollari entro il 2023, il che implica che la quota di partecipazione del gigante asiatico alla ricchezza globale supererà il 19%, cioè un quinto. La Cina ospita del resto anche un quinto della popolazione mondiale.

Mentre l’Europa nel suo insieme (cioè incluse grandi economie come quella tedesca, francese, italiana e britannica) ha contribuito con 4,4 trilioni all’aumento della ricchezza a livello globale, sorprendono (ma solo fino ad un certo punto) per quanto riguarda la graduatoria della ricchezza per adulto alcuni Paesi piccoli, europei e non, che appaiono nella top ten.

A guidare la classifica delle Nazioni con una ricchezza per adulto superiore ai 100.000 dollari sono Svizzera (530.240 USD), Australia (411.060 USD) e gli USA (403.970 USD). Seguono Belgio (313.050 USD), Norvegia (291.100 USD) e Nuova Zelanda (289.800 USD). A chiudere infine la top ten sono Canada (288.260 USD), Danimarca (286.710 USD), Singapore (283.260 USD) e Francia (280.580 USD).

Secondo Crédit Suisse, a livello globale il più grande perdente è stato il Brasile. Invece di crescere, la ricchezza complessiva della più grande economia del Sud America ha fatto registrare un meno di 378 miliardi di dollari, un fenomeno dovuto soprattutto alla svalutazione della sua moneta, il real, nei confronti del dollaro USA. Perdite importanti sono state registrate anche in Turchia (−190 miliardi di dollari) e nella seconda economia sudamericana (in termini di PIL), cioè Argentina, la cui ricchezza è scesa di 130 miliardi di dollari.

Ricchi…

Per quanto riguarda la distribuzione della ricchezza, il rapporto segnala che in Africa e India più di nove adulti su dieci, rispettivamente il 93% e il 91%, possiedono meno di 10.000 dollari. Nella regione Asia-Pacifico e in America Latina questa proporzione scende rispettivamente al 73% e al 71%. In Cina, Europa e Nord America, la quota è rispettivamente del 33%, del 43% e del 28%. Al contrario, poco più di un quarto (cioè il 26%) degli adulti in Europa e più di quattro nordamericani su dieci (il 42%) hanno una ricchezza superiore ai 100.000 dollari.

Se da un lato c’è quindi una fetta grandissima della popolazione mondiale la cui  ricchezza non arriva a 10.000 dollari, dall’altro ci sono le categorie dei ricchi e dei super-ricchi. Si tratta di quelle persone che dispongono di una ricchezza che va da un milione a 50 milioni di dollari, cioè le persone “con elevato patrimonio netto”(high net worth o HNW), e di quelle che hanno una disponibilità al di sopra dei 50 milioni di dollari, cioè le persone ultra-high net worth (UHNW).

Secondo gli autori del Global Wealth Report, il globo contava a fine giugno ben 42 milioni di persone appartenenti alla categoria HNW, di cui la grande maggioranza (37,1 milioni di persone) con un patrimonio da 1 a 5 milioni di dollari. 3,3 milioni di adulti invece hanno un patrimonio che va da 5 a 10 milioni di dollari, e infine 1,6 milioni dispongono di cifre dai 10 ai 50 milioni di dollari. La fetta più grande di persone HNW abita in Nord America, il cui numero supera “in modo significativo” quello dei ricchi in Europa. L’8% dei ricchi abita invece in Cina e solo il 2% in America Latina, Africa e India.

… e super-ricchi

Per quanto riguarda i super-ricchi o persone UHNW, il loro numero era di 149.890 adulti, di cui un terzo circa, 50.230, disponeva di un patrimonio di almeno 100 milioni di dollari, e 4.390 avevano più di 500 milioni di dollari a disposizione. Con 70.540 di persone UHNW (ossia il 47% o quasi la metà), gli USA ospitano la più alta percentuale di ultra-ricchi.

Al secondo posto troviamo la Cina con 16.510 persone UHNW (l’11%) e poi al terzo posto la Germania con 6.320 (−710) di ultra-ricchi, così segnala il rapporto. Il Regno Unito vanta invece 4.670 “ultra-Paperoni” (+400), mentre il Giappone ne conta 3.580, +100). A completare questa top ten sono India (3.400), Italia (3.220), Francia (3.040), Canada (3.,010) e infine Australia (2.910).

A riassumere la situazione in America Latina è il sito BBC Mundoin un articolo del 22 ottobre. Mentre la regione conta 458.443 di ricchi o persone HNW, i super-ricchi latinoamericani sono 1.782, di cui 161 “Paperon de’ Paperoni” con un patrimonio di oltre mezzo miliardo di dollari. La Nazione latinoamericana con il più alto numero di ricchi e di super-ricchi è il Brasile: rispettivamente 134.031 e 659. Seguono poi il Messico (95.423 e 435) e il Cile (59.023 e 202).

Donne e ricchezza

Per chiudere in bellezza, il nuovo rapporto del Credit Suisse Research Institute si è soffermato – si tratta di una prima – anche sul tema delle donne e la ricchezza. Dai dati contenuti nel documento emerge ad esempio che la quota di ricchezza in mano a donne è salita oggi al 40% circa della ricchezza totale.

In Europa e Nord America le donne partecipano “probabilmente” per il 40-45% alla ricchezza, così ritengono gli autori del rapporto, i quali ricordano che le due regioni contano solo il 17% circa della popolazione adulta mondiale, ma rappresentano insieme quasi due terzi, ossia il 61%, della ricchezza globale.

In Cina la proporzione di ricchezza in mano a donne è inferiore, ma comunque significativa: oscilla tra il 30 e il 40% secondo il rapporto, che fa riferimento alla classifica annuale stilata dalla rivista Hurun. Secondo il Hurun Report, più di due terzi (il 78%) delle miliardarie self-made sono cinesi. Anche la miliardaria self-made più ricca al mondo è cinese: si tratta della fondatrice e CEO della società produttrice di touch-screen Lens Technology, Zhou Qunfei, con un patrimonio di 10 miliardi di dollari.

Per quanto riguarda il resto del globo, in America Latina la proporzione dovrebbe essere pari a quella avanzata per la Cina, cioè dal 30 al 40%. Invece nella regione Asia-Pacifico, escludendo Cina e India, la quota è stimata tra il 25 e il 35%. Infine in Africa e India la quota di partecipazione femminile alla ricchezza è la più bassa: dal 20 al 30%, secondo il rapporto di Crédit Suisse.

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