Gesù smentì i farisei
Pertanto non solo la tragedia greca, ma anche il Vangelo viene in nostro aiuto. Gesù lo sapeva bene che il cuore dei farisei non era più vero di quello di un pubblicano o di una prostituta. E sapeva bene che la testimonianza della propria vita fa venir voglia agli altri di vivere sul serio, li stimola e li può cambiare.
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Come quando guardiamo un film che ci ispira ad essere migliori, ad indagare un aspetto della vita, oppure un discorso di un amico o di un padre che ci indirizzano a cambiare rotta. I santi stessi non erano proprio bravissimi sin dalla nascita, non erano “un pacchetto bravura e santità” di default e non erano persone sempre “bianche”. Persone che vivono il bianco e il nero della vita con la stessa intensità e con la stessa luce che naturalmente irradia tutti e tutto ciò che li circonda, ecco i santi. Allora sì che per loro non era importante tanto se la realtà fosse bianca o nera, ma piuttosto come viveno all’interno delle sfumature della loro vita.

Ci fa paura però, perché ammettere che niente è bianco o nero abbatte con forza le mura di sicurezza entro le quali viviamo. Ammettere l’esistenza di più sfumature significa ammettere di avere delle responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Ma è così che si scopre ciò che abbiamo dentro il nostro cuore. I Greci l’avevano capito bene, andare a teatro era un processo di catarsi, non un semplice svago. Era un momento per affrontare ciò che non sempre nella vita di tutti i giorni troviamo facile tirare fuori. E anche se fa male scavare dentro perché si ha paura del vuoto che si può trovare, non è vero che ciò che rimane nel fondo è il nulla assoluto. Scavando non rimane il nulla, ma forse la parte più vera di noi. Vivere la tragicità della vita significa vivere il reale e non nascondersi nella finzione.
Ciò che è bello o brutto attende solo di essere svelato e vissuto.