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Fuggire dalla Siria per gridare al mondo la lezione di questa guerra

NOUR ESSA
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Silvia Costantini - pubblicato il 15/10/18
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Testimonianza della rifugiata Nour Essa nell’incontro “Ponti di Pace”, della comunità di Sant’Egidio a BolognaLe mille sfumature della parola pace hanno preso  vita a Bologna, nella 32esima edizione dell’Incontro internazionale “Ponti di Pace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e a cui hanno aderito moltissime autorità religiose, da tutto il mondo.

Testimone d’eccezione, Nour Essa, rifugiata siriana in Italia da tre anni, scappata agli orrori della guerra, insieme alla sua famiglia. Ecco la sua testimonianza:

La fuga dalla Siria: un viaggio lungo e complicato

“Sono scappata dal mio Paese tre anni fa con mio marito e il mio bambino, Riad. Mio marito era stato chiamato per il servizio militare, ma lui e io non volevamo uccidere i nostri fratelli. Per 4 mesi abbiamo attraversato una buona parte della Siria, poi la Turchia e la Grecia. Durante il viaggio siamo passati per le mani di una serie di trafficanti, sia dei ribelli che dell’Isis e anche del regime siriano. Infine, siamo arrivati all’isola di Lesbo, e qui abbiamo dovuto pagare 5000 dollari, per un passaggio in mare”.

Con la paura negli occhi e la speranza di ricominciare

“Abbiamo affrontato quel terribile viaggio in mare dalla Turchia in Grecia e per tre volte siamo stati riportati in Turchia dalla Guardia Costiera, una volta siamo finiti in mare, ero molto preoccupata per mio figlio che aveva appena un anno e mezzo”.     

La nostra salvezza, grazie a Papa Francesco

“Per me e la mia famiglia la vita è cambiata il 16 aprile 2016, quando Papa Francesco ci ha portati in Italia con il suo aereo da Lesbo con altre due famiglie di profughi. Ci ha salvato: ringrazio il Papa per il suo gesto di amore. Siamo stati accolti grazie alla Comunità di Sant’Egidio che attraverso i Corridoi Umanitari è riuscita a salvare tante famiglie, bambini, uomini, donne, più di 1700 rifugiati. Oggi, siamo a Roma, siamo ben inseriti, io e mio marito lavoriamo e studiamo per fare riconoscere le nostre lauree. Siamo contenti. Ma, il cuore è ancora nella nostra terra”.

La guerra rovina l’anima di un popolo

“Quando è scoppiata la guerra mi sono resa conto che tutti cominciamo a guardare male gli altri. Prima che scoppiasse questo conflitto, la Siria era un simbolo di convivenza nella pace. Io avevi amici cristiani, drusi, alawiti. Festeggiavamo il Natale e l’Eid, la festa islamica, tutti insieme.

Quando è iniziata la guerra abbiamo pensato che fosse una cosa momentanea, che non durasse, ma poi ha preso una città, poi un’altra. Noi siamo scappati molto tardi, era già il 2016, abbiamo resistito con mio marito non volevamo lasciare la Siria, la nostra casa, i nostri lavori, la nostra vita, i nostri affetti”.

“La guerra ha cambiato tutto. È cominciata 8 anni fa: più di 500 mila morti e 6 milioni e trecentomila profughi fuori dalla Siria e altrettanti sfollati interni. Ora la Siria è distrutta”.

La sofferenza di un popolo

“Oggi, non voglio parlare di politica ma solo della sofferenza del mio popolo. Perché siamo davanti a una situazione opaca nella quale è difficile discernere chi ha torto da chi ha ragione”.

“In queste ore la popolazione siriana continua a vivere la sua misera vita sotto i bombardamenti in alcune zone del paese, senza acqua e elettricità. Una popolazione disillusa, tormentata da un doppio sentimento, quello di paura e di rabbia. Una popolazione che, dopo anni di guerra, non vede alcun miglioramento e con poche possibilità di cercare una soluzione, trovare la pace”.

Un grido per la pace

Dall’Incontro internazionale “Ponti di Pace”, Nour Essa lancia un appello “per salvare il nostro popolo, per salvare chi è rimasto”. “La pace non potrà arrivare attraverso l’invio di missili, ma solo attraverso il dialogo. L’uso delle armi non è una soluzione. Prego perché tanti bambini siriani abbiano il diritto di vivere come gli altri bambini nel mondo. Basta con la violenza, basta con la guerra! Solo la pace è santa non la guerra!”.