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Perché i religiosi fanno voto di povertà, castità e obbedienza?

SISTER JOHN MARY

Jill Copeland Photography

Philip Kosloski - pubblicato il 15/10/18

I voti sono intesi non solo come un sacrificio, ma come piena accettazione di una vita dedicata a Dio

Quando gli uomini e le donne vengono accettati in una comunità religiosa, in genere professano tre voti principali di povertà, castità e obbedienza (noti anche come “consigli evangelici”). Di che si tratta?

L’esempio principale di questi voti è stato San Francesco d’Assisi, che ha scritto nella sua Regola:

“La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Frate Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori”.

Da allora, molte altre comunità religiose hanno seguito l’esempio professando voti simili. Una spiegazione esemplare dietro questi voti si ritrova nell’esortazione apostolica Vita Consecrata, di San Giovanni Paolo II:

Ai tre discepoli estasiati giunge l’appello del Padre a mettersi in ascolto di Cristo, a porre in Lui ogni fiducia, a farne il centro della vita. Nella parola che viene dall’alto acquista nuova profondità l’invito col quale Gesù stesso, all’inizio della vita pubblica, li aveva chiamati alla sua sequela, strappandoli alla loro vita ordinaria e accogliendoli nella sua intimità. È proprio da questa speciale grazia di intimità che scaturisce, nella vita consacrata, la possibilità e l’esigenza del dono totale di sé nella professione dei consigli evangelici. Questi, prima e più che una rinuncia, sono una specifica accoglienza del mistero di Cristo, vissuta all’interno della Chiesa. (…) Attraverso la professione dei consigli, infatti, il consacrato non solo fa di Cristo il senso della propria vita, ma si preoccupa di riprodurre in sé, per quanto possibile, ‘la forma di vita, che il Figlio di Dio prese quando venne nel mondo’”.

Povertà

Abbracciando la verginità , egli fa suo l’amore verginale di Cristo e lo confessa al mondo quale Figlio unigenito, uno con il Padre (cfr Gv 10, 30; 14, 11).

Castità

Imitando la sua povertà, lo confessa Figlio che tutto riceve dal Padre e nell’amore tutto gli restituisce (cfr Gv 17, 7.10).

Obbedienza

Aderendo, col sacrificio della propria libertà, al mistero della sua obbedienza filiale, lo confessa infinitamente amato ed amante, come Colui che si compiace solo della volontà del Padre (cfr Gv 4, 34), al quale è perfettamente unito e dal quale in tutto dipende.

Parlando in termini pratici, questi tre consigli permettono a un religioso o a una religiosa una certa libertà per seguire Cristo e proclamarlo a tutti.

Senza alcun possesso, un povero religioso può andare liberamente per il mondo, distaccato da qualsiasi desiderio mondano, e predicare il Vangelo con la propria vita.

Professando un voto di castità, un religioso può dedicare tutta la sua attenzione a Dio, il suo vero “Sposo”. In questo modo prefigura il Paradiso, in cui non ci sarà più matrimonio, ma una profonda unione con Dio e con gli altri (cfr. Matteo 22, 30).

L’obbedienza è un voto che vede la volontà divina nelle azioni del superiore, chiamato ad essere strumento della cura provvidenziale di Dio.

I consigli evangelici sono uno splendido dono ai religiosi, volto ad avvicinarli a Dio e ad aiutarli ad essere autentici testimoni del Vangelo.

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