Santi giovanissimi, attratti come per osmosi dal messaggio di Dio sin da piccoli. Il loro interessante percorso è descritto da Francesco Maria Nocelli in “Giovani campioni – 20 storie di Santi a lieto fine” (edizioni Ares).
Antonietta Meo nasce a Roma il 15 dicembre 1930, quarta figlia di Maria, casalinga, e Michele Meo funzionario alla Presidenza del Consiglio. Il 28 dicembre riceve il battesimo nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Ben presto il suo soprannome sarà “Nennolina”.
La sua famiglia, unita nella fede cristiana, le trasmette, fin da piccolissima, il senso della presenza amorevole di Gesù e di Maria che diventano amici quotidiani. Il papà e la mamma fanno parte dell’Azione cattolica, e a tale associazione sarà iscritta anche Antonietta.
L’osteosarcoma
A soli tre anni, mentre recita le preghiere, un giorno esclama: «Gesù io ti amo tanto, io mi voglio abbandonare nelle tue braccia, fai di me quello che vuoi».
Due anni dopo, durante un gioco all’asilo, inciampa e cade. Antonietta si rialza, ma il trauma subìto dal suo piccolo ginocchio le genera dolore e gonfiore che non passano, anzi cresco- no giorno dopo giorno. Visitata dai dottori, dopo una prima sottovalutazione, si scopre che è affetta da osteosarcoma, un tumore maligno osseo. I medici, per la gravità del caso, sentenziano che deve essere amputata la sua piccola gamba, senza altra possibilità. L’intervento chirurgico viene così eseguito tra lo sgomento e il dolore dei suoi familiari.
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La festa per l’operazione
Antonietta, pur provata, accetta tutto con serenità e grande fede. Addirittura, nella ricorrenza del giorno dell’intervento, chiede che si faccia festa in casa: «Dobbiamo festeggiare l’anniversario dell’amputazione della gamba, perché io l’ho donata a Gesù». Alla zia, addolorata e commossa nell’ascoltare la richiesta, ribadisce: «Io non ho perso una gamba, l’ho regalata a Gesù!». La maturità spirituale di Nennolina è incredibile e lascia senza parole.
Fin dai cinque anni inizia a scrivere letterine e messaggi a Gesù e alla Madonna; prima dettandole alla mamma, poi scrivendole di suo pugno. Le letterine (che lei chiama «poesie») vengono infilate di sera sotto una piccola statua di Gesù perché poi Lui «le possa leggere».
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Il dialogo con Gesù
Dalla loro lettura appare una straordinaria immedesimazione mistica con le sofferenze della Passione; ogni situazione della giornata è illuminata alla luce del mistero della Croce. Il dialogo con Gesù è straordinario per maturità e confidenza. Prega per il papà e la mamma, per i suoi cari, per i peccatori e i lontani, per il Papa e la Chiesa, per la conversione del mondo intero, offrendo sempre la sua condizione di dolore e di limite.
Ringrazia Gesù e a Lui dona tutto. Invoca Maria e spesso le chiede di trasmettere al Figlio le sue richieste. Uno straordinario insegnamento per piccoli e grandi, attualissimo.
“Madonnina tu sei buona…”
Nella prima letterina del 15 settembre 1936 così fa scrivere (è la mamma che, a volte, cura la stesura sotto dettatura): «Caro Gesù, oggi vado a spasso e vado dalle mie suore e gli dico che voglio fare la prima Comunione a Natale. Gesù vieni presto nel mio Cuore che io ti stringerò forte forte e ti bacerò. o Gesù, voglio che tu resti sempre nel mio cuore». Nei giorni seguenti: «Madonnina Tu sei buona. Scendi sopra di noi e benediteci. Prendi il mio cuore e portalo a Gesù… oh, Madonnina, Tu sei la stella del nostro cuore. Antonietta».
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La prima Comunione
Nennolina riceve effettivamente la prima Comunione la notte di Natale dell’anno 1936. Dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, nonostante l’apparecchio ortopedico le provochi sofferenza, alla fine della Messa rimane per più di un’ora in ginocchio, ferma, con le mani unite, per ringraziare Gesù presente nel suo cuore.
Il giorno precedente così scriveva: «Caro Gesù, domani sarai nel mio cuore, fai conto che la mia anima fosse una mela. E come nella mela ci stanno i semi, dentro all’anima mia fai che ci sia un armadietto. E, come sotto la buccia nera dei semi ci sta dentro il seme bianco, così fa che dentro l’armadietto ci sia la tua grazia, che sarebbe come il seme bianco».
Malattia senza tregua
La malattia si acuisce, e con essa crescono il dolore e la fatica delle cose anche più semplici. Antonietta è costretta a letto. Chiede la Comunione tutti i giorni, assicurata dal sacerdote che è presente quotidianamente. La malattia non lascia tregua: deve essere nuovamente ricoverata in ospedale dove, tra l’altro, le asportano tre costole potendole praticare solo un’anestesia locale per le sue pessime condizioni cardiache.
Durante la dolorosissima malattia, numerosi sono gli slanci d’amore per Gesù: «Caro Gesù in croce e caro Gesù Bambino! oh, Gesù!… Tu che sei tanto, tanto buono e vedi che noi facciamo tanti peccati, Tu perdonaci e fa’ che un giorno veniamo con te in Paradiso».