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Il rifiuto ti ha indurito? Due tecniche per recuperare la speranza

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 11/10/18

Imparando dai bambini

Dio vuole che io rispetti l’innocente, che non abusi del vulnerabile, che mi inginocchi davanti alla vita sacra dell’indifeso.

Quanto è facile abusare del debole! Quanto è facile esigere obbedienza da chi non può fare altro!

Commenta Papa Francesco: “Parlo spesso dei bambini e degli anziani, cioè dei più indifesi. Nella mia vita di prete, andando in parrocchia, ho sempre cercato di trasmettere questa tenerezza soprattutto ai bambini e agli anziani. Mi fa bene, e mi fa pensare alla tenerezza che Dio ha per noi”.

Mi piace questo atteggiamento. A volte mi fa paura l’idea di abusare del potere che ho. Abusare di quello che so, delle persone che mi vengono affidate, di chi mi cerca.

Non voglio allontanare i bambini da Gesù. Non voglio scandalizzarli e abusare della loro debolezza.

I discepoli allontanano i bambini da Gesù perché non lo disturbino. I bambini non sono importanti per loro. Lo sguardo di Gesù li sorprende. Un bambino non conta.

Oggi mi soffermo davanti ai bambini, davanti ai più deboli. Voglio che i bambini tocchino Dio. E che quella vicinanza del sacro li renda più forti. Li faccia crescere sani e allegri. Forti e liberi. Puri e innocenti.

Ho tanto da imparare dai bambini! Li guardo e li abbraccio. Vedo il loro sorriso e la loro innocenza. Ho perso tante cose da bambino nel cammino… Sono diventato adulto allontanando da me i bambini. Desiderando che non mi infastidiscano.

Gesù mi chiede di essere come un bambino, di tornare bambino. Diceva padre Josef Kentenich: “Bisogna coltivare l’atteggiamento del fiat, l’atteggiamento del bambino. Perché l’uomo non si redimerà se non risveglia il bambino che è in lui. Ciò vuol dire che anche per me, in quanto uomo, valgono quelle parole del Signore ‘Se non diventerete come i bambini…’ Se non recuperiamo la filialità non riusciremo ad essere uomini nuovi, non diventeremo uomini e donne nuovi” [1].

Voglio essere più bambino. Ho perso la capacità di confidare. Diffido. Guardo gli altri e sospetto. Dubito della loro bontà, della loro verità.

Ho perso quello sguardo innocente e puro che vede tutto bene e si rallegra della vita. Non sono più così bambino. Ho smesso di sognare con un’anima limpida, da bambino. Mi sono riempito di rancori e di ferite.

La vita chiede sempre il conto. E io l’ho vissuto. Ho trovato rifiuto cercando un abbraccio, o disprezzo aspettandomi un sorriso. E sono diventato duro come la pietra. Per non soffrire più l’abbandono e l’oblio.

Nel film Wonder, il protagonista è un bambino nato con difetti fisici molto evidenti. Non viene accettato, è respinto, deriso.

A un certo punto suo padre per incoraggiarlo gli dice: “Ti sentirai molto solo, ma non lo sei. Se non ti piace il posto in cui ti trovi, pensa a dove vorresti stare”.

Forse ho perso quello sguardo innocente dei bambini sperimentando il rifiuto e la solitudine.

Non voglio stare solo. Non voglio che mi respingano quando voglio avvicinarmi cercando amore. Non lo voglio.

Per questo… 1ª tecnica: Immagino, come quel bambino, dove vorrei essere. E ricordo i momenti e le persone che mi hanno accolto e amato nella mia verità.

Mi fanno anche male le ferite che ho subìto. Dentro di me grida il bambino che porto dentro. Come dice padre Kentenich, “bisogna riconoscere con tutta sincerità, anche quelli che si credono molto al di sopra di quelle cose, che in noi c’è un bambino che grida, anche nell’uomo adulto” [2].

Dentro la mia anima c’è un bambino che grida, che cerca di essere ascoltato, che vuole essere amato. Un bambino fragile e piccolo. Un bambino che desidera un abbraccio, che sogna una carezza, che anela a una parola di accettazione.

Quanto è facile nascondere il bambino che porto dentro! Perché non lo danneggino. Non voglio che soffra. “Se l’infanzia spirituale è tanto importante e se è vero che a molto manca l’esperienza filiale, allora uno dei compiti principali dell’educazione sarà quello di permettere una sopravvivenza della filialità”[3].

E allora, ecco la 2ª tecnica: Avere spazi in cui sentirsi bambino.

Santa Teresa del Bambin Gesù mi ricorda con la sua vita il cammino della mia infanzia spirituale. È stata bambina e si è lasciata amare come bambina.

Teresa mi invita ad essere come un bambino. Partendo dalla mia debolezza e piccolezza. È il suo cammino di santità. Mi esorta a guardare la vita con gli occhi di un bambino, confidando nell’amore incondizionato di Dio.

Per questo mi soffermo a cercare dentro di me la purezza nascosta. La fiducia logorata col passare degli anni.

Voglio credere di nuovo. Perdonare tanti rancori. E ricominciare guardando con occhi nuovi la vita di sempre.

Ho bisogno di quella purezza per amare in modo più profondo, con più verità. Per non aver paura della vita e offrirmi ad essa senza paure, senza angosce. Sapendo che ciò che conta è saper riposare tra le braccia di Dio. Come un bambino felice che non teme la vita.

[1] Kentenich Reader Tomo 3: Seguire il profeta, Peter Locher, Jonathan Niehaus
[2] Kentenich Reader Tomo 1: Incontro con il Padre Fondatore, Peter Locher, Jonathan Niehaus
[3] J. Kentenich, Bambini davanti a Dio

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