Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 19 Aprile |
Aleteia logo
Chiesa
separateurCreated with Sketch.

Il Papa bacia tutti i giorni una reliquia con il sangue di monsignor Romero

chupedsvson0f-6rjwaz3eiujrel7oc7sl18ngypfnrkzmjacx5u0gvtvdkzkezg27zz4jcnpujpzj-jrjrceaevtiarpw.jpg w=1200

Marvin Recinos / AFP

Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 10/10/18

Intervista esclusiva al cardinale Gregorio Rosa Chávez in attesa della canonizzazione di monsignor Romero e di Papa Paolo VI il 14 ottobre

La canonizzazione di monsignor Óscar Arnulfo Romero spicca come un evento dal significato profondo e speciale per la Chiesa universale. L’arcivescovo di San Salvador assassinato nel 1980 è stato martirizzato mentre celebrava la Messa nella cappella dell’ospedale Divina Providencia.

Gli squadroni della morte volevano mettere a tacere la sua voce di denuncia profetica delle ingiustizie subìte dal popolo di El Salvador. In vita e dopo la morte, il presule è stato calunniato, accusato e maltrattato sia dentro che fuori la Chiesa. Paolo VI lo apprezzava e nutriva un affetto speciale per lui, tanto che lo sostenne nei momenti più difficili all’inizio della sua missione episcopale. Per ironia divina, verranno canonizzati in Vaticano lo stesso giorno, il 14 ottobre 2018. Anche Papa Montini venne calunniato e attaccato per aver aperto la Chiesa al mondo dopo il Concilio Vaticano II. Se la storia è ciclica, la celebrazione della loro canonizzazione ricorda anche gli attacchi che subisce la barca di Pietro in questi giorni.




Leggi anche:
Un vescovo (Romero) e un Papa (Paolo VI)

“È stato il santo di quattro Papi. Tutti hanno dato il proprio apporto affinché il processo andasse avanti”, ha commentato il cardinale Gregorio Rosa Chávez, primo porporato salvadoregno e tra i primi promotori della causa di canonizzazione dell’arcivescovo Romero, aperta 28 anni fa.

“Papa Francesco è un uomo molto speciale. Sa che la sua vita è ogni giorno in pericolo, ma non prende misure straordinarie, va avanti. Romero è per lui una fonte di ispirazione e anche di intercessione. Mi risulta che si affidi a Romero”, ha rivelato il cardinale ad Aleteia in occasione di un incontro di comunicatori svoltosi ad Antigua (Guatemala) a fine agosto.

Il porporato ha quindi descritto alcuni dettagli dell’amicizia tra Paolo VI e Romero, illustrando la figura scomoda del beato salvadoregno che ha ispirato Papa Francesco nel suo sogno di “una Chiesa povera e per i poveri”, e ha rivelato che Papa Francesco, prima di uscire dalla camera numero 201 della residenza vaticana di Santa Marta, in cui vive, bacia una reliquia di monsignor Romero.

WEB3-SALVADOR-ROMERO-MONS-ROSA CHAVEZ-TOMB-Twitter JAVIER MENJÍVAR-WP
Twitter JAVIER MENJÍVAR

Il cardinale salvadoregno monsignor Gregorio Rosa Chávez ringrazia per l'intercessione del beato Romero nella sua nomina.

Sua Eccellenza, si avvicina un grande momento, la canonizzazione di monsignor Óscar Arnulfo Romero, il 14 ottobre in Piazza San Pietro. Qual è il significato della canonizzazione di un pastore che è stato simbolo di calunnia, ingiustizia e discredito e testimone del fatto che il male non può prevalere sul bene?

L’immagine che stiamo mostrando nel Paese è il ramo dell’arbusto del rosmarino. Lo ha messo anche sul suo stemma (episcopale): un rametto di rosmarino, una pianta aromatica e anche medicinale, buona in cucina, e allora esala il buon odore di Cristo, la santità.

In secondo luogo, aiuta a curare le malattie, combatte l’inquinamento ambientale, soprattutto dell’ambiente spirituale. Terzo, dà sapore alla vita.

Vogliamo dire che quando sarà canonizzato questo aroma inonderà tutto il mondo. A Roma si sente già, ma è un santo per tutti, e non solo il Romero d’America. La gente aspetta questo momento con gioia e speranza enormi.

È incredibile che in un Paese così piccolo (El Salvador è noto come il ‘Pollicino d’America’ per la sua estensione territoriale di appena 21041 km²) appaia un santo di questa statura, e allo stesso tempo tanto vicino a Paolo VI, un Pontefice che lo ha compreso e lo ha sostenuto. Grazie a questo santo (Papa Montini) abbiamo il santo Romero, e mi emoziona molto vederli insieme nelle immagini sul santorale per la celebrazione del 14 ottobre, come simbolo prezioso di questi due santi che si sono sostenuti a vicenda.

Può raccontarci qualche aneddoto su questo rapporto speciale tra monsignor Romero e Paolo VI?

Due cose: quando Romero gli fece visita nel 1974 come vescovo di una piccola diocesi, il Papa gli regalò un calice e gli donò un po’ di denaro per una diocesi povera. Quel calice era il simbolo della comunione tra i due. Così scrisse Romero nella lettera di ringraziamento che inviò a Paolo VI.

In secondo luogo, Paolo VI gli diede indicazioni su come intendere la liberazione a partire dalla Evangelii nuntiandi (esortazione apostolica dell’8 dicembre 1975). Per questo, nella sua predicazione non c’è mai stato nulla che fosse lontano dalla dottrina della Chiesa. Romero ha preso da Paolo VI e da monsignor Pironio (il teologo argentino Juan Carlos Scannone indica che le elaborazioni teologiche di Pironio furono uno dei quattro rami della teologia della liberazione, la Teologia della Liberazione in base alla Prassi Pastorale e senza alcuna contaminazione di Marxismo).




Leggi anche:
Basta speculazioni su Romero, martire del Vangelo!

Dall’altro lato c’è la visita che Romero, già arcivescovo, fece a Paolo VI e come questi lo trattò e lo consolò. Romero ricevette un grande incoraggiamento, che lo sostenne sempre. È quindi un santo che non esisterebbe senza il sostegno di Paolo VI.

Perché crede che la situazione di monsignor Romero sia stata tanto incompresa e scomoda, al punto che la sua stessa beatificazione è stata bloccata in varie circostanze?

Romero è un santo scomodo perché quando si leggono i suoi testi ci si sente messi in discussione, e allora è meglio screditarlo, togliergli prestigio, calunniarlo. È scomodo per il modo in cui ha vissuto il suo impegno, è stato radicale. E Dio gli ha concesso una splendida grazia: è morto sull’altare, al momento dell’offertorio. Dio ha sigillato la sua vita con quel dono. L’offerta è stata di Romero. Per questo il Papa (Wojtyła) è andato sulla tomba di Romero, anche se lo avevano sconsigliato perché era molto pericoloso. “Come posso non andare se ha dato la vita sull’altare?”, disse Giovanni Paolo II. È stato il santo di quattro papi. Tutti hanno dato il loro apporto affinché il processo andasse avanti. Mentre Benedetto XVI stava andando ad Aparecida, in Brasile, gli è stato chiesto di Romero, e ha detto che è stato “un grande testimone della fede” che meritava di essere beatificato. E poi ha sbloccato la causa, ma qualche giorno dopo ha rinunciato e l’ordine non è stato eseguito. Tutti (i Papi) hanno fatto la loro parte perché Romero giungesse alla santità.

L’ultimo è stato Francesco, che è un grande ammiratore di Romero e sa che è l’icona della Chiesa che sogna: una Chiesa povera e per i poveri.

Quando osserva la testimonianza di Romero e la situazione attule della Chiesa, dove nota spinte istituzionali che non hanno a che vedere col Vangelo?

Ricordo che un giorno il Papa ha chiamato all’improvviso i suoi collaboratori dei dicasteri (della Curia) e ha chiesto loro qualcosa che non si aspettavano: “Come state applicando nel vostro dicastero il magistero della Evangelii Gaudium?” Sono rimasti sorpresi. “Non è un’opzione, è imperativo, è la mia tabella di marcia e la mia proposta per la Chiesa”.

Per questo, dico che fin da quando ha iniziato il suo ministero il Papa incontra forti resistenze all’interno del Vaticano, perché pensa alla vera conversione pastorale, alla quale invita nei primi punti del documento. Questa proposta del Pontefice è davvero la visione dell’America Latina, tanto ispiratrice, portatrice di speranza, mobilizzatrice.

Credo che aprirà varie vie e che alla fine quella luce inonderà tanta oscurità che gli si oppone, perché dietro al Papa c’è la forza di Dio. È un Pontefice che ha assunto come programma San Francesco d’Assisi: i poveri, la pace e l’ecologia. Credo che copra ogni ambito. Qui in America Latina questo programma si capisce bene. Il bene trionferà sul male”.

Monsignor Romero in vita è stato attacco e non difendeva la sua reputazione. Pensava solo a difendere la causa e le ingiuste condizioni a cui era sottoposto il popolo. È vero?

Si dice che quando Papa Francesco commentava la beatificazione di Romero, il giorno dopo in Vaticano, sottolineava che aveva deciso di rimanere con il popolo per accompagnarlo e difenderlo anche a costo della vita.

Questa espressione del Papa ha un grande valore. Romero che accompagna il popolo, che rischia. Penso che sia questo che il Papa vuole dalla Chiesa: una Chiesa che rischia, che va per strada, che ha anche incidenti, e penso che Romero lo abbia vissuto in modo esemplare. Per questo, Papa Francesco nutre tanto affetto nei confronti di un uomo che è stato coerente fino alle conseguenze estrema, ovvero dare la vita.

Crede che sia per questo che Papa Francesco non si difende personalmente dagli attacchi che gli vengono rivolti?

È chiarissimo. Il Papa è un uomo molto speciale. Sa che la sua vita è ogni giorno in pericolo, ma non prende misure straordinarie, va avanti. Romero è per lui una fonte di ispirazione e anche di intercessione. Mi risulta che si affidi a Romero.

Il Papa si affida a Romero?

Mi risulta che il Papa si affidi tutti i giorni a Romero. Ci sono dettagli che non posso rivelare, ma è molto devoto a Romero. Penso quindi che Romero non lo lascerà solo.

Ci riveli un dettaglio, per favore…

Il Papa bacia la sua reliquia tutti i giorni iniziando la giornata.

Il Papa ha una reliquia di Romero?

Il Papa ha una reliquia di primo grado di Romero nella sua stanza, e la bacia tutti i giorni.

Di cosa si tratta? Una stola?

Una reliquia di primo grado, deve avere sangue del martire. È la reliquia più grande che si possa avere. Non posso dire altro, ma è sicuramente una reliquia che ha il sangue del martire.

Tags:
canonizzazionemons romeroreliquia
Top 10
See More