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L’ansia si vince con la fede

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Silvana De Mari - pubblicato il 09/10/18

A sessantacinque anni sto meglio di come non sia mai stata prima e il mio consumo di analgesici, antidepressivi, ansiolitici si è azzerato. Il fatto di aver ritrovato la fede ha fatto la differenza.

L’ansia si può vincere. Qualsiasi cosa sia successa nella nostra infanzia, adesso che siamo adulti e vivi, l’ansia ce la curiamo da soli.
Ansia vuol dire paura. Paura vuol dire adrenalina alta. L’adrenalina che si alza, impedisce il sonno. In un mondo preistorico, si aveva paura solo di pericoli immediati. Se c’è una tigre dai denti a sciabola nei paraggi o se la tribù di fianco ha esaurito le scorte e ha deciso di darsi al cannibalismo, meglio che non mi addormenti. In epoca moderna, i pericoli sono differiti. È possibile che l’anno prossimo ci sia una riduzione del personale e che mi licenzino. Se già da oggi comincio a star sveglio la notte, all’anno prossimo non ci arrivo nemmeno vivo. Quindi, è fondamentale per l’uomo moderno imparare tecniche per disinserire l’ansia.

Un altro punto fondamentale il concetto di stress. Siamo abituati a pensare allo stress come il male assoluto, esattamente come il colesterolo. In realtà, per lo stress vale lo stesso criterio applicabile al colesterolo: l’eccesso uccide, ma la mancanza non è compatibile con la sopravvivenza.
Un esempio spettacolare di creature senza stress sono gli animali allo zoo: nessun predatore che li minacci e pasti sicuri ad orari regolari. Gli animali allo zoo stanno malissimo; e sia la loro longevità che la loro capacità riproduttiva sono spesso compromesse. La sindrome da pensionamento, la sindrome del nido vuoto, l’acuto scontento del moccioso cronico che non ha mai smesso di essere malamente bambino, a cui tutto è concesso e da cui nulla è preteso, sono manifestazioni di mancanza di stress.


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La mancanza di stress causa perdita del proprio ruolo, perché il ruolo si può mantenere solo risolvendo problemi e non c’è ruolo dove non ci siano problemi: il lavoro è finito, i figli sono cresciuti, mamma tanto mi dà tutto e, se ho preso 4, la colpa è del professore. Anche lo stress, come il colesterolo, si divide in stress buono e stress cattivo, eustress e distress.
Lo stress buono è uno stress, coronato da successo, e che si attua in un tempo limitato.
Facciamo un esempio: sono in ritardo per un colloquio importante, sono sotto stress, scarico adrenalina, l’adrenalina aumenta la mia forza muscolare. Cammino con maggiore velocità e arrivo in tempo: questo è eustress.

Ora, supponiamo che sia partito in anticipo per il mio colloquio di lavoro, con la mia auto, e che sia bloccata in un ingorgo terrificante. Scarico adrenalina: e che ci faccio? A che mi serve la maggiore forza muscolare? L’adrenalina non viene bruciata da movimenti muscolari e resta in circolo dove fa contrarre pericolosamente le coronarie: mi sto candidando all’infarto. Devo bloccare lo stress, devo calmarmi. È andata così. Fortunatamente qualcuno ha inventato i cellulari. Telefono, spiego la situazione, dopo di che cerco di vivere al meglio il tempo da passare in auto. Attorno a me ho la mia auto, è bloccata in un ingorgo, certo, ma è comunque un vantaggio possedere un’auto. Mi trovassi in mezzo ad un’eruzione vulcanica, sarebbe peggio. Ho con me la musica, il cellulare, il mio cervello. È mia responsabilità vivere questo tempo, che comunque è tempo della mia vita, meglio che posso. Nessuno mi ridarà questo tempo trascorso nella mia auto. E’ mia responsabilità viverlo con il maggiore vantaggio possibile. Se lo sperpero in malumore, dovrò renderne conto nel giorno del giudizio. Se nessun giorno del giudizio è previsto, ma siamo solo ammassi casuali di atomi, allora, a maggior ragione, non sprechiamo niente del poco che precede il nulla.




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Il distress spesso ce lo procuriamo e ci sguazziamo dentro. Non ho mai avuto incidenti stradali devastanti, malattie gravi. Sono vissuta immersa per decenni in una moderata disperazione senza motivi apparenti. Ho seguito linee autodistruttive e non sono stata capace nemmeno di stare vicino ai miei genitori in fase terminale ed essere di aiuto. Ho sistematicamente litigato con le ultime persone con cui avrei dovuto litigare. Ho preso per anni il prozac e sono vissuta per decenni con gli analgesici in borsa perché, a giorni alterni, avevo mal di testa e – una settimana su due – mal di schiena. A sessantacunque anni sto meglio di come non sia mai stata prima e il mio consumo di analgesici, antidepressivi, ansiolitici si è azzerato.
Il fatto di aver ritrovato la fede ha fatto la differenza.




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