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Il dolore del parto può essere considerato “buono”?

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Paola Belletti - pubblicato il 03/10/18

A nessuno piace soffrire ma bisogna ricordare che esistono dolori fisiologici e dolori patologici. Quello che accompagna il travaglio e il parto va compreso e assecondato non solo ridotto e eliminato. Semmai addolcito.

Una volta partorito capita di sentirsi quasi delle eroine. E l’esperienza è talmente significativa nella nostra vita che si ha voglia di raccontarla a tutti. Sempre, troppo spesso a volte.

Ok può bastare; no non mi interessano i dettagli sulla fase espulsiva: sì mi sto spaventando, devo partorire fra circa un mese, sai com’è. No, quello che è successo a tua cognata che ha partorito in corridoio da sola non lo voglio sapere.

Scusate, stavo immaginando alcuni dei dialoghi verosimili che si possono sentire tra donne, tra chi è di qua e chi è di là del guado. Perché questo aspetto non è negabile: l’esperienza del parto ci tocca nel profondo e ci trasforma. Detto questo sarebbe buona norma non terrorizzare amiche e parenti fino al quarto grado con racconti pulp e dettagli spesso ingigantiti, messe in scena dei momenti più intensi. Soprattutto tenendo conto del fatto che l’esperienza vissuta è diversa da donna a donna e che durante la gravidanza la mamma matura, si avvicina gradualmente e non sarebbe giusto spoilerare finali al cardiopalma, peraltro non necessariamente verosimili.

Ci è arrivato in redazione il nuovo numero di BenEssere, come sempre ricco di contributi, dati e consigli di qualità. La rubrica vero/falso di questo mese è dedicata proprio alla questione del dolore nel parto.

Il dolore nel parto ha una funzione. Vero. Oltre a essere un dolore “buono”, cioè non patologico ma fisiologico, può svolgere una funzione di allerta e guida per la donna, risultando quindi utile per il progredire corretto del travaglio. La sua funzione nel parto è stata ed è tuttora oggetto di dibattito in tutte le culture, sia in ambito biologico che in campo sociale e religioso. (BenEssere, p.20)

Chi con un minimo di cultura religiosa non ricorda il monito di Dio al momento della cacciata dall’Eden relativo ai dolori delle gravidanze e dei parti? “con dolore partorirai i tuoi figli”  Genesi 3, 16 non è forse un castigo fine a sé stesso ma un argine e una guida che consente alle donne di farli nascere i propri bambini.

Ma Dio non dice “con dolori lancinanti insopportabili e guai a te se provi a diminuirne l’intensità…”. Il castigo non distrugge, purifica. Però non è di sicuro questa la sede, né ho io le conoscenze sufficienti per addentrarmi in questo mistero teologico. Ci basti pensare alla nostra esperienza, alla forza che il nostro corpo nasconde e prepara per i momenti decisivi, alla magnificenza del poter dare vita ad un’altra vita.

Ecco allora che imparando ad ascoltarci e instaurando un vero dialogo con le ostetriche e il personale medico possiamo attraversare questo braccio di fiume senza affogare e uscirne col nostro bimbo in braccio, ricordando di quella traversata soprattutto la potenza e la gioia.




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Un’altra riflessione utile può essere fatta sulla presenza o meno del marito in sala parto o comunque a fianco della partoriente. Anche in questo caso occorre darsi fiducia e ascoltare i propri bisogni: la sua presenza è per noi fonte di tranquillità e per lui è un evento sopportabile? Potrebbe restare traumatizzato? (Anche questo va preso in considerazione) Ci sono altre persone che potrebbero rassicurarmi e darmi conforto?

È utile la presenza del compagno in sala parto. Vero. La presenza di una persona vicina e gradita alla donna (partner, familiare, amica…) può essere di grande supporto, svolgendo una funzione importantissima di sostegno e contenimento emotivo, purché sia la partoriente a scegliere. (BenEssere, ibidem)

Se queste due indicazioni sono vere sono false allora quelle che classificano in modo del tutto uniforme da donna a donna la percezione del dolore che invece muta da persona a persona e nella stessa donna da un’esperienza all’altra. Altrimenti perché anche dopo un parto semplice e poco traumatico continuiamo a sentire una certa preoccupazione? Sappiamo che ogni parto è a sè.


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L’intensità del dolore è uguale per tutte. Falso. La percezione del dolore varia non soltanto da donna a donna, ma anche nella singola donna da parto a parto, perché è influenzata da molteplici fattori fisici, psicologici, sociali, culturali e assistenziali. (Ibidem, p.21)

I rimedi per ridurre il dolore sono tanti e non solo l’epidurale. Ricordate il medico che balla e fa ballare le partorienti?

In Brasile, il dottor Fernando Guedes de Cunha è diventato noto grazie all’insolito metodo antidolorifico che propone nel suo reparto. Per alleviare i dolori del travaglio, infatti, il medico fa ballare le pazienti a ritmo di musiche vivaci. Su Instagram e Facebook, i suoi video sono diventati virali e raccolgono migliaia di consensi.

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