Anche un brindisi semplice col vino del parroco diventa un gesto per ricordare che la fatica del lavoro s’innesta nell’abbraccio della Croce
Amo l’estate, il caldo, le vacanze. L’arrivo dell’autunno mi fa nascere dentro una sottile malinconia, per di più le previsioni del tempo annunciano che ci sarà un crollo di 10 gradi nelle temperature. Ma cerco di reagire pensando positivo, concentrandomi su quanto di bello ci regala questa stagione. L’autunno non è solo l’epoca del primo freddo, delle nebbioline del mattino e delle solite seccature della vita cittadina. E’ anche la stagione delle castagne, dei funghi, della polenta, delle cene con gli amici con i quali ci si ritrova dopo le vacanze. E così decido che stavolta il cambio di stagione non mi coglierà impreparata.
Mi viene in aiuto una passeggiata con i miei genitori: il fruttivendolo che si trova vicino a casa loro è un luogo di ricordi della mia infanzia e ancora adesso, quando ne ho l’occasione, ci vado volentieri perché vi trovo prodotti un po’ speciali, che non ci sono nei supermercati. Sbircio dal marciapiede e vedo che all’interno c’è una cassetta di funghi porcini che sono uno spettacolo per gli occhi.
Leggi anche:
Per nutrirti davvero devo mettere in tavola la mia anima
Non ci penso due volte, entro e faccio shopping. A casa in dispensa ho dei tajarin, la pasta all’uovo della tradizione piemontese, che aspettano solo di essere cucinati con un sugo giusto.
Andrea accoglie con entusiasmo il menu che lo aspetta a cena e scende in cantina a scegliere un vino adatto. Mette in tavola un Dolcetto d’Alba del 2016 “Cantina Parroco” di Neive. Abbiamo appena trascorso un delizioso fine settimana a Neive, nelle Langhe, e bere un vino di quel territorio è non solo adatto al menu ma è anche un modo per rivivere le atmosfere che abbiamo appena gustato. Leggo l’etichetta: si chiama “Cantina Parroco” perché l’azienda vitivinicola è stata fondata nel 1973 dall’Arciprete don Giuseppe Cogno, parroco di Neive, con altri tre viticoltori.
I vigneti occupano sei ettari dei migliori “crus” del comune. Doveva essere davvero simpatico questo parroco, appassionato di enogastronomia. Mi vengono in mente le parole di Gigi Marsico, un cantore delle Langhe: “Capita che sugli altari di Langa la mano che solleva il calice nell’offertorio, e traccia nell’aria il segno della Croce, sia la stessa che nella vigna instrada il nuovo germoglio e rimbocca la botte in cantina”. Mi viene in mente la storia del Ruché, anche quello è chiamato “il vino del parroco”.
Leggi anche:
Sì a un po’ di vino, ma durante i pasti! Lo dice una vera esperta di benessere, S. Ildegarda di Bingen
Quando si mette in tavola una cena, si deve pensare non solo al cibo e al vino, ma anche alla bellezza della tavola: mentre apparecchio, penso che questa è la serata giusta per inaugurare le belle tovagliette all’americana che abbiamo comprato quest’estate a Cogne: coloratissime, arredano la tavola con la loro allegria.
Mentre scolo i tajarin, Andrea accende una candela rossa, che scalda ancora di più l’atmosfera. Con un po’ di inventiva e qualche dettaglio, anche la più semplice serata a casa diventa una serata speciale. Mentre solleviamo i calici, penso: Viva l’autunno!