++++ ERRATA CORRIGE ++++
Abbiamo ricevuto una telefonata da don Fabio Rosini, il quale ha tenuto a precisare – anche con lo humour schiettamente romano che da sempre lo caratterizza – che le sue condizioni di salute non sono in nessun modo critiche.
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di Antonella Sanicanti
Don Fabio Rosini, sacerdote e biblista, è conosciutissimo dai giovani romani e non solo, per le sue catechesi partecipatissime e molto singolari, che cercano di avvicinare chiunque alla comprensione delle Sacre Scritture.
Il suo linguaggio semplice e gioviale permette a tutti coloro che lo ascoltano di apprendere come la Bibbia, in effetti, contenga le istruzioni per la vita di ogni giorno, per ognuno di noi. Sta a noi, con l’aiuto di sacerdoti e guide, come don Fabio Rosini, metterci in ascolto della Parola di Dio e renderci conto di come si presti a renderci felici e non severi e pedanti, come molti si aspetterebbero.
Don Fabio Rosini: Le Beatitudini
Nella catechesi riprodotta in basso, don Fabio Rosini parla del discorso delle Beatitudini, fatto da Gesù, e sottolinea che è più che giustificato che nel Vangelo di Luca e di Matteo ci siano due versioni differenti dello stesso episodio. Quel discorso, che parla in realtà di quali siano i presupposti dell’avidità (che rende ogni uomo egoista) e della libertà che cerchiamo spasmodicamente, illudendoci che l’essere indipendenti da chiunque altro ci darà la sola gioia possibile, Gesù lo ha fatto certamente più di una volta, sia per i suoi Apostoli, che per tutte le persone che accorrevano, attirati da quelle Parole di vita.
Nel Vangelo di Luca si dice: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. (…) Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame” e si chiarisce, così, il quadro completo entro cui Gesù cercava di dire che lui stava annunciando il Regno di Dio, in cui anche i poveri avrebbero avuto un eredità.
Don Fabio Rosini: “Il Vangelo si annunzia solo ai poveri”
Lo raccontava soprattutto agli ultimi, a coloro che avevano bisogno di questa promessa.
Dice don Fabio Rosini: “Il Vangelo si annunzia solo ai poveri”, solamente a coloro che vivono una situazione ben specifica. All’epoca di Cristo (e, da allora, poco è cambiato), esisteva una classe sociale che viveva di rendita e non aveva alcun bisogno di comprendere la vita, che trascorreva tra agi e lussi; c’era poi la classe media, fatta di tutte quelle persone che potevano vivere, grazie al loro lavoro; infine, la classe dei dimenticati, degli ultimi, dei poveri, che sopravviveva solo se qualcuno porgeva loro la mano.
Ed è a questi ultimi che Gesù promette il Regno dei cieli, perché loro si trovano nella condizione giusta per poterlo desiderare. Non perché essi, non avendo null’altro si appaghino della speranza proposta dal Cristo, ma perché, essendo ridotti alla loro umanità, nuda e scarna, potranno comprendere l’elevazione spirituale che egli propone, quella che spetta ai figli di Dio, che si riconoscono bisognosi di carità, cristianamente intesa.
Quando anche i poveri cominciano a cercare ciò che loro manca, finiscono col cedere a sentimenti di rabbia, per ciò che non ottengono, o di avidità, per ciò che riescono ad ottenere e a far proprio.
Accadde la stessa cosa ad Adamo ed Eva che, dopo avere preso il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, capirono di essere nudi e se ne vergognarono. Anziché chiedere a Dio di risolvere quel disagio, perseguirono nel non riconoscere l’origine di ogni male: la presunzione di sapere di cosa avevano bisogno.
Rifiutarono di dichiararsi fragili, come sistematicamente accade ad ognuno di noi, quando non comprendiamo che è nel nostro essere tali la ricchezza genuina. Il Vangelo, del resto, non dice che i poveri sono beati, ma che la povertà è una condizione per la beatitudine. Cosa voleva dire Gesù, in realtà? La povertà di cui parla Gesù (a cui Matteo associa la modalità “in spirito”) è la chiave di accesso al grandioso Regno di Dio.
Come dice saggiamente don Fabio Rosini, il motivo per cui i poveri continuano ad esistere, a distanza di tanti secoli da quei giorni, è che i ricchi non hanno intenzione di condividere, ma anzi odiamo il rischio di impoverirsi, tanto da finire per odiare, schivare il prossimo che è nel bisogno.
Adamo che fuggì nudo, dunque, continua a vestirsi di qualcosa che non coprirà mai la sua vergogna, non comprendendo che l’indigenza, il suo essere rimasto senza alcuna protezione davanti a Dio, è la sola virtù da cui ripartire. Ciò di cui ogni uomo necessita è di rendersi un mendicante di fronte al Signore, un miserabile che chiede Misericordia, un povero che sopravvive solo perché è Dio, nella sua immensa pietà, a tendergli la mano.
Lui, che tramite il suo Figlio unigenito-Dio ha dato tutto se stesso fino alla morte di croce, non ci rifiuterà nulla. Ma noi saremo capaci di fare altrettanto, di amare altrettanto? Il successo, dunque, è l’antitesi della povertà, in una società che mira al superfluo. Anche l’uomo più ricco non potrà mai sfuggire alla sua povertà, quella che lo rende un essere umano. Dice don Fabio Rosini: “Il bene si svela a chi ne ha sete, il bene diventa facile quando io non parto dall’ansia, parto dalla pace”.