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L’amore di una persona? Meglio quello di un cane

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 15/09/18

Arriveremo a preferire il bacio di Micio e Fido a quello del nostro partner come alcune ricerche sembrano suggerire?

Ho la fortuna di abitare in un quartiere ricco di verde e con due parchi attrezzati. Quest’estate molto di più rispetto agli anni precedenti siamo stati invasi dalle zanzare, a causa anche dei frequenti acquazzoni che hanno caratterizzato la stagione. Vi starete domandando: “ma una bella disinfestazione, no?”. Ne era stata effettuata una a giugno che però non ha risolto la piaga e quando ci siamo domandati come mai questa volta non avesse funzionato abbiamo ricevuto la seguente risposta: “siamo stati costretti ad usare prodotti biologici meno efficaci per salvaguardare cani e gatti che vivono nei vostri giardini”. Intanto noi, compresi i bambini (ed io ho una figlia di sei mesi), siamo stati letteralmente assaliti dalle zanzare che hanno lautamente approfittato dei nostri capillari, con il rischio aggiuntivo di contrarre le pericolose infezione virali presenti quest’anno di cui hanno ampiamente parlato i media.

Questa spiacevole situazione mi ha ulteriormente spinto ad approfondire l’interessante articolo, ricco di dati e testimonianze, pubblicato sul numero di Agosto del mensile di Psicologia e Neuroscienze Mind, a firma di Giovanni Sabato, sul rapporto tra noi “umani” e gli animali domestici, che sta assumendo nelle società occidentali quelle connotazioni di eccesso che un tempo, come sottolinea l’autore, venivano considerate follie tipiche solo delle star di Hollywood.

Spese pazze per Fido e Micio

Le spese per i nostri amici a quattro zampe, sottolinea l’articolo, hanno superato nel mondo i 100 miliardi di dollari annui, e negli Stati Uniti questo mercato ha sopravanzato quello dei giocattoli, continuando a crescere anche negli anni della crisi economica. Anche in Italia le spese per prodotti per animali sono aumentate del 3% nel 2017, confermando il trend dell’anno precedente. Secondo un sondaggio il 95% dei proprietari li considera a pieno titolo membri della propria famiglia, e il 60% di loro ha acquistato per l’animale vestiti nuovi ai cambi di stagione e festeggiato con leccornie varie non soltanto il suo compleanno o il Natale, ma anche S.Valentino, la giornata degli innamorati. Le spese per i pet aumentano innanzitutto perché abbiamo molti più animali in casa di un tempo, continua l’autore, ma anche perché l’industria propone una varietà di prodotti sempre più simili a quelli umani, dal lettino ortopedico per il mal di schiena al puzzle per gli esercizi mentali, passando attraverso i brindisi con “Dog Pawrignon“, bibite analcoliche per una bevuta nelle ricorrenze con Fido o Micio. E per la colazione niente paura: c’è il Puppuccino, la versione pet del cappuccino di homo sapiens.




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L’antropomorfismo dilagante e le sue ragioni

L’industria stimola a comprare questi prodotti con slogan che qualificano questi animali come familiari da accudire, compagni da vezzeggiare, amici per la pelle di cui non poter fare assolutamente a meno e dover gratificare con le più impensabili ricompense. Questa strategia di marketing si sviluppa a partire dalla nostra inclinazione, si legge nell’articolo di Mind, sempre più marcata all’antropomorfismo, la tendenza a considerare questi animali come persone, riconoscendo in loro sentimenti, atteggiamenti e comportamenti sostanzialmente umani, e al conseguente desiderio di inserirli pienamente nella vita familiare.

“Non a caso – sebbene su un campione decisamente più selezionato per affezione, gli utenti internazionali di Petcube, un dispositivo con webcam per interagire con gli animali da fuori casa – un quarto degli interpellati è uscito a cena con l’animale, uno su tre l’ha baciato sulle labbra e l’84% ha dichiarato più affetto per l’animale da compagnia che per il partner” (Mind, mese di Agosto, pag. 72)

Questa tendenza si nutre oggi del vuoto emozionale causato dalla precarietà e dalla scarsità di rapporti umani affettivamente significativi che si registra nelle nostre società. In esse si assiste ad un forte calo di natalità, associato ad età sempre più avanzate in cui si generano i figli. Ciò comporta un numero sempre maggiore di persone senza bambini, una parte perché non li desidera proprio, l’altra in quanto giunge ad averli molto tardi. Pensiamo alla fascia dei Millenial, giovani che anche a causa dell’attuale sfavorevole congiuntura economica rimandano all’infinito la procreazione e non di rado la stessa vita di coppia, ma sentono il bisogno di una compagnia. In una situazione simile vengono a trovarsi anche gli anziani che oggi vivono più a lungo, una volta che i figli hanno lasciato la famiglia per una vita autonoma. Queste due fasce della popolazione sono infatti quelle che negli Stati Uniti spingono maggiormente in alto il ricco mercato dei prodotti per animali. L’animale a quattro zampe, similmente ai bambini, offre vicinanza ed affetto incondizionati, evitando le difficoltà e complicazioni insite nei rapporti umani fra adulti, sempre più difficili. Il cane, per il fatto che anche da grande conserva caratteristiche infantili si presterebbe a stimolare nell’umano un forte desiderio di tipo parentale a fornire nei suoi confronti accudimento e cure, come avviene nel rapporto genitore-figlio. La sua presenza peraltro non si presta solo a surrogare eventuali rapporti umani deficitari, ma grazie alla necessità di essere portati fuori casa dai loro padroni, nepuò favorire la socializzazione. In questo caso ben venga la prospettiva di nuove amicizie o dell’incontro con il compagno della vita.

L’antropomorfismo fa bene agli animali?

Se per lo psicologo Stanley Coren della British Columbia University, scrive Sabato, “il bisogno di prendersi cura di qualcuno è nella natura umana. Se esageri un po’ non finisce il mondo, alla peggio butti 20 dollari per un collare in finto diamante”, Francesca Cirulli del Dipartimento di Neuroscienze Comportamentali dell’Istituto Superiore di Sanità, pur riconoscendo che “gli animali domestici hanno una ricca vita emotiva, possono instaurare un rapporto profondo con la figura umana di riferimento e non è sbagliato attribuire loro sentimenti di gelosia o affetto”, conclude che l’antropomorfizzazione è un male. Le esagerazioni ed i fraintendimenti che comporta finiscono “per generare problemi comportamentali che danneggiano la relazione con l’uomo. Spesso un rapporto senza regole porta a derive comportamentali incompatibili con la convivenza fino ad aggressioni e morsicature, e può danneggiare l’animale, come quando diventa obeso per le troppe ricompense”. Ad esempio dare affetto ad un cane svincolandolo dal suo comportamento, in cui correzione e premi sono assenti o confusi, non aiuta certo l’animale a strutturare la sua vita in modo equilibrato. “Il cane va trattato da cane, non solo è giusto, ma è il modo migliore per viverci in armonia”, afferma Michael Landa, un addestratore professionista di questi animali che lamenta: ”I cani statunitensi stanno diventando sempre più cattivi. C’è sempre più richiesta di comportamentisti e di farmaci per l’ansia o la sindrome da ipersensibilità-iperattività canina. Come mai? La colpa è dell’antropomorfismo”.




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Ci fa soffrire più la morte violenta di un cane o di un uomo?

Non raramente questo fenomeno assume connotazioni estreme, come quando il maltrattamento di un animale suscita più reazioni rispetto alla violenza contro un essere umano. In un esperimento, riportato nell’articolo, svolto in quattro versioni in cui si paragonavano le reazioni alla falsa notizia di un’uccisione brutale di un uomo, un bambino, un cane adulto ed un cucciolo, è risultato che il cane adulto ha suscitato molto più stress ed empatia dell’uomo, ma le risposte più forti in assoluto le ha suscitate il bambino, mentre vi è stata poca differenza tra il cucciolo ed il cane adulto. Anche se le conclusioni dello studio si sono indirizzate a negare l’esistenza di una preferenza per l’animale rispetto all’uomo, ma per chi appare più innocente ed indifeso come i bambini ed il cane, cucciolo o adulto, in quanto quest’ultimo viene percepito anche da grande come un essere infantilizzato, questi risultati non possono non lasciare perplessi e confermano comunque il processo di crescente antropomorfizzazione in corso.

Perché cercare in un cane ciò che può darti solo una persona?

Anche se i più adottano un animale per soddisfare un “normale” bisogno di dare e ricevere affetto e compagnia, molti, e sempre più, lo fanno per rispondere ad istanze interne di altro genere, come una relazione di accudimento in assenza di cuccioli umani o la ricerca di un amore incondizionato, immune da rischi di abbandono, delusione o tradimento del partner. Queste modalità compensatorie non si rivelano alla lunga soltanto illusorie per gli umani, ma anche estremamente dannose per gli animali. Su di essi che, nonostante ciò che dicono i loro padroni, non possono parlare, ricadono le contraddizioni e gli effetti delle quotidiane difficoltà a cui assistiamo nei rapporti affettivi fra persone, le quali spesso, anche senza rendersene conto, cercano nel rapporto con Fido e Micio ciò che si può trovare solo nella relazione profonda con un altro essere umano.

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