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Il bullismo è una piaga mondiale

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Paul De Maeyer - pubblicato il 12/09/18

Rapporto UNICEF in occasione del rientro tra i banchi di scuola

Per milioni di bambini e giovani di tutto il mondo è suonata — o suonerà — in questi giorni la campanella del primo giorno di scuola. Ovviamente l’idea del ritorno nelle aule non piace a tutti i ragazzi e le ragazze interessate, e questo per vari motivi.

In particolare una categoria di studenti andrà a scuola quasi letteralmente “coi piedi di piombo”, come dice l’espressione: tutti coloro che in un modo o nell’altro sono a scuola vittime del diffuso fenomeno del bullismo (dall’inglese bullying), ossia quei giovani che per ragioni varie vengono pestati o presi di mira dai loro coetanei o propri compagni di classe.

Secondo un sondaggio condotto oltremanica per il Diana Award(cioè l’ente di beneficenza dedicato alla compianta principessa Diana) tra 1.003 giovani in età scolare secondaria, poco più della metà, cioè il 51%, dice di aver paura di alzare la mano per rispondere in classe, mentre quattro su dieci (il 40%) dichiarano di essere stati presi di mira dai bulli a causa delle loro capacità accademiche.

Il 39% degli intervistati ha dichiarato che il bullismo ha influito negativamente sul proprio rendimento scolastico, inoltre il 38% ha ammesso di aver saltato la scuola per paura dei bulli e infine il 22%, vale a dire quasi un quarto, ha persino cambiato scuola a causa del bullismo, così riferisce il Telegraph (3 settembre).

Rapporto dell’UNICEF

L’ampiezza e l’impatto — anche a lungo termine — del bullying hanno indotto il Fondo della Nazioni Unite per l’Infanzia, cioè l’UNICEF, a dedicare un rapporto al fenomeno preoccupante. Nel testo, lungo quasi 30 pagine e reso pubblico il 6 settembre scorso sotto il titoloAn Everyday Lesson: #ENDviolence in Schools (tradotto: Una lezione quotidiana: porre fine alla violenza nelle scuole), l’organismo ONU ricorda che la violenza costituita dal bullismo influisce sull’apprendimento e sul benessere degli studenti “sia nei Paesi ricchi sia poveri”, così si legge in un comunicato stampa.

“Per milioni di studenti in tutto il mondo, l’ambiente scolastico non è uno spazio sicuro per studiare e crescere”, ma “una zona di pericolo dove apprendono nella paura”, osservano gli autori nella parte introduttiva del rapporto. “Troppo spesso gli studenti sono costretti a cercare riparo mentre spari avvolgono la loro classe”, così continua il testo, mentre ricorda che questa violenza può essere causata da conflitti bellici o intracomunitari ma a volte anche da un alunno armato di un fucile (come nel caso delle purtroppo ripetute stragi nelle scuole statunitensi).

A livello globale, prosegue l’introduzione, la metà degli studenti di età compresa tra i 13 e i 15 anni, cioè circa 150 milioni, riferiscono di aver subito violenze da parte dei loro “pari” o coetanei, sia dentro che fuori la scuola. Inoltre, così ricorda il rapporto UNICEF, circa 720 milioni di bambini in età scolastica vivono in Paesi in cui le punizioni corporali nelle scuole non sono state del tutto messe al bando.

Il documento An Everyday Lesson evidenzia inoltre che i maschi sono più esposti a episodi di violenza e minacce fisiche, le ragazze invece hanno maggiore probabilità di diventare vittime di molestie psicologiche.

Mentre tra i fattori strutturali della violenza spiccano elementi come la povertà, le ineguaglianze o anche ciò che il documento definisce “vulnerabilità associate alla migrazione”, dentro le mura scolastiche possono influire una mancata formazione degli insegnanti, inoltre risorse scolastiche inadeguate o insegnanti che commettono forme di violenza culturalmente accettate, come ad esempio il caning (fustigazione).

Dall’intimidazione alla cyber-intimidazione

Dai dati raccolti dall’UNICEF risulta che a livello mondiale poco più di un alunno su tre nella fascia di età 13-15 anni è vittima di intimidazioni e una stessa proporzione finisce coinvolta in zuffe. Il rapporto rivela inoltre che 17 milioni di adolescenti in 39 Paesi industrializzati hanno ammesso di aver bullizzato compagni di classe o di scuola.

Per quanto riguarda le loro vittime, fattori di rischio costituiscono ad esempio il fatto di avere un handicap, di provenire da un contesto di povertà estrema o migratorio, l’etnicità, lo status HIV o anche l’identità sessuale, così spiega il rapporto, il quale aggiunge che il bullismo non si limita all’ambito della scuola o delle attività extra scolastiche.

“In un mondo digitale, i bulli possono diffondere propositi e immagini violente, offensive e umilianti con un solo clic”, spiega il testo, che cita una ricerca britannica, secondo la quale la grande maggioranza degli adolescenti (il 90%) che sono vittima del cosiddetto cyberbullismo vengono anche bullizzati offline, cioè nella vita di ogni giorno. Vale a dire: sono più o meno sempre gli stessi giovani che finiscono nella mira dei bulli.

Da un sondaggio condotto tra febbraio e marzo scorsi da Save the Children Finland tra 3.210 adolescenti della fascia di età dai 12 ai 17 anni che usano i media digitali, emerge che più del 10% delle ragazze e almeno il 5% dei ragazzi sono stati molestati sessualmente da coetanei, rivela il quotidiano Helsinki Times (10 settembre).

Mentre più del 30% degli intervistati ha anche ammesso di aver visto i loro compagni molestare sessualmente altri coetanei, un altro 30% ha raccontato di aver visto altri modificare foto o immagini di compagni per farle apparire sexy.

I risultati mostrano chiaramente che bambini non nascono come nativi digitali e che quando si tratta di condividere immagini in modo sicuro i bambini e i giovani hanno bisogno più che mai di informazioni e indicazioni”, ha spiegato una collaboratrice di Save the Children Finland,Nina Vaaranen-Valkonen.

Impatto del bullismo

Le ripercussioni delle varie forme di bullismo restano “impresse” nei corpi e nelle menti dei bambini e giovani, così avvertono gli autori del rapporto, che menzionano tra i vari effetti ferite corporali, inoltre malattie o infezioni sessualmente trasmesse (le cosiddette MST), ansietà, depressione e persino pensieri suicidi.

Secondo una ricerca dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, in Italia tre ragazzi su dieci sono vittime di bullismo, di cui il 46% — quindi quasi la metà o uno su due — ha pensato almeno una volta a togliersi la vita e il 32% ha messo in atto comportamenti autolesivi. Tre vittime su quattro, cioè il 75%, hanno sviluppato anche forme di depressione, ricorda l’agenzia ADN Kronos (12 dicembre 2017).

Molto sgomento ha creato in Australia il suicidio di una giovane star della pubblicità, la quattordicenne Ammy “Dolly” Everett, vittima del bullismo online, che si è tolta la vita il 3 gennaio scorso, o in Italia il gesto estremo di un ragazzo 17enne di Rivoli (Piemonte), Michele “Miki” Ruffino. Bullizzato da alcuni compagni perché rimasto menomato in seguito ad un vaccino antipolio scaduto, il ragazzo si è suicidato a febbraio, lanciandosi da un ponte.

Del resto, le conseguenze del bullismo persistono a lungo termine, ricorda lo studio UNICEF. Le vittime sono più propense a presentare dei comportamenti aggressivi e antisociali, a cadere nel vortice dell’alcolismo e della tossicodipendenza, ad avere comportamenti sessuali a rischio o a svolgere attività criminali. In età adulta, così spiega il rapporto An Everyday Lesson, i maschi sono più inclini a maltrattare la propria compagna o moglie, mentre le vittime appartenenti al sesso opposto risultano più vulnerabili alla violenza coniugale.

Il bullismo ha anche un impatto negativo sul rendimento scolastico delle vittime e porta all’abbandono scolastico, con tutte le conseguenze per il loro futuro, ricorda il rapporto UNICEF. Bambini che sono stati abusati fisicamente o sessualmente hanno in media il 14% in meno probabilità di ottenere un impiego o di avere dei beni, spiega il documento, che cita un altro rapporto UNICEF, del settembre 2014, Hidden in Plain Sight: A statistical analysis of violence against children.

A livello globale, continua An Everyday Lesson, la violenza subita dai bambini crea un danno stimato a circa 7 trilioni di dollari. Per quanto riguarda l’Asia Orientale e il Pacifico, il danno economico generato dal fenomeno ammontava nel 2004 dai 150 ai 160 miliardi di dollari, ossia circa il 2% del PIL dell’intera regione.

Prevenzione

Il nuovo rapporto dell’organismo ONU finisce con una serie di appelli. L’UNICEF e i suoi partner chiedono ad esempio ai governi di introdurre e di attuare delle politiche e delle normative che garantiscano la sicurezza dei bambini e dei giovani a scuola, di rafforzare la prevenzione, di fare degli investimenti mirati e di raccogliere dati sui vari episodi che si verificano a scuola o fuori dalle mura scolastiche.

In questo contesto si colloca la decisione dell’Egitto di lanciare per la prima volta una campagna nazionale contro il fenomeno del bullismo. Come spiega il sito Egyptian Streets (10 settembre), il progetto è stato avviato già la settimana scorsa e andrà avanti fino ad ottobre sotto gli auspici del Consiglio Nazionale per l’Infanzia e la Maternità e del ministero dell’Istruzione e dell’Educazione Tecnica. L’iniziativa è sostenuta dall’UNICEF e finanziata con fondi dell’Unione Europea.

La campagna incoraggia i giovani a condividere le loro esperienze e suggerire vie di soluzione per porre fine al fenomeno usando l’hashtag #IAmAgainstBullying. “Il bullismo sconvolge il diritto dei bambini a giocare e ad imparare. Tutti i bambini beneficeranno di una cultura che rifiuta e alza la voce contro il bullismo”, ha dichiarato il rappresentante dell’UNICEF al Cairo, Bruno Maes.

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