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Donano 10mila euro ad un amico quasi cieco. 5 ragazzi, la passione per l’informatica e la voglia di aiutare

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Paola Belletti - pubblicato il 11/09/18
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Loro sono il New Horizon Team, un gruppo di studenti torinesi diplomati all’Istituto tecnico e pronti ad immatricolarsi all’Università. Ma hanno già parecchie cose da direA me hanno commosso, sul serio. Giovani, intelligenti, umili, impegnati, creativi, competitivi. E attenti agli altri, soprattutto ai più deboli, “venuti su” all’oratorio. Vi aspettereste, dietro questi tratti, dei super nerd, patiti del computer e dei videogame, dei maratoneti della programmazione informatica?

Venite a conoscere Simone Montanaro, Lorenzo Bergadano, Gionatan Cernusco, Andrea Galante, Andrea Paone, ovvero il New Horizon Team!

Buongiorno Simone, sei tu il portavoce del gruppo, mi pare di averti già visto e sentito in altre interviste sul web

Non sempre…E’ che gli altri erano impegnati. (Questa sarà la parola chiave!)

Allora per i lettori di Aleteia: chi siete e cosa fate?

Siamo cinque amici. Ci siamo conosciuti sui banchi di scuola, frequentavamo l’Istituto Tecnico Avogadro a Torino, siamo da sempre tutti appassionati di informatica. Abbiamo fondato un team e lo abbiamo chiamato New Horizon.

Perché questo nome?

Lo abbiamo scelto tutti insieme. Ci volevamo proporre come una novità. In giro, nelle competizioni, molti sono già laureati o diplomati noi eravamo solo studenti (ora si sono diplomati ndr). Come un nuovo orizzonte per l’informatica, ecco.

E con tanto di nome, logo, t-shirt…

In quarta superiore abbiamo iniziato a partecipare a progetti nell’ambito dell’alternanza scuola lavoro. E abbiamo sempre cercato di trarne il meglio. Uno in particolare si è concretizzato in un progetto per ambito industriale. Si tratta di una tuta che riproduce i movimenti del corpo umano. Abbiamo partecipato a tante competizioni, gli hackathon.

Cosa sono?

Si tratta appunto di competizioni informatiche; si passa la notte a programmare, anche un video gioco ad esempio. Immaginate una specie di maratona di nerd! Noi lo facciamo per migliorare noi stessi e imparare cose nuove. Incontriamo persone più grandi ed esperte. Lo facciamo soprattutto perché acquisiamo conoscenze nuove e preziose che la scuola da sola non offre. Il progetto per la maturità ci ha fatto spiccare il volo.

Come siete finiti sui giornali?

La prima vera competizione che ci ha fatto meritare un po’ di attenzione è stata promossa dalla Pubblica Amministrazione. L’obiettivo era migliorare una piattaforma destinata ai maggiorenni, 18 App. Che però non è un’applicazione, come suggerirebbe il nome, ma una piattaforma web ed effettivamente funziona pochissimo. L’obiettivo assegnato nella competizione era renderla accessibile da mobile. In 48 ore l’applicazione era fatta, l’interfaccia era pronta. Ci dissero che ci avrebbero coinvolto nel progetto, non era una cosa piccola.  Siamo arrivati primi in Piemonte e decimi in tutta Italia. Per ora è tutto fermo.

La seconda competizione, svoltasi ad ottobre scorso, aveva come obiettivo quello di rendere più facile e fruibile la condivisione di storie su un social dedicato ad atleti disabili. Avete vinto. Raccontaci un po’ come sono andate le cose

Allora la competizione è stata promossa dalla fondazione Vodafone per una piattaforma social che esiste già, OSO, Ogni Sport Oltre, la comunità digitale che avvicina le persone allo sport.

Una piattaforma inclusiva per condividere le proprie storie, gli eventi, informazioni su associazioni e progetti di avviamento allo sport per persone con disabilità, che si propone di raggiungere risultati concreti sul territorio e di rendere lo sport un’opportunità per tutti. Promosso da Fondazione Vodafone Italia,

(recita il sito sotto il bottone Cosa è OSO. Ndr)

L’obiettivo era appunto migliorare la piattaforma OSO nel suo aspetto social. Il loro social era tipo Facebook, con news, eventi, storie,… Il problema è che visitando questo social non si vede che è un social. Se già per noi c’è questa difficoltà, immaginiamo per chi è portatore di una qualche disabilità. Uno dei nostri obiettivi era migliorarne l’accessibilità. Doveva diventare una App per mobile che ricreasse davvero l’ecosistema social network in chiave New Horizon, reso molto più chiaro.

Un orizzonte nuovo e terso insomma…

Se voglio entrare nel mio profilo non devo fare mille passaggi perché altrimenti mi scoraggio. La feature che ha colpito di più la giuria è stata quella che permette di aggiungere al social network delle storie con la possibilità di caricare note vocali.  È piaciuta moltissimo, non ci aveva pensato nessuno. Perché sentirsi leggere una storia dal sintetizzatore vocale, per quanto ora siano sempre più evoluti, non è mai come quando senti l’umanità di qualcuno che la racconta veramente, con la sua voce! Il social network è per le persone diversamente abili ma anche per i parenti, allora perché non aggiungere questa feature? La Vodafone sta facendo un mix di idee per rinnovo piattaforma.

Avete vinto, dunque! E il premio in cosa consisteva?

In palio c’erano o cinquemila euro da spendere in abbigliamento sportivo per noi oppure avremmo potuto destinare i nostri cinquemila insieme ad altri cinque messi da Vodafone ad una Onlus di nostra scelta. E noi abbiamo scelto di destinare i soldi alla A.P.R.I., una Onlus per le maculopatie giovanili. In particolare per un ragazzo che conosciamo…

E i soldi sono già arrivati a destinazione?

Sì sì, ci hanno messo un po’ ma sono arrivati davvero! Abbiamo fatto festa con Alessandro e gli altri ragazzi e speriamo che possano essere utili. La loro sede è piccolina però è ben fornita di materiale.

Chi è Alessandro?

Alessandro è un ragazzo che sta per fare la terza media; ci siamo tanto affezionati a lui. Io personalmente l’ho conosciuto durante la partecipazione ad un evento, era novembre; si trattava di insegnare le basi della programmazione, piattaforme semplici e figure etc. Era presente anche lui. Lorenzo lo aveva già conosciuto tre anni prima sempre allo stesso evento. È un mostro dell’informatica, un prodigio, davvero impressionante. Nonostante tutte le difficoltà – non riesce a vedere bene lo schermo – fa cose che alla sua età non facevo neanche lontanamente e nemmeno gli altri del nostro team. (Un’attitudine davvero preziosa questa che li porta a riconoscere il valore dell’altro e a porsi in modo umile, sempre desiderosi di imparare. Ma pure agguerriti! Ndr). Quando è arrivato il computer ci siamo occupati noi della configurazione e dell’assemblaggio.

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.2212151292400823&type=1&l=fc18fde957

Finalmente avrà una macchina che riesce a far girare i programmi di cui ha bisogno.

Il computer di prima non gli stava dietro…

Esatto!

Come sta ora Alessandro? E’consapevole di quello che lo aspetta come decorso della malattia?

Quest’anno sta peggiorando parecchio, ma fa finta di non saperlo. Cerca di fare di tutto per non mostrarlo e noi cerchiamo di non farglielo pesare troppo. Gli diamo una mano, vuol venire nella scuola nostra ed è felice.

La vostra attenzione alla disabilità, meglio alle persone con disabilità, da cosa dipende? Non solo dai requisiti della competizione credo!

Da quando ci siamo messi in questo progetto con Fondazione Vodafone Italia in tutto quello che prepariamo, in ogni cosa, facciamo attenzione all’accessibilità, è una forma mentis. Non lo facciamo così per posa ma perché ci accorgiamo dell’aiuto di cui hanno bisogno le persone con disabilità. A noi personalmente ha aiutato tanto a crescere. Adesso ci vediamo come un vero team di sviluppo. Ci contattano in gruppo, ci vogliono insieme. Proprio professionalmente, oserei dire, siamo più legati. Anche lavorare sul campo ci rende più affiatati. Sa, ci chiamano sempre per gli open day dell’ITI Avogadro. Siamo come testimonial del fatto che con tanto studio, impegno e dedizione gli obiettivi si raggiungono.

Impegno, studio, fatica: non sono termini presenti di solito negli slogan più accattivanti per i giovani. Eppure sono le parole che “funzionano”. Perché sono vere! Avete un luogo comune sui giovani da abbattere?

Negli anni ci hanno spesso accusato di stare attaccati ore al pc, a giocare ai videogiochi, come fosse sempre e solo una perdita di tempo. Direi una cosa del tipo: hai visto che stare davanti al pc è servito a qualcosa? La riscossa dei nerd…! A me personalmente tutto questo è servito come crescita professionale; per imparare a lavorare nel settore e poi mi ha permesso di conoscere persone splendide!  Alessandro, la sua mamma, la fondazione Vodafone. Se si usa tutto nella quantità giusta può servire a migliorare sé stessi e ad aiutare gli altri.

Amicizia: la vostra password di accesso?

L’amicizia stessa. Abbiamo l’informatica in comune, certo, la Juve, la sensibilità verso gli altri. Questo è anche dovuto al fatto che alcuni di noi hanno fatto gli animatori coi bimbi piccoli in oratorio. Essendo in quell’ambiente fin da piccoli abbiamo sempre aiutato il prossimo. Incontrare per ognuno di noi altri quattro ragazzi con questa stessa sensibilità ci ha unito tantissimo.