Mentre si trovava nella Trappa di Akbés (Siria) (1890-1896), Charles de Foucauld compose una serie di meditazioni dei Vangeli che fanno riferimento alla conversazione dell’anima con Dio.
Commentando Lc 23, 46 “Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio”, de Foucauld scrisse: “Questa è l’ultima preghiera del nostro Maestro, del nostro Beneamato… Che possa essere la nostra… E che sia quella non solo del nostro ultimo istante, ma di tutti i nostri momenti”.
Ecco la “preghiera d’abbandono”:
“Padre mio, io mi abbandono a te, fa’ di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me Ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me, in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.
Affido l’anima mia alle tue mani
Te la dono mio Dio,
con tutto l’amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore di donarmi
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre”.
A quale spiritualità attingeva de Foucauld per esprimersi in questo modo? Il sacerdote e storico Jean François Six crede che la “preghiera d’abbandono” derivi direttamente dal libro L’Abandon à la Divine Providence, del gesuita Jean-Pierre de Caussade (1675-1751), e lo esprime in questo modo:
“Parlando del libro di padre de Caussade, L’abbandono alla Divina Provvidenza, Charles de Foucauld diceva che era lo scritto che aveva segnato più profondamente la sua vita, ed è nota la ‘preghiera d’abbandono’ scritta da fratello Charles su questa linea” (J. F. SIX, Las bienaventuranzas hoy, Paulinas, Madrid 1986, 16).
E allora qual è il contenuto della guida spirituale di padre de Caussade? Uno studio magnifico si ritrova nel libro del sacerdote e teologo Adrián Sosa Nuez, intitolato Aproximación teológica al concepto de Divina Providencia (Credo Ediciones, Las Palmas de Gran Canaria, 2017).
Secondo il professor Sosa, l’abbandono totale e assoluto alla Divina Provvidenza è stato il motivo principale della vita di Jean-Pierre de Caussade e la chiave della sua direzione delle anime espressa nella sua opera L’Abandon à la Divine Providence, in cui espone due aspetti diversi dell’abbandono alla Provvidenza divina: “a) come una virtù, comune e necessaria per tutti i cristiani; b) come uno stato, proprio delle anime che hanno fatto una pratica speciale di abbandono alla volontà di Dio” (pag. 53).
Il motivo principale degli scritti di de Caussade è diffondere “che è necessario, e molto importante, lasciarsi trasportare da Dio, attraverso i mezzi che la Divina Provvidenza ha previsto per noi e ci offre” (pag. 57). Per il gesuita francese, “l’azione di Dio è qualcosa di costante nella storia dell’umanità, ed è per questo, perché Dio partecipa costantemente a questa storia, che possiamo riconoscerla anche come Storia di Salvezza” (pag. 65).
Per padre de Caussade, “tutte le azioni e i momenti dei santi sono Vangelo dello Spirito Santo, in cui le anime sono la carta e le loro sofferenze e azioni sono l’inchiostro. I libri che lo Spirito Santo ispira al presente sono libri viventi. Ogni anima santa è un volume, e questo Autore celeste realizza così una vera rivelazione della sua opera interiore, manifestandosi in tutti i cuori e in tutti i momenti (pag. 67).
È interessante vedere come padre de Caussade faccia riferimento a quella che descriviamo come Intelligenza Spirituale: “Illuminati dalla divina intelligenza, si vedono accompagnati da questa in tutti i loro passi, ed essa li tira via dalle strade sbagliate in cui sono entrati per ignoranza” (pag. 68). L’anima che si vede in questo stato “non si inclina a nulla per desiderio proprio. Sa solo lasciarsi riempire da Dio, e mettersi nelle sue mani per servire nel modo in cui Egli dispone” (pag. 72).
La Divina Provvidenza, attraverso la sua azione, possiede l’anima in modo tale che “in tutte le cose che fanno queste anime non sentono se non la spinta interiore per farle senza sapere perché” (pag. 73). Il nostro autore sottolinea infine la somiglianza tra i testi di padre de Caussade e il Concilio Vaticano II, visto che entrambi sostengono che “la vocazione alla santità, e la stessa dignità cristiana, si radicano nel Battesimo, il sacramento che ci fa diventare cristiani” (pag. 90).
Padre de Caussade, senza negare la virtù santificante dei sacramenti, amplia e arricchisce la visione della santità cristiana parlando del “sacramento del momento presente”, “quelle cose che Dio ci invia in ogni momento e delle quali possiamo servirci per avvicinarci di più a Lui. Per questo, nessun battezzato, cattolico o meno, si sentirebbe escluso dall’invito che propone Caussade a un vero abbandono alla Divina Provvidenza” (pag. 91).
Ed è quest’ultimo aspetto del “sacramento del momento presente” che de Foucauld ha scoperto grazie a padre de Caussade, come indica il Piccolo Fratello di Gesù Antoine Chatelard nel suo libro Carlos de Foucauld. El camino de Tamanrasset (San Pablo, Madrid 2003), in cui segnala che in una delle lettere scritte da de Foucauld al suo padre spirituale Huvelin (1669) si vede “esattamente come si mette in pratica la spiritualità del momento presente, che ha scoperto con padre de Caussade”.
Concretamente, de Foucauld si esprime così: “A ogni giorno il suo affanno; facciamo nel momento presente ciò che è meglio! In tutti i momenti che si succedono e che compongono la vita approfittiamo della grazia presente, dei mezzi che dà Dio; non c’è niente di meglio per prepararci bene ad approfittare delle grazie future e a riceverle che usare quelle attuali”.