Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 29 Marzo |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Stop alle aperture domenicali dei negozi: conquista o minaccia?

CLOSED

Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 10/09/18

Si discute sull'apertura o chiusura domenicale degli esercizi commerciali: tante variabili complesse sul tavolo, eppure non c'è dubbio che il centro del discorso non possa essere una serie di "rimedi" bensì un ideale umano rispettoso della sua unità di corpo e spirito

Vorrei spostare lo sguardo e andare dritta al punto con una domanda: il dibattito sull’apertura domenicale dei centri commerciali è un tema economico o morale (dal dizionario etimologico: “che insegna le regole che debbono dirigere l’attività libera dell’uomo”)? Entrambi, certamente. Ma in quali dei due contesti si verificheranno le conseguenze più permanenti? Oso dire nell’ambito morale, cioè nell’orizzonte complessivo che abbraccia il destino dell’uomo dentro la sua vita comunitaria. La famiglia è un bersaglio assai vulnerabile di questi tempi e l’assenza di un ordine tra il tempo del lavoro e il tempo del riposo rischia di essere un altro colpo ferale, tutt’altro che di poco conto. Dunque non ne faccio una questione di appartenenza politica, ma di legame a un ideale di vita cristianamente a misura dell’anima.

I fatti: far west o grande opportunità?

Luigi Di Maio, promette entro l’anno la legge che impone lo stop la domenica e nei giorni festivi delle aperture agli esercizi e ai centri commerciali. Una misura, quella del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, contro la liberalizzazione delle aperture e degli orari nel commercio, introdotta nel 2011 con il decreto ‘Salva Italia’. […] Plaudono i sindacati, da sempre schierati contro la deregolamentazione e il conseguente “far west”. Contraria l’opposizione, che fa sentire la sua voce con Matteo Renzi (Pd) e Giovanni Toti (Forza Italia). (da Huffington Post)

Questi sinteticamente i dati politici della discussione, a cui si devono aggiungere le valutazioni economiche: l’ampliamento delle aperture nei giorni festivi ha generato un aumento di posti di lavoro e un’impennata dell’economia; si parla di un bacino di consumatori di molti milioni durante il week-end e anche del 10% in più di posti di lavoro. Un ulteriore nota bene lo esprime uno dei rappresentanti dei consumatori:

12 milioni di italiani fanno acquisti la domenica, e i giorni festivi rappresentano per loro l’unica occasione per dedicarsi allo shopping e alle compere – spiega il presidente Carlo Rienzi (Codacons) – Privarli di tale possibilità attraverso misure che bloccano le aperture domenicali, equivale a dirottare gli acquisti dei consumatori verso l’e-commerce che, a differenza dei negozi tradizionali, non subisce alcun vincolo o limitazione. (Ibid)

Quando le argomentazioni vanno a toccare la crescita economica e la possibilità di un licenziamento in massa di lavoratori, è quasi assurdo muoversi col ragionamento in direzione opposta. Credo però che sia un azzardo necessario.

CHIUSO PER FERIE
Barbara | Flickr

Una storia come tante, turni domenicali e spese notturne

Sono una mamma di paese, tutte lo volte che arrivo a Milano mi sento tale e quale al Pozzetto-ragazzo di campagna. Guardo le insegne enormi, le luci, i negozi appariscenti, come una bambina nel paese delle meraviglie. L’anno scorso mi colpì vedere un centro commerciale aperto a mezzanotte, mentre rientravo da una cena con mio marito: questa catena di supermercati vantava un’apertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Fui entusiasta, nell’immediato; pensai alle mie giornate col fiato corto per riuscire a far tutto e m’immaginai quanto ci avrebbe guadagnato la mia routine se, anziché costringere tre figli ad accompagnarmi a far la spesa … col putiferio che ne consegue, avessi potuto farlo in solitaria quiete dopo cena, lasciando la prole al papà.




Leggi anche:
“Mia moglie non lavora, fa la casalinga”

Io ne approfitto delle aperture domenicali, eccome. Approfitterei anche degli orari notturni se ci fossero nella mia città. Sono contenta che ci siano posti di lavoro in più; io stessa cominciai a lavorare in un outlet nei week-end: mi sono pagata il dottorato vendendo cioccolatini il sabato e la domenica, Natale e feste comandate comprese. Ero, a quel tempo, una giovane sposa che sacrificò un anno di fine settimana col marito per aiutare il budget domestico. Poi fui licenziata, quando rimasi incinta.

E qui arriva una crepa nel pensiero. Credo alle famiglie che si arrabattano come possono e quindi fanno ogni sorta di lavoro, ma non credo alla magnanimità della visione commerciale. Se il ragionamento è: aiutiamo in tutti i modi l’economia e ne beneficeremo tutti, io vorrei ribattere: mettiamo davvero al centro la famiglia (cioè la persona) e l’economia ne beneficerà. Se qualcuno osa dire che questo implica insultare chi perderebbe il posto di lavoro, rispondo che questo è un uso distorto della logica.

La domanda giusta non è: cosa è immediatamente utile al lavoratore? Bensì: qual è il bene della persona e come il lavoro lo rispetta?

Il caso Amazondocet. Un colosso della vendita che ti recapita in tempo reale tutto-quello-che-vuoi, che offre posti di lavoro ai giovani. Un impiego che così racconta Tommaso:

Il lavoro, spiega, è organizzato su tre turni di 24 ore su 24 per 7 giorni su 7 “con uno stacco di mezz’ora per non creare ingorghi di posteggio: sono geniali in questo, non c’è che dire”. A rendere particolarmente pesante le ore allo stabilimento il cosiddetto ‘passo Amazon’ ossia che “devi fare almeno 120 pezzi in un’ora” nel reparto, dove la merce viene confezionata e spedita. “Nei pacchi multipli, invece, devi raggiungere un altro target”, ma in generale diciamo che il calcolo è semplice: due pacchi al minuto. Siamo tutti monitorati. (da Adnkronos)

Siamo sicuri che il bene di Tommaso sia, pur di aver un lavoro, di tenersi questo lavoro?

AMAZON, DEPOSITO
Shutterstock

Un giro su Twitter

Il dibattito sull’apertura domenicale dei negozi è un tema che stimola la reazione delle persone, ho fatto un giro sulla piazza virtuale di Twitter dove #chiusuradomenicale è in cima ai trending topics italiani. Ci ho trovato alcuni spunti ulteriori da mettere sul tavolo.

  • C’è chi fa notare che la liberalizzazione delle aperture voluta dal governo Monti fu un flop economico e rimanda a un pezzo del 2014 di Repubblica in cui si dice, tra l’altro:
“I previsti effetti benefici “sono tuttora non pervenuti”, ed il settore ha perso tra il 2012 e il 2013 oltre 100mila posti di lavoro, registrando allo stesso tempo 28,5 miliardi di minori consumi di beni da parte delle famiglie”.
  • C’è chi si domanda se il piccolo commerciante di bottega può permettersi di rimanere aperto 7 giorni su 7 o se invece le aperture infinite vanno a beneficio esclusivamente delle aziende della grande distribuzione; e quindi, ne nasce la domanda sul tipo di economia che reputiamo di vero valore per il nostro paese.
  • C’è chi fa notare che gli ospedali e le caserme e i ristoranti e i bar sono aperti anche nel week-end; c’è chi replica che però le banche no …

Con questa sintesi non rendo giustizia alla varietà dei commenti, ma rendo giustizia al senso di tutti i nostri pensieri. Noi siamo quelli che vanno in panico quando i buoi sono scappati e hanno reazioni convulse e istintive e giudicano pazzo il tipo che si mette a parlare della solidità del recinto. In altre parole, quando c’è una crisi ci spertichiamo a trovare dei rimedi (o dei capri espiatori); il tempo della crisi è quello in cui è necessario più di ogni altra cosa aggrapparsi a un ideale.

Il caos attuale è dovuto a una generale dimenticanza di tutto ciò a cui gli uomini aspiravano. Nessun uomo domanda più ciò che desidera, ogni uomo chiede quello che si figura di poter ottenere. (…) Il tutto diventa uno stravagante tumulto di seconde scelte, un pandemonio di ripieghi. (G.K. Chesterton, Cosa c’è di sbagliato nel mondo)

Campane, pennichelle & nulla di nulla

MESSAGGIO TWITTER

Alla lunga fila di commentatori che tirano in ballo l’ingerenza dei cattolici sulla scelta della chiusura domenicale degli esercizi commerciali vorrei dire che il negozio esiste perché esiste l’ ozio. E’ il mondo latino ad aver introdotto la distinzione tra otium e nec-otium, tra momenti di riposo e di lavoro. E occorre aggiungere: l’etimologia ci suggerisce che a dettare leggere era il riposo, visto che l’attività lavorativa era nominata – in negativo – a partire dal riposo.

Noi siamo quelli che nominano il riposo a partire dal lavoro: tanto è vero che esiste il dopo-lavoro. Dare i nomi alle cose la dice lunga sulla filosofia di vita che ci tiene in piedi. A onor del vero, il culto del riposo si è perso oggigiorno; tra palestre, happy hour, discoteca anche il tempo libero ha una tabella di marcia che affatica. Ma per fortuna all’orizzonte ci sono piccoli segnali incoraggianti.


BAMBINA, GIOIA, FARFALLE

Leggi anche:
Un regalo prezioso per i tuoi figli? Educali alla noia

Anche in ambito creativo ed economico ci si sta accorgendo che il vero alleato di una società che cresce non è un orario di lavoro sempre più ampio, bensì un adeguato spazio di “noia” per il lavoratore. Ebbene sì. Alcuni osservatori volgono le spalle alla cultura della frenesia e ritornano a quell’intuizione umana, ancor prima che religiosa, del ora et labora di San Benedetto.

CHIUSO PER FERIE
Massimiliano Grassi | Flickr

Noia e preghiera sono uno spazio di contemplazione necessario alla persona, come ossigeno. E non c’è cosa più difficile per noi sempre-connessi. Staccare il cervello è più complicato di trasformare il fango in oro. L’eccesso di attività non è sinonimo di società in crescita. E’ risaputo che le idee migliori non vengono dalla concentrazione in sé, ma dalla mente che si relaziona al mondo: quando si ascolta e basta. Persino quando si dorme.

Cal Newport è un talentuoso e giovane docente dell’Università di Georgetown e ha scritto un saggio, per ora solo in inglese, intitolato Deep Work. Io e mio marito lo stiamo leggendo. Le sue riflessioni portano a una rivoluzione del concetto di lavoro che auspica addirittura che la settimana lavorativa possa essere ridotta a 4 giorni (senza aumentare le ore di lavoro): incredibile ma vero, le aziende che hanno sperimentato questa soluzione hanno visto una crescita notevole della produttività dei lavoratori.  Perché?

Innanzitutto perché il limite non è una cosa brutta, avere un recinto ci stimola. Lavorando per meno tempo, si ottimizza tutto (infatti, quanta parte della nostra giornata lavorativa è vero lavoro?). Ci stimola anche il riposo, perché innesca nessi di pensieri liberi e mette il cervello a lato della scena principale: bisogna fermarsi e aprire gli occhi per accogliere novità, stupirsi, entusiasmarsi.


OPERAI, CASCHETTO, CIELO

Leggi anche:
Il lavoro è santo, fin dalla prima ora del lunedì mattina

Se questo è vero sul piano individuale, lo è a maggior ragione sul piano familiare. Posso essere egoisticamente contenta di fare la spesa dopo cena lasciando i figli a casa, ma quel tempo dovrebbe essere proprio speso a casa. La gita domenicale fuori porta non è come il tour degli outlet. Una mamma e un papà che si barcamenano tra orari impossibili di lavoro, incontrando i figli a turno, non è solo una necessità a cui si è obbligati. E’ il tramonto dell’umano. Nessuno più dei nostri figli ha bisogno di sapere che c’è un limite invalicabile oltre cui la persona è libera … libera da orari, libera di dormire, libera di ridere, libera di stare con chi ama a perdere tempo.

[protected-iframe id=”d65422ad9f9645845f61d7862cb72c4f-95521288-57466698″ info=”hash&ref_src=twsrc%5Etfw” class=”twitter-tweet”]

Potremmo passare il tempo a lamentarci di tutto ciò che attualmente non permette una giusta dignità alle famiglie e ai singoli; resteremmo qui fino alla prossima glaciazione. Sono convinta che un gesto molto più pragmatico di quanto sembri sia ripartire da un ideale umano sacrosanto e chiedere ai politici, economi, filosofi, antropologi, eccetera, di darsi coraggiosamente da fare per adempierlo ribaltando gli assunti comuni e mettendo al centro del discorso l’uomo come creatura carnale e spirituale:

Questa è la gigantesca eresia moderna: modificare l’anima umana per adattarla alle condizioni, invece di modificare le condizioni per adattarle all’anima umana. (G.K. Chesterton, Cosa c’è di sbagliato nel mondo)
Tags:
famiglialavorotempo libero
Top 10
See More