Oggi si inaugura nel capoluogo piemontese il primo esercizio del genere. Il mercato delle bambole robotiche a scopo erotico è floridissimo e in piena crescita. La donna rappresentata nelle bambole in esse è anche offesa e degradata
Magari fosse solo un pretesto per riflettere; invece è reale e da oggi in piena attività. Ci deve trattenere dall’offrirne eccessivi dettagli l’imperativo morale di risparmiare occhi e anima da simili orrori. Eppure si impone anche l’obbligo di dare un nome e dei confini a simili fenomeni per poterli affrontare e sconfiggere. Perché non c’è dubbio che siano da combattere; che si tratti di un male e basta, non minore, né accettabile, né sotto controllo.
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Parliamo dell’inaugurazione della prima casa per appuntamenti a Torino, provvista di otto esemplari di bambole robotiche rese il più verosimili possibile, per ora, realizzate negli stabilimenti della Lumidolls in Catalogna. (Ma siamo sicuri che continueranno a lavorare indefessamente. Il team in forze all’azienda spagnola vede impegnati un ricercatore di nanotecnologie, Sergi Santos, la moglie, designer, e altri studiosi incontrati tra Leeds e Abu Dhabi, riferisce il Corriere.)
Dalla Spagna arrivano dunque sette esemplari con fattezze femminili e uno con fattezze maschili. Si sa che la parità tra i sessi ha ancora molti chilometri da macinare. Sono già stati sistemati in alcune stanze, 50 mq in tutto, in uno stabile basso dove i clienti potranno soddisfare ogni loro fantasia.
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I servizi di Repubblica di un mese fa circa hanno suscitato grande e doveroso sdegno, tra le femministe in primis. Da quelle pagine si faceva eco senza apparenti scrupoli all’inaugurazione di questa avanguardia del sex entertainment, allora prossima e ora attuale. Nel commento che accompagna le immagini una voce di donna compita e professionale battezza Torino come la fortunata città che farà da porta di accesso nel mercato italiano per questa avanguardia. Prenotazioni già assicurate per quattro mesi. Iniziativa che avrebbe già riscosso enorme successo; location segreta. Insomma difficile non ipotizzare entusiasmo o almeno una colpevole neutralità per questo nuovo esercizio commerciale.
E invece messa lì così, ai piedi delle Alpi, questa casa di Sexdolls, su una delle direttrici trans europee più importanti non può che sembrare il primo cantiere dell’Alta Velocità del degrado umano.
E mentre, e giustamente, ci angosciamo a tutte le latitudini per le quantità enormi di plastica che affollano gli oceani, i pesci e anche i nostri intestini, non ci accorgiamo del tasso di tossicità di questa plastica. Tutto dell’incontro erotico in questa versione tragico-ludica è stato stravolto. Resta una caricatura riconoscibile di quello che, in chi frequenterà quei posti, forse ha smesso di suscitare nostalgia.
Igiene, privacy, legalità; sono i focolai quasi spenti di una città passata a ferro e fuoco. Le braci fumiganti della purezzasoffocata nell’igiene e pulizia profonda che gli operatori ci assicurano dopo ogni cliente. Sì, pulizia profonda e certificata, non sono gente poco seria. Il reciproco di questa notizia è che diventa inevitabile immaginare quanto possano sporcare, prima, questi clienti.
Al posto della moralità dell’atto sessuale campeggia tronfia la legalità: è tutto perfettamente legale, ci spiegano rispondendo a qualche residuo dubbio, forse. E dove tutto è andato perduto, dove il cuore dell’incontro erotico pulsava più sonoro, l’intimità tra gli amanti, troviamo ad attenderci come una sgraziata e indesiderata sorellastra lei, la privacy.
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Siamo in tanti a spaventarci per tutto questo ma forse non abbastanza ancora. Il mercato si prospetta florido e questo sembra avere la forza di travolgere tutto, mettendo in ridicolo le chiuse “etiche” con le quali in moltissimi di sicuro vorremmo fermare la piena.
Dice bene Marina Terragni quando intercetta nelle pratiche erotiche non fatte con ma su questi sembianti femminili frequenze della più tetra brutalità:
Quelle che pensano “meglio le bambole che le donne” hanno le loro ragioni, intendiamoci. Si tratta però di una resa senza condizioni di fronte a una sessualità maschile che si esprime come predatoria, perversa e violenta “per natura”, e che chiede un oggetto da usare in un femminicidio simbolico e non un soggetto con cui entrare in relazione. Più oggetto è e meglio è (marinaterragni.it)
La donna rappresentata in queste bambole in esse è anche offesa, sebbene non materialmente; in quelle membra di elastomero, in quelle cavità usate “come se” sono le donne ad essere vilipese. Perché nella donna in particolare il corpo ha la capacità di significare intensamente la persona.
E se la prostituzione è qualcuno che in qualche modo è disposto o costretto a far disporre altri del proprio corpo come di una cosa, qui il corpo che sembra qualcuno è una cosa che vuole sembrare qualcuno; ma da esso non fiammeggia nessuno guardo vero col quale confrontarsi, nemmeno quando la perfezione della resa sarà al massimo; né alcun consenso da ottenere né alcuna seppur vaga fase di seduzione da attuare, se non per gioco, se non sapendo di ottenere ciò che si vuole. Se non, addirittura, simulando uno stupro. Sì, c’è la bambola che esige forzatura, si chiama “frigid Farrah” ed è prodotta da un’altra compagnia.
Tra le bambole create a questo scopo e presenti a Torino ne esiste una con le forme della donna incinta, sì lo riporta sempre Repubblica:
Una addirittura simula una donna incinta: “Ci adattiamo completamente alle vostre esigenze per garantirvi intensi attimi di piacere con le migliori e i migliori Sexdolls del mondo, come non avreste mai potuto immaginare” si legge nella descrizione sul sito.