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L’allarme dell’OMS sul morbillo in Europa

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Paul De Maeyer - pubblicato il 01/09/18

Nei primi sei mesi del 2018 più di 41.000 bambini e adulti sono stati colpiti dalla malattia altamente contagiosa

In un comunicato stampa pubblicato il 20 agosto scorso, l’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO, di World Health Organization) ha lanciato l’allarme sul “drammatico aumento” dei casi di morbillo registrati in Europa.

“Stiamo assistendo a un drammatico aumento delle infezioni e di focolai estesi”, ha avvertito la direttrice regionale OMS per l’Europa, Zsuzsanna Jakab, che esorta tutti i Paesi ad “implementare immediatamente misure ampie e appropriate al contesto per fermare la diffusione di questa malattia”.

Infatti, “possiamo fermare questa malattia mortale”, ha ribadito la Jakab. “Ma non ci riusciremo a meno che tutti facciano la loro parte: immunizzare i loro figli, loro stessi, i loro pazienti, le loro popolazioni — e anche ricordare agli altri che la vaccinazione salva vite”, ha continuato l’ex sottosegretario ungherese alla Sanità, Affari sociali e familiari.

Dai dati dell’organismo con sede nella capitale danese Copenaghen, emerge infatti che nei primi sei mesi di quest’anno più di 41.000 bambini e adulti sono stati colpiti nel Vecchio Continente dalla contagiosa malattia esantematica (vuol dire che viene accompagnata da una tipica eruzione cutanea, detta esantema). Finora sono 37 i decessi da attribuire quest’anno alla patologia, così aggiunge il comunicato.




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Si tratta di un numero record che supera di gran lunga quello precedente registrato nel 2017, quando nel corso dell’intero anno erano stati segnalati in Europa 23.927 casi, di cui il 65% erano bambini e giovani appartenenti alla fascia d’età 0-19 anni, come rivela a sua volta il bollettino WHO EpiBrief 1/2018. La cifra più bassa del periodo 2010-2017 fu registrata invece nel 2016: 5.273 casi.

Altri dati

Sette sono i Paesi della zona europea dell’OMS (la quale include anche Israele e Russia), in cui nei primi sei mesi del 2018 sono stati segnalati oltre mille casi di morbillo. Si tratta di Francia, Georgia, Grecia, Italia, Russia, Serbia e Ucraina.

Con oltre 23.000 persone affette dalla malattia — cioè più della metà di tutti i casi registrati in Europa –, l’Ucraina risulta il Paese più colpito in assoluto. Invece quello con il maggior numero di decessi è la Serbia: 14. Nel Paese slavo, dove la copertura vaccinale ha raggiunto nel 2017 un tasso medio del 91%, sono stati registrati 71 casi di morbillo ogni 100.000 abitanti, ricorda Le Monde.

A livello europeo, continua il quotidiano, la copertura media attraverso i vaccini contro il morbillo è salita comunque dall’88% nel 2016 al 90% l’anno scorso. Ma ciò nonostante esistono delle “grandi disparità” tra i vari Paesi e anche “all’interno di uno stesso Paese”, avverte Le Monde.

Del resto, solo in 19 dei 53 Paesi che compongono la zona europea dell’OMS il tasso medio di copertura vaccinale supera la soglia del 95%, che garantisce la cosiddetta “immunità di gregge” o “immunità di gruppo”. Essa permette di tutelare le persone non vaccinate, non vaccinabili (ad esempio quelle immunocompromesse) o che non hanno sviluppato l’immunità totale.




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La malattia

Come ricorda l’OMS nella sua scheda dedicata al morbillo, si tratta di una malattia “altamente contagiosa” e “seria”, provocata dal Paramyxovirus. Prima della messa a punto del vaccino e della sua introduzione nel 1963, epidemie maggiori di morbillo si manifestavano ogni 2-3 anni circa, causando secondo le stime ogni anno 2,6 milioni di decessi.

Secondo i dati dell’OMS, a livello globale nel 2016 sono morte 89.780 persone per il morbillo, di cui la maggior parte bambini sotto i cinque anni di vita. Anche se si tratta di una cifra molto alta, è stato comunque il primo anno in cui il numero dei decessi per la malattia è sceso sotto quota 100.000, così rivela l’organismo internazionale.

Grazie alla vaccinazione di massa contro il morbillo, il numero delle vittime è calato a livello mondiale dell’84% nel periodo che va dal 2000 al 2016, continua la scheda dell’OMS, la quale ricorda che nello stesso arco di tempo il vaccino è riuscito ad evitare 20,4 milioni di decessi.

Situazione francese

Uno dei 7 Paesi europei (su 53) in cui sono stati registrati più di mille casi di morbillo nei primi sei mesi di quest’anno, è la Francia, dove a luglio è deceduta una ragazza 17enne presso il Centro Ospedaliero Universitario di Bordeaux per “complicazioni neurologiche” in seguito ad un’infezione con il virus. Come ricorda Le Monde, si è trattata della terza vittima attribuibile al morbillo quest’anno in Francia.

Dal 6 novembre al 24 giugno scorsi sono stati segnalati nel Paese 2.567 casi di morbillo, di cui il 22% (quasi un quarto) ha necessitato di un ricovero ospedaliero. Inoltre, nell’88% dei casi le persone contagiate non erano vaccinate o avevano una copertura vaccinale insufficiente, così si legge in un comunicato di Santé publique France.

L’obbligo vaccinale sarebbe del resto “poco rispettato” in alcuni ambienti religiosi e spirituali, tra cui la Fraternità San Pio X (meglio nota come i lefebvriani). Secondo una ricerca condotta da Lucie Guimier, varie scuole e centri estivi della comunità tradizionalista cattolica sarebbero stati dei “fulcri” della diffusione dell’epidemia di morbillo del 2008 in Francia, così scrive Le Monde in un articolo del 31 agosto.




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La Guimer punta anche il dito contro le scuole Steiner-Waldorf. Secondo la studiosa, i genitori degli alunni di questi istituti detti hors contrat (cioè che non hanno firmato un accordo con lo Stato) sarebbero meno inclini a fare vaccinare i propri figli. Nella  scuola steineriana Mathias-Grünewald di Colmar, nell’Alsazia, sono stati registrati nel 2015 un centinaia di casi di morbillo. Più della metà dei 400 studenti risultava non vaccinata.

Caso Wakefield

Ad influire negativamente sul tasso di vaccinazione contro il morbillo in Francia (ma anche altrove) è stata la controversia nata in seguito alla pubblicazione sulla nota rivista medica The Lancet, nel 1998, di una ricerca (fasulla) del gastroenterologo britannico Andrew Wakefield, secondo il quale ci sarebbe stato un nesso tra il vaccino trivalente MPR (cioè contro il morbillo, la parotite e la rosolia) e l’insorgere dell’autismo e di disturbi gastro-intestinali.

Dopo il primo clamore e sgomento, piuttosto presto si è capito che la presunta ricerca e le sue conclusioni erano solo fake, cioè false. Non solo era basato su un campione ridottissimo di casi – solo 12 bambini erano stati presi in considerazione da Wakefield -, ma inoltre lo studio presentava numerose pecche dal punto di vista metodologico e scientifico, così tante che era impossibile riprodurre i risultati ottenuti dal ricercatore. Inoltre si scoprì che la ricerca non era immune (per rimanere in tema) da interessi economici. Nel 2010 Wakefield fu radiato dal Medical Register (albo dei medici) e il Lancet ritirò ufficialmente l’articolo.

Ma ormai la frittata era fatta. Anche se è stata smentita seccamente, l’impatto della ricerca – definita da Sky TG24 “la madre delle bufale” – si fa sentire ancora oggi. La fiducia nei vaccini è stata talmente scossa, così racconta Le Monde, che ben 18 anni dopo il lancio dell’articolo, cioè nel 2016, il 41% dei francesi riteneva che i vaccini non fossero sicuri.

L’articolo di Wakefield ha dato anche in Italia una spinta al movimento dei cosiddetti “no-vax”, il quale risale al 1993, con il lancio avvenuto a Brescia del Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà dalle Vaccinazioni (noto come Comilva), e ha costretto l’attuale governo di M5S e Lega ad una sorta di “altalena decisionale” riguardo all’obbligatorietà vaccinale.

Ricordare il passato

Un salto nel passato nemmeno tanto lontano farebbe capire però quanto sono stati fondamentali i vaccini nel debellare alcune gravissime e anche invalidanti patologie, come ad esempio la poliomielite. Come ricorda un articolo diffuso il 23 giugno scorso dall’agenzia AGI, grazie alla vaccinazione di massa iniziata nel 1964 l’ultimo caso di “polio” è stato registrato in Italia nel 1982. Nel 1958 i casi furono ancora più di 8.000.

“Quanti conoscono gli esiti di quella ‘paralisi infantile’ che ha riguardato migliaia di bambini, deceduti o comunque paralizzati anche in modo gravissimo? Quanti sanno cosa sia un polmone d’acciaio?”, chiede l’articolo, il quale conclude: “Ricordare il passato potrebbe aiutare a fare scelte ben ponderate nel presente e a non abbassare mai la soglia di guardia nei confronti delle malattie trasmissibili”.

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