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Perché il dominio di sé cristiano non è autoaiuto

YOUNG,MAN,PRAYING

Ben White | CC0

padre Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 30/08/18

Sembra sgradevole, ma dobbiamo imparare davvero a “disperare di noi stessi”

“Ho trascorso i primi 35 anni della mia vita religiosa pianificando cosa avrei fatto per Dio, e i successivi 35 imparando a permettere a Dio di fare di me ciò che voleva”. Lo ha detto un gesuita che per me è un eroe e che è ormai con Dio. Negli ultimi cinque anni della sua vita è stato cieco, debole e non in grado di lavorare. Gli avevo chiesto come trascorresse le sue giornate: “Oh, mi siedo nella mia camera e ripercorro la mia vita, e ne assaporo le grazie. È un modo splendido di passare il tempo”. Che uomo saggio e generoso! Cosa può insegnarci?

Parlando dell’autodisciplina come via per raggiungere la libertà spirituale, trovo molto utile usare il libro di padre Basil W. Maturin Christian Self-Mastery. Non si tratta, però, di una sorta di autoaiuto, con un’enfasi su se stessi piuttosto che su Cristo. Ovviamente, credere di essere autosufficienti è nella migliore delle ipotesi il massimo dell’ingenuità, nella peggiore un’enorme delusione di cui si è colpevoli.

Nella vita spirituale non c’è progresso senza grazia. L’iniziativa è sempre di Dio, non dell’uomo. Siamo chiamati a rispondere a quello che Dio ha avviato in noi. Quando un gesuita pronuncia i suoi primi voti, conclude dicendo “…e come tu mi hai dato liberamente il desiderio di compiere questa offerta, possa tu garantirmi la grazia abbondante per realizzarla”. Questa preghiera non è proprietà particolare dei Gesuiti, ma un elemento fondamentale della vita cristiana.

Vogliamo evitare di fare quello che si racconta di Benjamin Franklin. Si dice che quando aveva 16 anni decise che avrebbe acquisito delle virtù. Visto che in un anno ci sono 52 settimane, decise che avrebbe acquisito una nuova virtù a settimana, di modo che alla fine dell’anno avrebbe acquisito 52 nuove virtù. Non ha mai indicato se ci sia riuscito o meno.

Un discepolo guarda sempre al maestro. Come possiamo noi, come discepoli di Cristo, evitare di sviare lo sguardo dal nostro Salvatore per guardare noi stessi? Consideriamo quello che scrive padre Maturin sul nostro bisogno di un aiuto che solo Cristo può offrire:

“Grazia: Infine, dobbiamo cercare costantemente l’assistenza della grazia divina. Non possiamo agire da soli nell’opera di restaurazione, né possiamo essere restaurati a uno stato di natura emendata e riparata. I rimedi che offre Dio sono soprannaturali, e se dobbiamo essere restaurati dovremo elevarci più di quanto riusciremmo a fare per natura. Dio versa nelle nostre ferite l’olio e il vino della grazia divina per farle guarire, la medicina che le guarisce trasforma la nostra natura e le dona nuovo vigore.

La lotta per essere meramente naturali, morali, padroni di noi stessi ci insegna rapidamente che è impossibile. È un’opera che ci trascende. Non possiamo diventare semplicemente ciò che eravamo prima; dobbiamo diventare di più. Se vogliamo frenarci e recuperarci, dobbiamo invocare il Grande Medico, e nelle sue mani troveremo una nuova vita instillata in noi e un nuovo mondo aperto davanti ai nostri occhi”.

Noi cristiani dobbiamo essere convinti del fatto che abbiamo bisogno di un Salvatore – un guaritore e un soccorritore divino che ci può portare dove dobbiamo andare ma dove non riusciamo ad andare da soli. Siamo creati per vivere qui e ora in un modo che ci formerà e ci permetterà di vedere il volto di Dio e di vivere per l’eternità nella felicità del Paradiso. Noi peccatori non possiamo farlo da soli; dobbiamo disperare di noi stessi e sperare in Cristo. Cosa ce lo impedisce? La risposta è stata sempre la stessa: “Il mondo, la carne e il diavolo”.

Il mondo: Il mondo che non obbedisce a Cristo vuole distrarci e farci dipendere, rendendoci consumatori e consumabili.

La carne: La nostra natura umana caduta anela a comfort, piacere e stimoli. Il mondo è ansioso di soddisfare questi desideri.

Il diavolo: Il nostro nemico spirituale e i suoi tirapiedi ci sussurrano costantemente che Dio non vuole ciò che è meglio per noi, e che “meritiamo” autoindulgenza.

Il culto dell’autostima non può aiutarci, un programma di miglioramento di noi stessi nemmeno. Può aiutarci solo una duratura sfiducia in noi stessi unita a una fervente speranza in Cristo. I grandi santi ci dicono che un’offerta gioiosa di noi stessi a Cristo dev’essere seguita da una vita di autodisciplina per amor suo.

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