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Il cervello degli adolescenti è un campo di battaglia, non lasciamoli soli

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BenEssere - pubblicato il 30/08/18

Recenti studi hanno messo in luce l’importanza del neurotrasmettitore dopamina nei comportamenti tipici dei giovanissimi, a muoverli è la ricerca impulsiva di una ricompensa immediata.

di Piero Bianucci

Daniel J. Siegel insegna psichiatria clinica all’Università della California a Los Angeles, dove dirige il Mindsight Institute. È diventato famoso a livello internazionale per le sue ricerche sullo sviluppo del cervello negli adolescenti. Che il cervello non sia soltanto un insieme di neuroni (90 miliardi!) determinato alla nascita o tutt’al più nei primi anni di vita, è una scoperta relativamente recente.

Quanti neuroni!

Ogni anno si pubblicano migliaia di articoli sulla “plasticità cerebrale”, cioè sulla modificabilità del cervello, e ormai è diffusa la convinzione che, sia pure in misura ridotta, la plasticità si mantenga fino all’età più avanzata, un po’ per la presenza di cellule staminali che, sia pure in modo molto parziale, vanno a sostituire neuroni danneggiati, ma soprattutto perché la dotazione di neuroni che ci è data alla nascita modifica continuamente la propria rete in funzione delle esperienze e dei rapporti sociali.

Contano i neuroni, certo, ma conta ancora di più il modo con cui sono collegati tra loro – il cosiddetto connettoma – e sui collegamenti influiscono pesantemente le circostanze della vita: ambiente, cibo, giochi, conoscenze. Il “cablaggio” del cervello umano è lungo circa 100 mila chilometri: il National institutes of health degli Stati Uniti lo sta mappando.

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Daniel Siegel ha concentrato la sua attenzione sugli anni dell’adolescenza, dai 12 ai 24 – da poco sappiamo che fino a 24 il cervello non è completamente formato – e ha scoperto che in questo periodo, sotto l’azione della dopamina, avvengono nel cervello dei giovani cambiamenti cruciali, confermati da tutti gli studi più recenti.

Tutto sulla dopamina

Come governarli? Non è un caso che, tra tutti i neurotrasmettitori che agiscono nel nostro sistema nervoso, la dopamina sia il più studiato negli ultimi vent’anni, anche perché la dopamina è la molecola chiave nel Parkinson, una malattia neurodegenerativa sempre più diffusa. La dopamina viene prodotta in diverse zone del cervello (nella “substantia nigra”, nell’area tegmentale ventrale, nell’ipotalamo) e si accumula nel telencefalo, nell’amigdala – sede di reazioni primarie come la paura – e nella corteccia, la parte più evoluta del cervello umano. Svolge molte funzioni: come ormone inibisce il rilascio di prolattina, nel sistema gastrointestinale blocca le contrazioni del vomito, nel sistema cardiocircolatorio aumenta la frequenza dei battiti del cuore e la pressione del sangue; nel cervello agisce sul sonno, l’umore, l’attenzione, la memoria di lavoro (quella che trattiene i dati solo per il tempo necessario al loro uso immediato), l’apprendimento, la gratificazione sessuale.

Più in generale, la dopamina è la molecola del piacere che interviene nel meccanismo degli stimoli che producono motivazione e ricompensa: non soltanto l’attività sessuale, quindi, ma anche l’esercizio sportivo, i cibi appetitosi, le bevande dolci o alcoliche, le sostanze stupefacenti. Ed è proprio il meccanismo della ricompensa ad assumere un ruolo fondamentale nella “costruzione” del cervello degli adolescenti.

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Bisogno di gratificazione

«Durante l’adolescenza», spiega Siegel, «si intensifica l’attività dei circuiti cerebrali che utilizzano la dopamina innescando la spinta a cercare gratificazioni. A partire dall’inizio dell’adolescenza, e con un picco a metà della fase adolescenziale, l’aumento nel rilascio di dopamina porta i giovani a essere attratti da esperienze elettrizzanti capaci di dare sensazioni di euforia». Ma qui c’è un paradosso di cui occorre tenere conto: gli studi scientifici hanno accertato che durante l’adolescenza il livello di base della dopamina è inferiore rispetto a quello tipico di altre fasi della vita, mentre il suo rilascio come reazione alle esperienze compiute è maggiore.

«Questo ci fa capire il motivo per cui ragazzi e ragazze si sentono subito “annoiati’” se non si dedicano continuamente ad attività stimolanti e sempre nuove. L’aumento spontaneo nel rilascio di dopamina che si verifica nel partecipare a queste attività comunica agli adolescenti una potente spinta vitale ma può anche indurli a concentrarsi esclusivamente sulle gratificazioni positive che considerano certe, prestando minore attenzione e dando meno importanza a potenziali rischi delle esperienze che stanno facendo». È importante conoscere il meccanismo della gratificazione da dopamina perché da esso dipendono le tre principali caratteristiche dell’età adolescenziale: l’impulsività, la maggiore predisposizione alle dipendenze e la cosiddetta “iper-razionalità” (che ha come conseguenza un particolare tipo di comportamento irrazionale).

Impulsività e dipendenze

L’impulsività è promossa dalla ricerca istintiva di stimoli sempre diversi: rinunciare all’impulso è frustrante, cedergli è gratificante. La dopamina fa quindi pendere la bilancia dalla parte dell’impulsività. È per questo che, specialmente i maschi, durante l’adolescenza si lanciano in esperienze pericolose (guidare ad alta velocità, fare bungee jumping, praticare sport estremi) e le statistiche collocano in quella fascia di età il maggior numero di incidenti, talvolta mortali, e anche di suicidi.

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Isaiah Bekkers/Unsplash | CC0

Per superare questa fase dell’adolescenza è bene favorire un processo di maturazione che, se non si eccede nell’incentivare il meccanismo della dopamina, avviene spontaneamente: «L’impulsività può essere tenuta a freno dall’intervento di particolari fibre nervose in grado di creare uno spazio mentale tra impulso e azione, ed è proprio durante l’adolescenza che queste fibre regolative incominciano a svilupparsi per controbilanciare il sistema di ricompensa legato al rilascio di dopamina. Nasce così il controllo cognitivo, cioè la capacità di inserire una pausa di riflessione tra l’impulso e l’azione». È una questione molto delicata di equilibrio tra libertà e inibizione.

L’impulsività porta all’esplorazione dell’ignoto, e la tendenza all’esplorazione propria dei giovani è essenziale per dare spazio alla loro creatività, che costituisce un vero e proprio patrimonio collettivo: in campo artistico, scientifico, sociale, le innovazioni e quindi il progresso vengono soprattutto dalle generazioni più giovani. Ma tra i rischi dell’impulso all’esplorazione c’è anche quello di accostarsi alle droghe. Poiché le sostanze capaci di creare dipendenza comportano il rilascio di dopamina, il meccanismo si autoalimenta: l’aumento di dopamina induce a esplorazioni rischiose e l’esplorazione può portare a sostanze stupefacenti che fanno crescere il livello di dopamina. Questo circolo vizioso fa capire perché sia così difficile uscire dalla prigione della dipendenza – e così facile entrarci.

Tra le sostanze che innescano il sistema dopaminergico ci sono anche gli alimenti che comportano un rapido aumento degli zuccheri nel sangue (indice glicemico). Dolci, succhi di frutta, bevande zuccherate, ma anche pane, pasta, patate, oltre a far impennare l’indice glicemico, incrementano il livello di dopamina accendendo i circuiti cerebrali della gratificazione. È da ricercare in questa dinamica l’origine profonda di alcune forme di bulimia e dell’epidemia di obesità: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il numero delle persone obese dal 1980 è raddoppiato: oggi sono 1,9 miliardi gli adulti in sovrappeso e di questi 600 milioni sono gli obesi. E l’obesità è un grave fattore di rischio.

Iper-razionalità

Più sottile è il terzo effetto riconducibile alla spinta a cercare gratificazioni tipica del cervello adolescenziale e a trovarle nel sistema della dopamina: l’iper-razionalità. Questo atteggiamento consiste nell’analizzare le situazioni della vita “alla lettera”, senza allargare lo sguardo al contesto. Ma così si mettono in evidenza solo gli aspetti attraenti mentre rimangono in ombra i rischi. «Il pensiero iper-razionale», precisa Siegel, «non comporta una mancanza di riflessione, come nel caso dell’impulsività, né una forma di dipendenza come nel caso del cibo o della droga. È piuttosto un processo cognitivo dall’orizzonte limitato. La tendenza a tenere conto soprattutto degli aspetti positivi è più forte quando i teenager stanno in mezzo ai coetanei. Negli adolescenti l’influenza e l’imitazione dei compagni sono particolarmente potenti. Solo con la maturità si approda al pensiero globale: grazie a esso superiamo l’iper-razionalità, incominciamo a considerare il contesto complessivo e a perseguire valori positivi in cui crediamo, invece di concentrarci solo sulla ricerca della gratificazione immediata indotta dalla dopamina».

Realtà virtuale

Questo discorso vale anche per le relazioni virtuali. I giovani oggi vivono chattando, si scambiano continuamente messaggi e fotografie, “abitano” Facebookconfondendo amicizie reali e amicizie fatte solo di clic. Secondo l’Osservatorio nazionale adolescenza il 94% dei ragazzi e delle ragazze utilizza Internet per tenersi in contatto in tempo reale con i coetanei. Molti giovani riaccendono il cellulare di notte all’insaputa dei genitori e per non lasciare tracce ricorrono ad app anonime come Sarahahe Kit Messenger o che, come Confide, distruggono automaticamente messaggi, immagini e clip appena trasmessi.

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By GaudiLab | Shutterstock

È facile constatare come l’immersione nei social crei negli adolescenti dipendenza: esaurire i gigabyte disponibili o avere il cellulare scarico causa vere e proprie crisi da astinenza perché interrompe il ciclo di gratificazione della dopamina, alimentato a ogni scambio di immagini e messaggi. Le giovanissime e milionarie star della Rete come Favij, Sof a Viscardi, Iris Ferrari, e tanti blogger e youtuber hanno milioni di follower con tutti i sintomi della dipendenza. Ma l’aspetto più grave messo in luce dalle ultime ricerche è che negli adolescenti la modificazione a senso unico delle connessioni cerebrali sotto l’effetto dopaminergico può bloccare lo sviluppo cerebrale verso l’età matura. Si rimane così come eterni ragazzi: un rischio che famiglie e insegnanti devono assolutamente prevenire.

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