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Le accuse di monsignor Viganò contro Papa Francesco sono vere?

CARLO MARIA VIGANÒ

©EMANUELA DE MEO/CPP

Jesús Colina - pubblicato il 29/08/18

Nuove rivelazioni permettono di comprendere meglio la crisi che vive la Chiesa

La lettera dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, pubblicata tra il 25 e il 26 agosto e in cui chiede la rinuncia di Papa Francesco, è stata una bomba per i cattolici di tutto il mondo.

Migliaia di articoli, pubblicati nei giorni successivi, hanno seminato confusione ma sono anche serviti ad aggiungere nuovi dati, perfino autentiche rivelazioni, che aiutano a comprendere meglio il valore del testo.

Riportiamo di seguito alcune conclusioni che si possono trarre attualmente dalle informazioni pubblicate e verificate.

La presunta approvazione di Benedetto XVI, “fake news

Giornalisti e altre persone che prima della pubblicazione della lettera erano in contatto con l’arcivescovo Viganò hanno affermato pubblicamente che il testo era stato rivisto e approvato dal Papa emerito Benedetto XVI (cfr. New York Times, 27 agosto 2018).

Queste informazioni sono state smentite dal segretario personale di Benedetto XVI, l’arcivescovo Georg Gänswein: “L’affermazione per la quale il Papa emerito aveva confermato queste dichiarazioni manca di fondamento. Fake news!”

In alcune dichiarazioni al quotidiano tedesco Die Tagespost, il presule tedesco ha spiegato che “Papa Benedetto non ha fatto commenti sul ‘memorandum’ dell’arcivescovo Viganò e non ne farà”.

Me le accuse di monsignor Viganò contro Papa Francesco sono vere? Nuove rivelazioni permettono di comprendere meglio la crisi che vive la Chiesa.

Domande alle quali manca ancora una risposta

Come si può interpretare la partecipazione di monsignor Viganò a un omaggio pubblico all’ex cardinale Theodore McCarrick, il 2 maggio 2012, presso il Pierre Hotel di Manhattan?

Si tratta di un fatto centrale, perché l’arcivescovo chiede la rinuncia di Francesco per non aver applicato le “sanzioni canoniche” che Papa Benedetto XVI avrebbe emesso privatamente contro l’ex porporato statunitense, attualmente accusato di abusi sessuali.




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Nel suo testo, Viganò afferma che queste sanzioni, attraverso le quali Papa Benedetto chiedeva a McCarrick di ritirarsi a una vita di preghiera e penitenza, gli sono state comunicate nel novembre 2011 dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione dei Vescovi, nel contesto della sua nuova missione come nunzio apostolico a Washington.

Pochi mesi dopo, tuttavia, secondo quanto ha riferito in quell’occasioneCatholic New York, quotidiano di quell’arcidiocesi, monsignor Viganò partecipava alla consegna all’allora cardinale McCarrick della medaglia con le chiavi di San Pietro, che costituisce il simbolo del Papa.

In questo tweet, ad esempio, si può vedere una foto della cerimonia:

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Finora, nessuno ha confermato che Papa Benedetto XVI abbia emesso queste sanzioni in privato contro McCarrick, e il diretto interessato alla loro applicazione, il suo successore nell’arcidiocesi della capitale statunitense, il cardinale Donald Wuerl, ha affermato pubblicamente di non esserne a conoscenza.

Lo stesso Benedetto XVI sembra non aver potuto rispettare le sue disposizioni, nel caso in cui le avesse emesse, perché come è stato ampiamente documentato da vari mezzi di informazione ha partecipato insieme a McCarrick ad atti celebrativi pubblici successivi alla sua presunta decisione. Ad esempio, si può vedere il suo saluto fraterno in Vaticano in questo video del 28 febbraio 2013, due anni dopo delle presunte misure ordinate da lui stesso contro McCarrick.

La lettera dell’arcivescovo Viganò chiede la rinuncia del Papa per non aver rispettato queste presunte sanzioni contro l’ex cardinale, sanzioni che egli stesso ha sfidato con un omaggio pubblico pontificio e che, se confermate, non ha potuto rispettare neanche lo stesso BenedettoXVI.

La missiva pone una seconda domanda a cui dovrà rispondere monsignor Viganò: com’è possibile giustificare la violazione del segreto pontificio, dimostrata dalla lettera e a cui è obbligato un nunzio apostolico?

Quando l’arcivescovo Viganò si è impegnato a rappresentare Papa Benedetto XVI negli Stati Uniti, si è assunto la responsabilità di mantenere il segreto pontificio, in particolare sulla nomina dei vescovi, come stabilisce l’istruzione sul segreto pontificio Secreta continere, emanata con l’approvazione di Paolo VI nel 1974.

Il documento in latino specifica che il segreto pontificio, quando si ricoprono questi incarichi, dev’essere mantenuto “poiché si tratta della sfera pubblica, che riguarda il bene di tutta la comunità religiosa”, e quindi non di qualcosa che si possa violare “secondo ciò che detta la propria coscienza”, come sembra giustificare Viganò con questa pubblicazione.

Si tratta dell’atto di infedeltà più grave che un nunzio apostolico possa commettere nel suo servizio al Papa. Già in passato monsignor Viganó aveva violato il segreto pontificio nelle filtrazioni sul caso Vatileaks.

Con queste constatazioni non ci permettiamo comunque in alcun modo di giudicare la purezza delle intenzioni di monsignor Viganò.

Più clericalismo…

La pubblicazione della lettera ha portato alcuni vescovi statunitensi ad adottare due posizioni: quella di chi dà credito all’arcivescovo Viganò e quella di coloro che attaccano in blocco o in parte le sue accuse.

In generale, queste posizioni rappresentano le due tendenze più rappresentative nell’episcopato del Paese. In questo modo si è aperta una nuova diatriba tra i successori degli apostoli, in cui c’è molto di “politica” ecclesiale tra due fazioni contrapposte.

La lettera ha scatenato una nuova polemica tra chierici (clericalismo), che non aiuta la riflessione obiettiva e sincera sulla ricerca delle cause che hanno portato a una crisi così terribile.




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E le vittime?

Tutta la polemica ha messo in secondo piano il dovere della Chiesa di riparare al terribile danno commesso dai chierici nei confronti delle vittime dei loro abusi, vittime che dovrebbero essere invece la priorità in tutta questa riflessione.

L’importante gesto di riparazione che Papa Francesco ha presieduto questa domenica nella Messa conclusiva della sua visita in Irlanda è stato totalmente offuscato dalla pubblicazione della lettera. Chi ha collaborato alla diffusione del testo ha spiegato che la scelta della data è stata concordata tra Viganò e i giornalisti che hanno cooperato con lui.

Tra tutte le polemiche di questi giorni, le vittime hanno smesso di essere al centro. Piuttosto, nelle argomentazioni sembrano servire gli interessi della politica ecclesiastica. Al di là delle intenzioni, è questa l’immagine che si trasmette.

Necessità di un’indagine credibile sul caso McCarrick

In tutta questa polemica, ad ogni modo, c’è un elemento che unisce tutte le parti coinvolte: la necessità di compiere un’indagine credibile che permetta di rispondere a una domanda tremenda: com’è possibile che McCarrick, che come abbiamo saputo di recente era noto per la sua storia di abusi, sia stato nominato arcivescovo Washington e perfino creato cardinale da Giovanni Paolo II?

Non saranno le testimonianze personali, come quella di Viganò, a offrire una risposta credibile per la Chiesa e il mondo. Come ha spiegato il presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, il cardinale Daniel N. DiNardo, dopo aver consultato la Santa Sede, solo un’indagine indipendente, della quale faccia parte una commissione di laici, potrà chiarire la verità e restituire la credibilità che oggi manca.

Solo “la verità vi farà liberi” (Giovanni 8, 31-38). Questa è l’unica strada, proposta da Gesù, per superare il clericalismo malato e la crisi che affronta la Chiesa.

Tutti i credenti, dal Papa ai cardinali, passando per vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi fino ad arrivare all’ultimo laico, in questa sensazione di affondamento della barca che è la Chiesa devono gridare in preghiera, come hanno fatto gli apostoli di Gesù, “Signore, salvaci!” (Matteo 8, 25). Chi ha letto il Vangelo conosce già la risposta data dal Maestro.

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