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Matteo Pio Colella e sua madre ebbero contemporaneamente la visione di Padre Pio

matteo pio colella – padre pio

Youtube - Roberto Dughetti/Wikipedia | CC BY-SA 3.0

Matteo Pio Colella in una testimonianza in tv e Padre Pio

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 25/08/18

«Un frate con la barba che si avvicina deciso a un letto e con tutt’e due le mani solleva di scatto il corpicino rigido di un bimbo per metterlo in piedi». In più d'un'occasione il frate di Pietrelcina avrebbe avuto contatti con l'aldilà. Il miracolo del bambino di San Giovanni Rotondo è l'episodio più noto

Sono numerosi gli episodi in cui Padre Pio da Pietrelcina avrebbe avuto contatti con l’aldilà. Quello più noto e documentato riguarda la guarigione straordinaria del piccolo Matteo Pio Colella.

Don Marcello Stanzione in “Padre Pio e gli angeli” (edizioni Segno) racconta un retroscena su questo episodio che ha sbalordito anche la medicina tradizionale. Ed è la madre di Matteo a parlarne. Ma andiamo con ordine.

Sospetta meningite fulminante

Il bambino di 7 anni d’età è ricoverato d’urgenza in ospedale a San Giovanni Rotondo, il paese dove abita, la sera del 20 gennaio 2000, per una sospetta infezione da meningococco, che drammaticamente divenne nell’arco di poche ore una insufficienza d’organo multipla complicata da una sindrome respiratoria acuta.

Matteo Pio frequentava la seconda elementare nella scuola “Francesco Forgione” (il nome da laico del cappuccino).


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20 gennaio: notte in rianimazione

Il complesso delle analisi di laboratorio mise in luce una situazione estremamente preoccupante: febbre oltre i 40 gradi, tachicardia (120 battiti al minuto), ipoglicemia, carenza di piastrine, eccesso di bilirubina e di creatinina. Tutto faceva pensare a una meningite fulminante, evolutasi in sole dodici ore. Matteo Pio venne ricoverato nel reparto di Rianimazione e durante la notte le sue condizioni, nonostante il trattamento intensivo, peggiorarono drammaticamente.

21 gennaio, ore 10: edema polmonare

Alle ore 10 del 21 gennaio 2000 si manifestò un edema polmonare con un arresto cardiaco prolungato. Nell’arco di un’ora il deterioramento delle funzioni vitali giunse a un punto tale che il primario Paolo De Gaudio si arrese, considerando “una cattiveria il proseguire nei tentavi di rianimazione”: la dilatazione delle pupille era fissa in ambedue gli occhi, la saturazione dell’ossigeno nel sangue giunse a un picco del 18%, il cuore batteva soltanto 23 volte al minuto e non si riusciva più a rilevare la pressione arteriosa.




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9 organi compromessi

Al termine di quei concitati minuti, ricostruiti dall’infermiera Angela Maria Frattaruolo, «il dottor Del Gaudio disse: ‘Ragazzi, non c’è più nulla da fare, il bambino non si riprende’».

Dal punto di vista clinico, gli organi collassati erano nove: il sistema nervoso, il fegato, il sangue e la coagulazione, la cute, gli apparati cardiovascolari, respiratorio, gastrointestinale, endocrino e urinario.

Le statistiche

«Era del tutto naturale ipotizzare che queste condizioni avrebbero determinato o il decesso o, nella migliore delle ipotesi, dei danni irreparabili agli organi nobili», ha sostenuto il nefrologo Pietro Gerardo Violi, dettagliando che «la letteratura internazionale, valutando la percentuale di mortalità dell’insufficienza multi organo, si ferma nella casistica all’interessamento di cinque organi, perché subito dopo, cioè a sei, non si è mai descritta la sopravvivenza di nessun paziente, proprio perché la mortalità è del cento per cento».




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21 gennaio, ore 11: l’ultimo tentativo

Erano le 11 di quel 21 gennaio 2000, quando dottor Del Gaudio tornò sui propri passi, su sollecitazione della dottoressa Rosa Salvatore che lo invitò a compiere un ultimo tentativo. A Matteo Pio furono iniettate in vena cinque fiale di adrenalina, una dose che non viene usualmente somministrata nemmeno ad un adulto, e nel bambino si manifestò qualche segno di ripresa.

Ma, come ha documentato un accurato studio del professor Violi, la terapia adottata durante l’intera degenza, compresa quella dose straordinaria di adrenalina «poteva agire sulla eziologia della meningite e di qualche altra patologia presente nel paziente, ma non poteva in alcun modo arrestare il processo che si era innescato».

Nessuna lesione permanente

Matteo venne mantenuto in coma farmacologico, anche se non sembravano esserci speranze. Poi, improvvisamente, nel corso di qualche giorno, le condizioni del bambino segnalarono costanti segni di miglioramento, sbalordendo i medici che avevano pronunciato la diagnosi infausta. Gli esami clinici accertarono che il prolungato arresto cardiaco e l’edema polmonare acuto non aveva causato lesioni permanenti, contrariamente a ogni previsione.

6 febbraio: il risveglio

Il 6 febbraio fu il giorno decisivo, al risveglio dal coma, aderendo a una richiesta del bambino, gli venne concesso di vedere la televisione e persino di farsi portare il suo giocattolo elettronico. Si può dire che Matteo Pio è stato il primo paziente al mondo ad aver giocato con la Playstation in un reparto di rianimazione, sfidando perfino i medici a competere con lui nelle gare di abilità.




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Due miracoli

Perciò, come hanno affermato i consulenti sanitari, si può parlare di una duplice guarigione miracolosa: la prima è quella dalla morte che era attesa a ventiquattro ore dall’inizio della malattia; la seconda è quella di ciascuno dei nove organi interessati. Il 25 febbraio, dopo poco più di un mese di ospedale fu dimesso e dopo un altro mese di terapie riabilitative poté riprendere la frequenza scolastica.

La lettera a Raffaelina

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Mentre Matteo era in coma, la sera del 21 gennaio, dopo che ormai si erano perse tutte le speranze di tenere in vita il piccolo, mamma Maria Lucia venne riportata di prepotenza a casa: «Ebbi solo la forza di sedermi sul mio letto e di aprire a caso, come faccio sempre, uno degli epistolari di Padre Pio. Mi capitò la sua lettera a Raffaelina Cerase, in cui diceva a proposito della sorella Giovina: ‘Fu strappata alle fauci della morte: ella era stata condizionatamente destinata a raggiungere i genitori lassù. Solo le molte preghiere ne sospesero l’esecuzione’. Interpretai questo passo come un segno di speranza che Padre Pio mi dava».

“Un frate con la barba bianca…”

Nei giorni successivi, mentre il figlio era in coma farmacologico, Maria Lucia Ippolito si recò a pregare nel santuario, sulla tomba del frate e all’interno della sua cella, aperta appositamente per lei dal padre guardiano.

All’improvviso la donna ebbe una visione: «Nel pregare col viso schiacciato sul granito freddo vedo a occhi chiusi, in bianco e nero, un frate con la barba che si avvicina deciso a un letto e con tutt’e due le mani solleva di scatto il corpicino rigido di un bimbo per metterlo in piedi. È un attimo! Apro e richiudo gli occhi nella speranza di veder proseguire quella scena. Ma la mia mente non riesce più a produrre immagini, è il buio, mentre il mio cuore incomincia a battere forte. Realizzo che quel frate è Padre Pio e che forse mentre stavo lì, proprio sulle spoglie, abbandonata al mio dolore di madre, vicino a lui, ha voluto dirmi: ‘Aiuterò Matteo ad alzarsi’”.




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“…tu presto guarirai”

Quasi come conferma, al risveglio dal coma, il 6 febbraio, il piccolo racconterà alla mamma di essersi visto da lontano, nel letto, attraverso un buco tondo: «Io ero vicino ai macchinari e un vecchio con la barba bianca e il vestito lungo e marrone mi ha dato la mano destra e mi ha detto: ‘Matteo, non ti preoccupare, tu presto guarirai’, e mi sorrideva. Dall’altro lato ho visto tre angeli che avevano le ali, uno bianco con le ali gialle, due rossi con le ali bianche: non ho visto i loro visi perché erano luminosi».

“E’ lui mamma!”

La signora Maria Lucia ha descritto così la propria reazione: «Ho capito che Matteo doveva aver visto qualcuno di eccezionale e immaginavo chi, ma non osavo crederci. Così ho preso l’immaginetta di Padre Pio che Matteo aveva stretta fra le mani (peraltro senza mai vederla) e gliel’ho messa dinanzi non proferendo verbo. Lui l’ha osservata attentamente per un po’, poi con gli occhi illuminati e con una gioia inaspettata mi ha detto: ‘È lui mamma, è lui, è Padre Pio: era Padre Pio vicino a me’».




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Una storia che assume ancora più valore, quella di Matteo, a meno di un mese dai festeggiamenti per il centenario della comparsa delle stimmate di Padre Pio e dei cinquant’anni dalla sua morte (precisamente il 20 e il 23 settembre).

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