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Global warming e fake news sull’anno Mille: essere cattolici non significa essere climatoscettici

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Giovanni Marcotullio - Breviarium - pubblicato il 17/08/18
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Non esiste riscaldamento globale. Anzi, forse esiste ma non ci farà niente: ne abbiamo già visti altri, ad esempio i tre secoli di “POM”… Girano online questa e altre amenità per minimizzare il dato del riscaldamento globale (e poter quindi nicchiare sulle responsabilità antropiche). Degli studiosi di medioevo hanno simpaticamente illustrato una dettagliata smentita, che ci sembra fare bene il paio con una importante pagina del Magistero del Papa.Ormai ventuno giorni fa ponevo su Facebook uno scherzoso dilemma in forma di sondaggio:

Con una certa sorpresa ho registrato che il 77% dei votanti ha professato devozione incondizionata al perlopiù ignoto brevettatore dei sistemi di climatizzazione; il 23% invece gli si è rivoltato contro.

Ora io credo che sia giusto precisarlo: non solo non nutro alcun astio verso Lewis Latimer, ma anzi la mia ammirazione per il suo genio (al quale dobbiamo tutti parecchie cose) e per la sua storia personale gratta effettivamente dal basso il tetto della venerazione. Se qualcuno aveva avvertito nelle mie parole un tantino di astio nei suoi confronti (costui avrebbe avuto ragione), esso si dovrà più correttamente riferire alla sua invenzione, che farà tanto bene ai cardiopatici e agli anziani, nonché ai degenti in ospedale e a tante altre categorie di persone… ma personalmente mi fa l’effetto che a Superman fa la kryptoninte. Tornavo su quel sondaggio appunto perché scrissi il post dopo tre giorni di un violento raffreddamento dovuto all’uso scellerato dei condizionatori sui treni italiani ed europei: insomma sono più di tre settimane e ancora non riesco a riavermi del tutto…



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Latimer non c’entra niente, si capisce, e anche le Ferrovie dello Stato avranno sicuramente le loro ragioni, per tenere l’escursione termica tra dentro e fuori oscillante tra i 15 e i 20 °C. Di certo anche i negozi avranno ottime motivazioni per mantenere la temperatura degli ambienti sotto i 22 °C (con i portoni spalancati, ovvio!)… solo che a me sfugge. Anzi ho l’impressione che l’uso spudorato dell’aria condizionata si collochi a metà tra lo status symbol e lo stravizio consumistico: facendo i bagagli per il mare ci preoccupiamo di avere in valigia almeno un foulard (ma meglio se un pullover o direttamente uno smanicato imbottito) per proteggerci dal getto di aria fredda; se poi aumenta il tempo di esposizione crollano anche le speranze di scamparla da un brutto raffreddamento. Proprio quello che è capitato a me. E pazienza se ormai sono tre settimane che non mi riprendo da quel raffreddamento: la cosa interessante, secondo me, è che fatichiamo a mettere serenamente in discussione la qualità dell’uso che si fa del condizionatore. Proprio l’altro ieri in un B&B dove con la mia famiglia ho sostato sono stato piacevolmente sorpreso da un cartello, che ci invitava appunto a usare con moderazione il condizionatore, in quanto «un’escursione termica eccessiva [lì stimavano eccessivi 7° rispetto alla temperatura esterna, N.d.R.] non è sostenibilefa male alla salute».

Due verità indiscutibili e anche belle nella loro connessione: specie alla mia intelligenza di cristiano fa vero piacere scoprire che ciò che fa male alla mia salute fa male anche all’ecosistema. Dice della sensatezza del creato, che nel suo complesso non sta di fronte all’uomo in un rapporto di “mors tua vita mea” (come sembrano intendere alcuni “ecologisti” con degli inconfessati problemi di misantropia). Dice anche, di conseguenza, della responsabilità dei cristiani nel portare una buona notizia a questo vecchio bislacco mondo: è vero che l’uomo deve trarre il proprio sostentamento dalla terra «col sudore della fronte» (Gen 3, 19), ma è pur vero che il peccato e le sue conseguenze non hanno cancellato la benedizione originaria, il dono e la chiamata di Dio che volevano l’uomo “custode del giardino” (Gen 2, 15). Che meraviglioso senso mistico, dietro al qui pro quo della mattina di Pasqua, quando la Maddalena scambia Gesù per il giardiniere (Gv 20, 15). Certo: l’uomo nuovo, il Risorto, è davvero e in pienezza il custode del giardino.



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Donde il fatto che la missione evangelizzatrice sia diretta anche al mondo nella sua componente ambientale, anche all’ecosistema in quanto tale: un messaggio di redenzione e di sensatezza vi si indirizza nella rinnovata e rifondata responsabilità di chi «è risorto con Cristo» e quindi «pensa alle cose di lassù» (cf. Col 3, 1), cioè guarda il mondo con gli occhi di Dio.

Per questo trovo strano ai limiti dell’incomprensibile il senso di estraneità, che talvolta diventa quasi senso di avversione, di tanti cristiani nei confronti delle tematiche ambientali. Curiosamente in Italia si tratta di un’attitudine generalizzata, talvolta sostenuta col pretesto che non sarebbe da cristiani sostenere le cause degli ambientalisti. Il che è ridicolo per due ragioni:

  • anzitutto le buone cause sono buone e basta, a prescindere da chi le sostenga (e se un “avversario” politico o culturale sostenesse qualcosa di buono al limite comprenderei il proposito di “intestarsi la battaglia”, non di disertarla);
  • in secondo luogo, spesso nel nostro contesto gli ambientalisti non hanno una concezione olistica del loro impegno. Questo esige che come cristiani:
    • cerchiamo di correggere il loro errore (nei casi in cui abbiamo a che fare con un ambientalismo misantropico – grazie a Dio non sono casi comunissimi);
    • annunciamo agli “uomini di buona volontà” che condividono l’istanza ecologica le ragioni teologiche che la sostengono e la collegano alla nostra esistenza (che non si può ridurre a una “religione civile dell’ambientalismo” – per citare Paola Belletti, «oltre alla differenziata c’è di più»).

Una simile attitudine si trova pure in contesti WASP, specie in Nord America. È stato un piacere invece notare che essa non sia generalizzata in Francia, laddove da una penna di punta del servizio politico del Figaro (celeberrimo giornale conservatore nazionale) ho ricevuto segnalazione di un thread Twitter sul riscaldamento climatico. Eugénie Bastié è, oltre che una conservatrice di ferro, anche una cattolica qualificata di “integralismo” dai suoi avversari politici… e un’ambientalista.

L’account Twitter che ha prodotto il thread da lei rilanciato è @AgeMoyen, un profilo di appassionati di storia medievale. Hanno preso e smontato, con dovizia di dettagli, la tesi per cui il riscaldamento climatico sarebbe una bufala: tesi che in Italia sostengono sparutissime testate reazionarie (le quali regolarmente non vantano un climatologo in Redazione, ma che – ahimè – sovente si fregiano della qualifica di “cattoliche”). Così mi sono permesso di offrire ai lettori di Breviarium la traduzione integrale del thread. Magari anche in Italia ci accorgeremo di cosa non significa, fra l’altro, essere cattolici.

Allego in calce anche una bella pagina della Laudato si’ di Papa Francesco. Una lettura tanto bella quanto insipientemente snobbata.


Qui, scorrendo il trend topic #RiscaldamentoClimatico ci siamo imbattuti in diversi tweet provenienti da scettici che utilizzano la storia per puntellare i loro argomenti (due esempi nelle immagini). Vi proponiamo un breve thread per vederci più chiaro… #medievaltwitter 

 

E sorvoliamo sugli anacronismi (Romani nell’anno mille!): cercheremo di concentrarci unicamente sulla sostanza. Il loro argomento: il #RiscaldamentoClimatico non è grave perché ce ne sono stati altri, tra cui uno nel Medio Evo, e siamo sopravvissuti. Quindi sopravvivremo al prossimo. Ciò che si vorrebbe dimostrare.

 

Il riscaldamento globale è ben attestato, nelle fonti scritte ma soprattutto dall’#archeologia: dendrocronologia, analisi dei pollini e delle calotte glaciali… lo chiamano “Piccolo Optimum Medievale” (POM per gli amici), in inglese Medieval Warm Period #climatechange

Dura grossomodo tre secoli, dal 950 al 1250. Ha degli effetti molto concreti: si arrivò a coltivare la vite in Gran Bretagna! E le temperature favorevoli sostennero l’espansione demografica dell’Occidente: da 22 milioni a 60 milioni in 300 anni (anche qui a spanne)

I mari del nord si aprono ai Normanni, e questo permette in pratica la colonizzazione della Groenlandia. Per contro è falso dire, come si leggeva in uno dei tweet citati sopra, che il nome dato a quest’isola (Groenlandia = terra verde) prova che all’epoca facesse più caldo di adesso.

In realtà si tratta di un nome di propaganda: come dice la serie di Erik il Rosso, «Erik chiamò questa terra “il Paese verde” perché la gente avrebbe avuto voglia di venire in un Paese con un così bel nome». Insomma, “Groenlandia, terra verde” è una pubblicità e non un bollettino meteo.

Se vogliamo essere più buoni con Erik, possiamo anche pensare che in confronto all’arida Islanda le coste della Groenlandia siano potute apparire molto verdeggianti ai Normanni che vi si accostavano. In effetti esse lo sono ancora oggi, in confronto a un’immagine della calotta artica coperta di ghiaccio…

Altro argomento dei climatoscettici: nell’anno mille faceva “altrettanto caldo”, o anche “più caldo”, di oggi. Anche questo è falso. I dati ricostruiti da molte centinaia di scienziati di tutto il mondo non lasciano spazio a equivoci: fa più caldo oggi, e fa sempre più caldo.

Falso, poi, è dire che sopravvivremo al #RiscaldamentoGlobale poiché i “nostri antenati” sono sopravvissuti al loro. Di fatto il POM è stato un fenomeno locale: ne abbiamo tracce in Europa, in Giappone, nel Connecticut, nelle Ande, ma non ha riguardato se non regioni isolate le une dalle altre.

 

Al contrario, in Asia e nell’emisfero australe ha fatto più freddo tra il 1000 e il 1200 che dopo… Il nostro #RiscaldamentoClimatico, invece, è mondiale. Osservate le notizie di attualità: #siccità, #incendi, #canicola dall’Africa alla Svezia, dall’Australia all’Alaska…

I climatoscettici che impugnano la storia medievale dovrebbero informarsi meglio. Perché cos’è che si evince dalla storia del #clima, non appena ci si pone a studiarla? Certo non che «abbiamo sempre saputo adattarci ai cambiamenti climatici»…

Così le colonie scandinave in Groenlandia: esse scompaiono brutalmente verso l’anno 1450, dopo un secolo di declino, precisamente per effetto del repentino raffreddamento delle temperature, che comincia verso il 1300/1350 (è la Piccola Era Glaciale, PEG per gli amici).

I Normanni installati in Groenlandia soffrirono poi della concorrenza degli Inuit. Come avviene oggi, le variazioni climatiche hanno esacerbato conflitti, migrazioni di grande ampiezza, concorrenza per risorse naturali rare…

Infine, i nostri Normanni del Polo Nord patirono onde consecutive di peste (la peste nera, sì sì, quella che uccise un buon terzo degli Europei verso il 1349, e che giunse in Groenlandia verso il 1360(1370). Ora, codesta simpatica malattia è legata essa pure al #clima.

In effetti il raffreddamento avviatosi dagli anni intorno al 1300 sospinse una specie di criceti a discendere dagli altipiani tibetani verso le pianure dell’Asia centrale. Trovandovi più nutrimento, essi si moltiplicarono e rifilarono ai Mongoli una malattia: la peste… #graziecriceti

(Sorvoliamo rapidissimamente sul punto
e già sentiamo la valanga di commenti climatoscettici, ma vi assicuriamo che i dati sono solidissimi. Guardate in particolare questo libro, di cui avevamo già dato un resoconto su @nonfiction_f: https://www.nonfiction.fr/article-8701-le-climat-et-la-peste.html

In breve, i Normandi scomparvero dalla Groenlandia A CAUSA di un #cambiamentoclimatico di larga scala che trascinò con sé un fracco di conseguenze ecologiche, sociali e politiche: rifugiati climatici, conflitti, estinzioni di specie e quindi difficoltà a nutrirsi, malattie…

La storia climatica in generale, e l’episodio del Piccolo Optimum Medievale in particolare, non permettono quindi di relativizzare la gravità del #RiscaldamentoClimatico contemporaneo. Al contrario, mostrano fino a che punto le società umane sono fragili di fronte al #clima.

Chiaramente, quindi, le ricerche storiche possono e devono servire a decostruire i discorsi climatoscettici. Più che mai, gli storici e la storiche hanno il loro ruolo da giocare per mostrare che il #RiscaldamentoClimatico è reale (#ClimateChangesReal).

Grazie di aver seguito questo piccolo #Thread sul #RiscaldamentoClimatico, non esitate a ritwittare o a commentare. E con questo vi lasciamo in compagnia dei romani nell’anno mille – cosa sfacciatamente più bizzarra.


La “conversione ecologica”
(dall’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco)

216. La grande ricchezza della spiritualità cristiana, generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità. Desidero proporre ai cristiani alcune linee di spiritualità ecologica che nascono dalle convinzioni della nostra fede, perché ciò che il Vangelo ci insegna ha conseguenze sul nostro modo di pensare, di sentire e di vivere. Non si tratta tanto di parlare di idee, quanto soprattutto delle motivazioni che derivano dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura del mondo. Infatti non sarà possibile impegnarsi in cose grandi soltanto con delle dottrine, senza una mistica che ci animi, senza «qualche movente interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale e comunitaria».[151] Dobbiamo riconoscere che non sempre noi cristiani abbiamo raccolto e fatto fruttare le ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda.

217. Se «i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi»,[152] la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Tuttavia dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera, con il pretesto del realismo e della pragmaticità, spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente. Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprie abitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.

218. Ricordiamo il modello di san Francesco d’Assisi, per proporre una sana relazione col creato come una dimensione della conversione integrale della persona. Questo esige anche di riconoscere i propri errori, peccati, vizi o negligenze, e pentirsi di cuore, cambiare dal di dentro. I Vescovi dell’Australia hanno saputo esprimere la conversione in termini di riconciliazione con il creato: «Per realizzare questa riconciliazione dobbiamo esaminare le nostre vite e riconoscere in che modo offendiamo la creazione di Dio con le nostre azioni e con la nostra incapacità di agire. Dobbiamo fare l’esperienza di una conversione, di una trasformazione del cuore».[153]

219. Tuttavia, non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come quella che affronta il mondo attuale. I singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale e finiscono per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale. Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie, non con la mera somma di beni individuali: «Le esigenze di quest’opera saranno così immense che le possibilità delle iniziative individuali e la cooperazione dei singoli, individualisticamente formati, non saranno in grado di rispondervi. Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni».[154] La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria.

220. Tale conversione comporta vari atteggiamenti che si coniugano per attivare una cura generosa e piena di tenerezza. In primo luogo implica gratitudine e gratuità, vale a dire un riconoscimento del mondo come dono ricevuto dall’amore del Padre, che provoca come conseguenza disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi anche se nessuno li vede o li riconosce: «Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra […] e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,3-4). Implica pure l’amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale. Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri. Inoltre, facendo crescere le capacità peculiari che Dio ha dato a ciascun credente, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la sua creatività e il suo entusiasmo, al fine di risolvere i drammi del mondo, offrendosi a Dio «come sacrificio vivente, santo e gradito» (Rm 12,1). Non interpreta la propria superiorità come motivo di gloria personale o di dominio irresponsabile, ma come una diversa capacità che a sua volta gli impone una grave responsabilità che deriva dalla sua fede.

221. Diverse convinzioni della nostra fede, sviluppate all’inizio di questa Enciclica, aiutano ad arricchire il senso di tale conversione, come la consapevolezza che ogni creatura riflette qualcosa di Dio e ha un messaggio da trasmetterci, o la certezza che Cristo ha assunto in sé questo mondo materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce. Come pure il riconoscere che Dio ha creato il mondo inscrivendo in esso un ordine e un dinamismo che l’essere umano non ha il diritto di ignorare. Quando leggiamo nel Vangelo che Gesù parla degli uccelli e dice che «nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio» (Lc 12,6), saremo capaci di maltrattarli e far loro del male? Invito tutti i cristiani a esplicitare questa dimensione della propria conversione, permettendo che la forza e la luce della grazia ricevuta si estendano anche alla relazione con le altre creature e con il mondo che li circonda, e susciti quella sublime fratellanza con tutto il creato che san Francesco d’Assisi visse in maniera così luminosa.