L’ho letto quasi subito, a dire il vero, non appena mi è capitato sotto mano in redazione ma ancora non ero riuscita a dedicargli il tempo che meritava per una seppure breve recensione. Il titolo è un incanto di delicatezza, amore pudico e consegna dignitosa nel dolore. E speranza, anche. Sì, perché la storia anzi il fattoche diventa quasi pretesto per mostrare tutta la fioritura di una vita giovane e già finita nella sua forma terrena e mortale
è noto, sin troppo. Susanna, all’apice di una splendida giovinezza, di ritorno da una vacanza con i suoi, parte con la sorella Margherita, di poco più giovane, per la GMG di Cracovia (26-31 luglio 2016), dove vedrà il suo amatissimo papa Francesco. Durante il viaggio di ritorno accusa dei malesseri; a Vienna viene ricoverata e in pochissime ore muore di meningite. (dalla Presentazione del Card. Bassetti a l’Alleluja di Susanna, SanPaolo Edizioni, 2018, p.5)
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Una ragazza appena maggiorenne che ha girato il mondo fin da piccola con una passione ed uno sguardo, educati da mamma e papà, difficili da ritrovare anche in tanti adulti. Ha visto e ha saputo guardare, Susanna. Dai finestrini dell’auto, dal fianco di una collina, dalla cima di un grattacielo americano. Chi racconta di lei, anzi chi ci permette di vederla mentre con lei si intrattiene in una conversazione che non si è interrotta è il suo papà Enrico, giornalista per Radio Radicale. In questo dialogo intenso e come custodito dai toni così misurati possiamo entrare anche noi, seguendo dolcemente la storia di una famiglia normale “a suo modo coerente e aperta alla vita” dirà ancora il Cardinale capace di farsi un’idea forte sui temi più decisivi che i nostri tempi gettano sul nostro comune piatto. Susanna non si sottraeva mai alle domande, alle grandi istanze, alla giustizia, pagando anche di persona.
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Lei e la sorella Margherita sembravano gemelle, affiatate e vicine. E tutte e due vivevano una sorta di ecumenismo naturale. Germinato in casa e aperto come un albero dalla chioma a ombrello capace di idealmente dare riparo a tutto il mondo e a tutta la storia, piena di popoli, usanze, accenti. Una ricerca sincera, che parte da uno stile di vita cristiano lontano dalla mia personale esperienza ma che non è difficile comprendere nel suo slancio, nel desiderio intelligente e tenace di scoprire Dio in ogni cosa, seguendo indizi e prove che Lui dissemina in ogni angolo. Di questo Susanna sembrava certissima.
La pratica ecumenica di Susy-e-Meggy veniva da lontano, a parte un contatto con una piccola chiesa evangelica a Roma Est tramite Charlotte, amica di Margherita. A Taizé la sua famiglia c’era capitata una quindicina di giorni prima che frère Roger venisse assassinato. Qualche anno dopo avrebbero accolto in casa due pellegrine in occasione di un incontro della Comunità a Roma. Dei Valdesi Susanna e Margherita erano state ospiti nella loro foresteria di Torre Pellice, e da cattoliche romane non si erano trovate malaccio, anzi. Neppure dagli anglicani, seppure versione americana, quindi episcopaliani. Una conversazione a colazione in un bed & breakfast in Nova Scotia con una coppia di battisti anche aveva lasciato probabilmente un segno: i due avevano avuto parole di simpatia e ammirazione per papa Francesco e si erano divertiti sentendo il papà di Susy-e-Meggy dire che nell’Italia cattolicissima lui si sentiva un po’ protestante, ma appena sbarcato in America il protestante che è in lui si convertiva di corsa al cattolicesimo romano. (Ib. p.45)
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Aveva frequentato e studiato, ma sul serio, al Liceo Classico. Il dizionario di greco era un compagno familiare e gradevole e non un piatto indigesto che si è obbligati ad ingollare per qualche anno di carriera scolastica. Stava per iscriversi a Fisica e aveva nei confronti dell’universo e le sue leggi uno sguardo profondamente razionale e quindi religioso. Non razionalista.