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La logica di Dio non è dare o avere, ma essere o non essere amato

CUORE, SOLDI, SCAMBIO

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 13/08/18

La giustizia degli uomini può trattarci da contribuenti senza volto, il criterio di Gesù è chiamarci per nome e guardarci in faccia

In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini
e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.
Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?».
Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?».
Rispose: «Dagli estranei». E Gesù: «Quindi i figli sono esenti.
Ma perché non si scandalizzino, và al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te». (Mt 17,22-27)

“Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?»”. Non si sa per quale misterioso motivo ma tutto va a finire sempre sulle tasse, persino nel vangelo. È il caso del racconto di oggi dove gli esattori non sono assolutamente interessati a Gesù, al suo messaggio, ma al fatto che deve pagare il proprio contributo al tempio. In sé non è una cosa sbagliata, ma comincia a diventare sbagliata quando gli altri per noi non sono più persone con storie, volti, umanità, ma sono solo contribuenti.

Quando tu applichi un criterio di giustizia senza più volti, allora anche la giustizia di pagare una tassa può diventare una tragedia. È la storia di tante persone che strette dalla morsa di una giustizia che non guarda in faccia le persone le spinge delle volte a togliersi la vita. Gesù non vuole avere privilegi o trattamenti personalizzati, ma vuole ricordare che siamo innanzitutto uomini liberi e non estranei senza volto ridotti a numero. Soprattutto poi perché la tassa in questione riguarda Dio. Gesù fa notare che “un figlio” non può essere sottoposto a una tariffa da parte del padre. Proprio perché figlio è libero dalle logiche di mercato. Il loro non è un amore commerciale ma gratuito. La loro logica non è dare o avere, ma è essere o non essere amato. Ora la domanda è: siamo figli o no? «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Va bene pagare una tassa, ma va ancora meglio quando non ci dimentichiamo che siamo uomini non semplici contribuenti. Va meglio ancora quando ci ricordiamo, inoltre, che non siamo neppure semplicemente uomini, ma siamo figli e proprio perché figli ciò che conta esula le cose, il denaro, i beni. Gesù non vuole evadere il fisco, vuole chiamare le cose con il proprio nome.

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