di Andreas Hofer
Il diavolo ha un intero sistema teologico e filosofico per cui spiegherà, a chiunque voglia ascoltare, che tutte le cose create sono male, che gli uomini sono male, che Dio ha creato il male, che Egli vuole direttamente che gli uomini soffrano il male e gioisce delle sofferenze degli uomini, e che, in definitiva, tutto l’universo è pieno di miseria perché Dio così ha voluto e disposto.
Anzi, secondo questo sistema teologico, Dio Padre provò un autentico piacere a consegnare Suo Figlio ai carnefici e il Figlio di Dio venne sulla terra perché voleva essere punito dal Padre. E tutt’e due non cercano altro che di punire e di perseguitare i loro fedeli. Difatti, nel creare il mondo Dio sapeva benissimo che l’uomo avrebbe inevitabilmente peccato, ed era come se il mondo fosse stato creato per permettere all’uomo di peccare, onde Dio avesse occasione di manifestare la Sua giustizia.
Così, secondo il diavolo, la prima cosa ad essere creata fu proprio l’inferno — come se ogni altra cosa fosse in un certo modo creata per l’inferno. Quindi la vita «devota» di coloro che sono «fedeli» a questo genere di teologia consiste soprattutto nell’ossessione del male. E, come se non vi fossero già abbastanza guai nel mondo, costoro moltiplicano le proibizioni, inventano nuovi precetti, legano ogni cosa con spine, di modo che uno non può sfuggire al male ed al castigo; perché lo vorrebbero vedere sanguinare da mattina a sera, anche se, nonostante tutto questo sangue, non v’è remissione del peccato! La Croce quindi non è più simbolo di misericordia (perché la misericordia non trova posto in una simile teologia); ma è segno che la Legge e la Giustizia hanno trionfato in pieno, come se Cristo avesse detto: «Io sono venuto non per di-struggere la Legge, ma per essere da essa distrutto». Perché questo, secondo il diavolo, è l’unico modo in cui la Legge può essere veramente e pienamente «compiuta».
Non l’amore, ma il castigo è il compimento della Legge. La Legge deve divorare ogni cosa, anche Dio. Questa è la teologia del castigo, dell’odio, della vendetta. Colui che vuol vivere secondo un simile dogma, deve rallegrarsi del castigo. Egli può, difatti, evitare il castigo per sé, sgattaiolando fra la Legge e il Legislatore. Ma deve stare bene attento a che gli altri non sfuggano alla sofferenza, deve riempirsi la testa del loro castigo presente e futuro. La Legge deve trionfare. Non deve esservi misericordia.
Questo è il principale contrassegno della teologia dell’inferno, perché nell’inferno vi è tutto all’infuori della misericordia. Ecco perché Dio stesso è assente dall’inferno. La misericordia è manifestazione della Sua presenza.
La teologia del diavolo è per coloro che, o per una ragione o per l’altra, non hanno più bisogno di misericordia, sia perché sono perfetti, o perché sono giunti ad un accordo con la Legge. Di loro (gioia sinistra!) Dio è «soddisfatto». Lo è anche il diavolo. Ed è veramente una bella impresa far contenti tutti!
Coloro che ascoltano queste cose, e le assorbono, e ne gioiscono, ritengono che la vita spirituale sia una specie di ipnosi del male. I concetti di peccato, sofferenza, dannazione, punizione, giustizia di Dio, retribuzione, fine del mondo e così via, fanno loro schioccare le labbra con indicibile piacere. E ciò perché essi traggono un profondo, in-conscio conforto dal pensiero che molti cadranno nell’inferno che essi invece eviteranno. E come possono sapere che lo eviteranno? Non possono dare una ragione precisa, possono dire solo di provare un certo senso di sollievo al pensiero che tutti quei castighi sono preparati per la quasi totalità degli uomini, ma non per loro.
Tale sentimento di soddisfazione è ciò che essi definiscono «fede», e costituisce per loro una specie di assicurazione di «salvezza».
Il diavolo si procura molti discepoli, predicando contro il peccato. Li convince della grande malvagità del peccato, provoca in essi una crisi di «colpevolezza» che li persuade che Dio è «soddisfatto»; e poi fa che essi per il resto della loro vita meditino sulla terribile peccaminosità e l’evidente riprovazione degli altri uomini.
La teologia morale del diavolo parte dal principio: «Il piacere. è peccato». Poi lo rovescia e ne deduce che: «Ogni peccato è piacere».
Quindi egli fa notare che il piacere è praticamente inevitabile, che noi abbiamo una naturale tendenza a fare le cose che ci piacciono, e ne deduce che tutte le nostre tendenze naturali sono cattive e che la nostra natura è cattiva in se stessa. E ci porta alla conclusione che nessuno può sfuggire al peccato, perché il piacere è inevitabile.
Dopo di ciò, per essere sicuro che nessuno tenterà di sfuggire o di evitare il peccato, aggiunge che ciò che è inevitabile non può essere un peccato. Allora l’intero concetto di peccato viene gettato dalla finestra come trascurabile, e la gente decide che non rimane altro che vivere per il piacere, e in questo modo i piaceri che sono naturalmente buoni diventano cattivi a causa di questo sovvertimento, e la vita viene sprecata nell’infelicità e nel peccato.
Avviene qualche volta che coloro i quali predicano con maggior veemenza intorno al male e alla punizione del male, tanto da far pensare di non aver in mente altro che il peccato, sono in realtà inconsci odiatori del prossimo. Pensano che il mondo non li apprezzi, e questo è il loro modo di saldare la partita.
Il diavolo non ha paura di predicare la volontà di Dio, purché la possa predicare a suo modo.
L’argomento suona press’a poco così: «Dio vuole che tu faccia ciò che è giusto. Ma tu hai un’inclinazione interiore che ti fa distinguere, per mezzo di un caldo e piacevole senso di soddisfazione, quel che è giusto. Quindi, se altri cerca di intromettersi e di farti fare qualcosa che non produce questo confortevole senso di soddisfazione interiore, cita la Scrittura, rispondi che devi obbedire a Dio piuttosto che, agli uomini, poi tira diritto, fa’ la tua volontà, fa’ ciò che ti dà questo dolce piacevole ardore».
La teologia del diavolo non è, a dir vero, teologia ma magia. La «fede» per questa teologia non è credere in un Dio che si rivela come misericordia. È una «forza» psicologica soggettiva, che investe la realtà con una certa violenza allo scopo di mutarla secondo il proprio capriccio. La fede per questa teologia è una specie di brama ultra efficace; una supremazia che deriva da una forza di volontà particolare, misteriosamente dinamica, prodotta da «convinzioni profonde». In virtù di questa meravigliosa energia è possibile esercitare un’azione persuasiva nei confronti di Dio stesso e piegare la Sua volontà alla propria. Mediante questa nuova, sbalorditiva e dinamica tensione spirituale di fede (che qualsiasi ciarlatano è capace di suscitare in voi, purché lo paghiate abbastanza) voi potrete servirvi di Dio stesso come mezzo per raggiungere i vostri fini.
Diventiamo degli stregoni evoluti e Dio diventa nostro servo. Nonostante Egli sia di diritto il Dio terribile, Egli rispetta la nostra stregoneria, lasciandosi addomesticare da questa. Egli apprezzerà il nostro dinamismo e ricompenserà con il successo ogni nostra iniziativa. Saremo universalmente ammirati perché abbiamo la «fede». Saremo ricchi, perché abbiamo la «fede» Tutti i nemici del nostro Paese verranno a deporre le armi a nostri piedi, perché abbiamo la «fede». Gli affari prospereranno in tutto il mondo e potremo arricchirci alle spese di tutto di tutti in virtù della vita magica che conduciamo. Abbiamo la «fede».
Ma vi è anche una dialettica subdola in tutto questo.
Sentiamo dire che la fede può tutto. Allora chiudiamo gli occhi e ci sforziamo per pro-durre un po’ di questa «tensione spirituale». Crediamo, crediamo!
Non accade nulla.
Chiudiamo nuovamente gli occhi per produrre un po’ più di questa «tensione». Al diavolo piace che noi la produciamo. Egli ci aiuta a produrne in abbondanza. Stiamo proprio per buttar fuori questa tensione spirituale.
Ma non accade nulla.
E così andiamo avanti, andiamo avanti, finché ci disgustiamo. Ci stanchiamo di produrre questa «tensione». Ci stanchiamo di questa «fede» che non muta nulla della realtà; che non ci toglie le nostre preoccupazioni, non appiana i nostri contrasti, ci lascia vittime dell’incertezza, non rimuove dalle nostre spalle il fardello delle nostre responsabilità. Quella magia non è poi tanto efficace. Non ci convince del tutto che Dio è soddisfatto di noi, e nemmeno che noi siamo soddisfatti di noi stessi (benché, quanto a questo, bisogna dire che la fede di alcuni fa miracoli).
Essendo rimasti disgustati della fede, e quindi di Dio, siamo ora pronti a seguire il Movimento Totalitario di Massa che ci raccoglierà di rimbalzo, per renderci felici con la guerra, la persecuzione delle «razze inferiori» o delle classi che ci sono nemiche o, in generale, di chi è diverso da noi.
Un’altra caratteristica della teologia morale del diavolo è la distinzione esagerata che fa tra questo e quello, tra bene e male, tra giusto e ingiusto. Queste distinzioni diventano divisioni irriducibili. Non presuppongono che forse tutti più o meno abbiamo un poco di colpa, che dovremmo accollarci i torti degli altri per mezzo del perdono, della sopportazione, della comprensione paziente e dell’amore, aiutandoci così, a vicenda, a trovare la verità. Al contrario, nella teologia del diavolo la cosa importante è di avere sempre assolutamente ragione e di dimostrare che tutti gli altri hanno torto. Questo non porta certo alla pace e all’unione tra gli uomini, perché significa che ognuno vuole aver ragione ad ogni costo o star dalla parte di chi ha ragione. E, per dimostrare di aver ragione, i «fedeli» devono punire ed eliminare tutti quelli che sono nel torto.
Quelli che sono nel torto, a loro volta sono convinti di aver ragione… e così via…
Infine, come era da prevedersi, la teologia del diavolo riserva un posto di eccezionale importanza al… diavolo. Difatti, ben presto ci si accorge che egli è al centro di tutto il sistema. Che è lui che si cela dietro tutto. Che muove tutti nel mondo, tutti all’infuori di noi stessi. Che però egli cerca di estendere il suo potere anche su di noi, e che probabilmente vi riuscirà perché, almeno così ora ci sembra, il suo potere è uguale a quello di Dio, ed è forse anche più grande…
In una parola, la teologia del diavolo è tutta qui: che il diavolo è dio.
(Thomas Merton, Nuovi semi di contemplazione, trad. it, Garzanti, Milano 1965, pp. 76-81)