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Dio fa di tutto per pescarci dal mare del non senso

PESCE; MANO; PESCATORE

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don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/08/18

Essere nella rete della fede però non ci salva in automatico, la nostra libertà deve mettersi in moto e scegliere il bene

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci.
Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.
Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni
e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì».
Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
Terminate queste parabole, Gesù partì di là. (Mt 13,47-53)

Suggestiva l’immagine che Gesù usa nel Vangelo di oggi per descriverci a cosa assomiglia il regno dei cieli: “è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”. Infatti non è compito della rete separare ciò che è mangiabile, da ciò che invece non lo è. La rete non ha la capacità di fare differenza tra un pesce buono e uno cattivo. Questo possono farlo solo i pescatori a riva. Per la durata della pesca ciò che conta è prendere. Tutta la storia è il tentativo di Dio di prenderci in qualche modo. Di pescarci dal mare del non senso. Di tirarci fino alla riva della fine della storia.

Ma la salvezza non è un fatto automatico. La salvezza è essere riconosciuti buoni, e non semplicemente presi. Infatti tutti noi “siamo presi” da questa rete tutte le volte che ci accostiamo ai sacramenti, che ascoltiamo la Parola, che preghiamo, che facciamo un qualsiasi gesto che abbia a che fare con la fede. Ma essere presi nella rete non ci salva in automatico. Conta la scelta del bene o del male. Sono le nostre scelte nella vita che ci qualificano come “buoni” o come “cattivi”. Serve poco ad essere presi se poi veniamo riconosciuti come cattivi. Il regno dei cieli è un misto tra la Grazia e la nostra libertà. Non solo la Grazia, e non solo la nostra libertà, ma entrambe le cose contano.

Per troppo tempo, forse, ci siamo convinti che tutto poggiava sulle nostre scelte e le nostre forze, ma così non è; senza la Grazia, senza l’essere presi non serve a molto il nostro sforzo. Ma è vero anche il contrario, non possiamo delegare alla Grazia ciò che poi dovremmo e potremmo fare noi con la nostra libertà. Solo scegliere concretamente il bene alla fine ci rende anche buoni. La nostra deve essere la stessa capacità dello “scriba divenuto discepolo del regno dei cieli che è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. Un discepolo sa muoversi su questi due binari con la consapevolezza che rimanendo solo su uno rischia di deragliare.

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