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USA: “grande declino” delle scuole cattoliche

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Jeff Moore | CC BY-NC-ND 2.0

Paul De Maeyer - pubblicato il 31/07/18

L’impoverimento della classe media, tra le cause principali

Negli Stati Uniti la scuola cattolica è stata per decenni sinonimo di eccellenza accademica, e questo indipendentemente dalla situazione socio-economica e religiosa delle famiglie. Lo suggerisce Annabelle Timsit sul sito Quartz, che cita il  cardinale e arcivescovo di Washington D.C., James A. Hickey, scomparso nel 2004.

“Noi non educhiamo bambini perché sono cattolici, ma perché noi siamo cattolici”, così disse una volta il porporato, le cui parole sono state ricordate dall’ex First Lady e moglie dell’ex presidente George W. Bush, Laura Bush, in un discorso tenuto nel gennaio del 2008 presso la Holy Redeemer Catholic School a Washington D.C.

Ma come osserva la Timsit, oggi “le scuole cattoliche private stanno scomparendo in tutti gli Stati Uniti”. Lo dimostra una ricerca pubblicata sulla rivista di opinione e di ricerca trimestrale Education Next, che parla niente meno che del “grande declino” delle scuole private cattoliche negli USA.

Situazione generale

Infatti, il panorama che emerge dallo studio condotto dai ricercatori Richard J. Murnane, Sean F. Reardon, Preeya P. Mbekeani e Anne Lamb, non è molto roseo. Nel 1958 il numero di bambini statunitensi in età scolastica che frequentavano una scuola elementare privata raggiungeva quota 15%. A metà degli anni ‘70, questo numero era sceso al 10%, per arrivare nel 2015 al 9%.

Nel 1965, l’89% dei bambini americani iscritti in una scuola elementare privata (dunque quasi 9 su 10) frequentavano un istituto cattolico. Cinque anni fa, cioè nel 2013, questa quota era calata al 42%, meno della metà quindi. Nello stesso periodo, la percentuale degli alunni di scuole elementari private che frequentavano un istituto religioso non cattolico è salita dall’8% al 40%. Sempre nello stesso arco di tempo, la quota di studenti di scuole elementari private iscritti in istituti detti “non settari” (cioè non confessionali o non religiosi) è aumentato dal 4% al 18%, così rivela lo studio.

Una delle spiegazioni è di natura socio-economica, cioè la disparità di ricchezza o la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, in aumento anche negli Stati Uniti. Nel 1968, così rivela la ricerca, il 18% dei bambini in età di scuola primaria di famiglie ad alto reddito frequentava un istituto privato, rispetto al 12% dei loro coetanei di nuclei familiari con un reddito medio e il 5% dei figli di famiglie a basso reddito. Nel 2013 la percentuale dei bambini provenienti da famiglie con un reddito medio era calata al 7%, mentre quella dei loro coetanei di famiglie benestanti era rimasta pressoché uguale, cioè il 16%.

Per quanto riguarda la scuola cattolica, gli autori dello studio hanno esaminato anche l’andamento delle iscrizioni negli istituti elementari nel periodo che va dal 1987 al 2011. Nell’arco di questi 24 anni, rivela la ricerca, le iscrizioni da parte di studenti provenienti da famiglie nel segmento inferiore della distribuzione dei redditi hanno conosciuto una lenta ma continua erosione. Tra gli alunni di famiglie a reddito medio il tasso di iscrizione nelle scuole cattoliche è sceso dal 7% nel 1987 al 3% nel 2011, mentre quello degli studenti di famiglie ad alto reddito è calato nello stesso periodo solo dell’1%, cioè dall’11% al 10%.

Aumento delle rette scolastiche

La fuga degli alunni provenienti dalla cosiddetta middle class o classe media è anche dovuta al fatto che nel corso degli ultimi anni le rette o tuition fees richieste dalle scuole cattoliche hanno conosciuto un forte aumento. Cioè le scuole cattoliche sono diventate più care e per alcune famiglie anche semplicemente troppo care.

Nel 2010 la retta scolastica media raggiungeva la cifra di 5.858 dollari (in dollari del 2015, così specifica la ricerca), una cifra che è più di sei volte più alta rispetto alla retta media di 873 dollari pagata nell’anno 1970 nelle scuole primarie cattoliche.

Anche se si tratta di un aumento “robusto”, la cifra è comunque ancora modesta rispetto alla retta media (aggiustata per l’inflazione) pagata nelle scuole elementari private non confessionali o non religiose, balzata da 4.120 dollari nel 1979 a 22.611 dollari nell’arco del 2011.

Del resto, anche le rette delle scuole elementari religiose non cattoliche hanno subito un aumento, in media (sempre aggiustata per l’inflazione) da 3.896 dollari nel 1993 a 9.134 dollari nel 2011.

Calo delle vocazioni

La domanda è quindi: perché gli istituti cattolici sono diventati più cari? Le cause sono varie. Un primo elemento di risposta è costituito dal calo delle vocazioni negli USA, sia quelle religiose che sacerdotali. Infatti, senza l’impegno costante di intere generazioni di suore, religiosi e sacerdoti diocesani le scuole cattoliche statunitensi non avrebbero mai raggiunto l’alto livello che le contraddistingue tuttora.

Il declino del numero delle vocazioni ha colpito in pieno anche alcuni ordini o congregazioni attive proprio nel campo dell’insegnamento. Secondo un rapporto elaborato dal Center for Applied Research in the Apostolate (CARA) — un centro di ricerca fondato nel 1964 presso la prestigiosa Georgetown University a Washington D.C. –, l’ordine dei gesuiti ha perso nel periodo 1970-2015 negli USA il 70% dei suoi effettivi, con un calo da 7.628 a 2.325. Più netto ancora è stato il calo registrato nella congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane (F.S.C.): del 73%, cioè da 2.212 nel 1970 a 589 nel 2015.

E’ sceso anche il numero dei sacerdoti diocesani, così rivelano le statistiche del CARA: da 37.272 nel 1970 a 25.868 nel 2015 e a 25.757 nel 2017. Drammatico è stato il calo del numero di suore o religiose: da 160.931 nel 1970 a 48.546 nel 2015 e a 45.605 l’anno scorso. Nello stesso periodo 1970-2015 il numero delle parrocchie statunitensi senza sacerdote residente è balzato da 571 a 3.533.

L’impatto (economico) degli abusi sessuali

Con il calo della vocazioni le autorità cattoliche si sono trovate davanti ad un vero e proprio dilemma: assumere personale laico, sempre efficiente ma più caro, o invece chiudere. Molte scuole cattoliche hanno scelto la seconda opzione, perché i soldi per mantenerle aperte semplicemente non c’erano. Nel periodo 1970-2010, il numero di scuole cattoliche negli USA è diminuito infatti del 37%, così ricorda la Timsit nel suo articolo.

E questo non solo perché le parrocchie — negli USA molte scuole cattoliche erano o sono infatti parrocchiali — hanno registrato come nel resto del mondo un calo della partecipazione dei cattolici al culto, che ha portato a sua volta ad una diminuzione delle offerte, ma perché i soldi che prima venivano destinati ai progetti scolastici sono stati utilizzati per pagare ben altro: i pesanti risarcimenti alle vittime degli abusi sessuali.

Solo poche settimane fa, il 31 maggio, l’arcidiocesi di St. Paul e Minneapolis (nello Stato del Minnesota) ha raggiunto un accordo con 450 vittime e pagherà 210 milioni di dollari in risarcimenti. Si tratta di “uno dei maggiori esborsi finora negli USA per lo scandalo degli abusi dei sacerdoti della Chiesa cattolica”, scrive USA Today.

E nell’aprile scorso, la diocesi di Buffalo, nello Stato di New York, ha annunciato la messa in vendita della residenza del suo vescovo, monsignor Richard J. Malone, per poter compensare le persone diventate vittime di abusi sessuali. La residenza in stile Tudor vale più di un milione di dollari.

Messo alle strette dalle proporzioni dello scandalo, un totale di 15 diocesi cattoliche statunitensi ha depositato la documentazione per il cosiddetto Chapter 11, così ricorda l’Idaho Statesman, fra cui la stessa arcidiocesi di St. Paul e Minneapolis nel gennaio 2015. Il Capitolo 11 del Bankruptcy Code (cioè codice fallimentare) permette alle aziende o organismi in fallimento di riorganizzarsi senza chiudere l’attività.

I “Voucher”: un bene a metà

In questo panorama piuttosto buio qualche luce c’è. A Milwaukee la Chiesa cattolica è riuscita infatti a tenere aperti i suoi istituti scolastici, e questo grazie al programma dei cosiddetti voucher o buoni scuola, cioè soldi pubblici che i genitori possono usare per pagare la retta di scuole private (religiose o non) di libera scelta, così spiega un articolo pubblicato nel febbraio 2017 sul The Atlantic.

I netti beneficiari del Milwaukee Parental Choice Program (MPCP), lanciato nel 1990, sono le scuole religiose o confessionali, quelle parrocchiali incluse. Quasi il 90% dei bambini che percepiscono il voucher — quindi quasi 9 su 10 — frequenta infatti una scuola religiosa.

Ma una ricerca condotta dagli economisti Daniel M. Hungerman e Kevin J. Rinz, e dall’amministratore ecclesiastico Jay Frymark, rivela il lato anche meno positivo del programma. Infatti, nelle parrocchie di Milwaukee con scuole che accettano i buoni gli introiti provenienti dal programma superano quelli delle offerte dei fedeli.

L’effetto finale è che le scuole rimangono aperte ma non ci sono più soldi per altre iniziative. Nelle chiese di Milwaukee non ci sono nuovi organi, osserva Hungerman. Gli autori non escludono che i fedeli siano diventati meno generosi, quando hanno visto che un sostegno economico veniva già da altre fonti. Quindi i voucher sono un bene, anche se solo a metà.

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